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Non sono cresciuta ascoltando Blues, ma il mio amore per la musica mi ha portato a conoscere grandi artisti che il blues ce l’hanno nel sangue.
Sono andata in America per imparare ad amarlo. E quando entri in un locale della vecchia Chicago, dove il Blues ti viene servito in tutte le salse, lo senti entrare nello stomaco, e i tuoi piedi cominciano a seguirne il ritmo, le dita battono il tempo sul tavolo.
è come quando giri per le vie di Roma e ti senti di camminare nella storia, così il blues ti immerge nella storia della musica e la mente viaggia non solo fra le origini di questo stile, ma anche in tutti quelli che ha saputo ispirare, come la musica beat degli anni 70, I rolling stones e chi più ne ha più ne metta!
A Milano nel piccolo affollato Nidaba Theatre ho il piacere di conoscere ed ascoltare Bob Margolin. Come lui stesso descrive, "cammini fra le vie di Milano, e sai di essere a Milano, apri le porte di questo piccolo club sui Navigli, e d’improvviso sei nel Missisipi"!
L’atmosfera è proprio quella! L’aria che si respira sa di musica e di storia, sa di America, sa di Blues.
Avete presente il film concerto The Last Waltz del ’76, il film d’addio di The Band, diretto da Martin Scorsese, che vede sul palco tutti i più grandi artisti dell’epoca?
L’uomo che è accanto a me a bere una birra prima che cominci il concerto, era al fianco di Muddy Waters in quel film, e con lui suonava I’m a man.
Gli cito una frase di Seneca "La fortuna non esiste: esiste il momento in cui il talento incontra l’occasione", perchè questo è quello che è successo a lui, che amava, seguiva e suonava la musica di Muddy, quando nell’agosto del ’73, Waters aveva appena perso il suo chitarrista Sammy Lawhorn e Bob Margolin suonava nella band di apertura al suo concerto. Muddy ascoltò il suo stile di "Old School" Chicago Blues, e lo prese a suonare con lui.
Chiacchierando ci accorgiamo di amare le stesse cose, la musica, la fotografia e scrivere. Allora mi mostra sull’Iphone le foto della sua vita, di Waters, di Pinetop Perkins e dei suoi grandi occhi, di Eric Clapton, e dei tanti grandi musicisti con i quali ha suonato.
Mi mostra il suo libro Steady Rollin’ che racconta storie di Blues.
Lui dice di cercare di scrivere in questo libro come se parlasse con un amico appassionato di musica, piuttosto che giornalisticamente.
Dice che i suoi scritti potrebbero essere costruiti meglio, ma un editore porterebbe via il suo stile, il tono, e la voce, correggendo la sua sintassi. A volte usa le virgole, trattini, o tre punti per indicare le interruzioni nel fraseggio, come il musicista utilizza le pause.
Sono frasi improvvisate, di una piacevole conversazione su ciò che si ama, come può esserlo un concerto blues, con pause, applausi, riflessioni e risate.
Parliamo di Muddy, cosa inevitabile, e di come lui è stato parte della sua vita e come da lui sia stato influenzato.
Ma mi invita a sentirlo suonare per capire meglio chi è lui, Bob Margolin.
Dapprima lascia spazio agli artisti (italiani) che lo accompagnano, poi prende in mano la sua chitarra inscenando un teatrino. La guarda e le dice "ti odio" e poi "ti amo","ti odio" e poi "ti amo", proprio come nel pezzo cantato da Mina.
Comincia a suonare, e non scherzo se dico che in un attimo sa essere grande, grande grande.
Ed è proprio vero che sentendolo suonare si capisce la sua storia. Il vecchio Blues fa da padrone ed è una linea costante, ma il Rock, il Rock ‘n’ Roll, il Rockabilly, il Funk, e il Country entrano ed escono da questa linea, come hanno fatto nella sua vita.
Ripropone dei classici del Chicago blues e rende omaggio ai suoi maestri con delle sue composizioni.
L’accompagnano Enrico Polverari, alla chitarra (che lui chiama fratello), Luca Pisanu al basso, Mimmo Antonini alla batteria e Fabrizio Poggi all’armonica.
Nel 2007 è entrato in contatto con dei musicisti itaniani e da allora spesso suona in Italia durante festival Blues.
Gli ho chiesto di parlarmi di come è vissuta la musica Blues oggi, come è cambiata e come vede lo scenario italiano ed Europeo riguardo anche ai luoghi dove si suona il Blues.
Lui è stato splendidamente sintetico dicendomi una, forse scontata, ma grande verità, ossia che il Blues non può avere enorme pubblico come la musica commerciale, ma il blues è comunque sempre tanto amato. E in qualsiasi posto del mondo riuscirai a trovare un piccolo locale, magari non famoso, dove però il Blues vive, dove è un piacere suonare, e dove al tuo fianco avrai di sicuro grandi musicisti.
Ed è forse per questo che scrive nella sua autobiografia che è stato in grado di fare una vita senza le pressioni del business musicale, suonando con totale libertà e senza considerazioni di ordine commerciale.
A mio parere, così dovrebbe essere sempre la musica, e sono certa che così é la Grande musica.
Le foto sono di Mariagrazia Giove
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