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Vi sono pugliesi che, pur vivendo all’estero, riescono a mantenere un legame vivo e fecondo con la propria terra di origine, con le proprie radici culturali e sociali e diventano nel contempo cittadini a pieno titolo nei Paesi che li ospitano e che li vedono attivamente e con successo impegnati in diversi settori.
Fra di essi vi è certamente Renato Carati, chef e imprenditore nel settore della ristorazione in Belgio. Lo abbiamo contattato e ci siamo fatti raccontare la sua storia di successo.
Partiamo dall’inizio. Quando hai deciso di diventare chef? Quando hai avuto l’ “illuminazione”?
Credo sia accaduto quando avevo 15 anni. Mia zia era cuoca a Bruxelles presso una nobile famiglia; vivevo come in un mondo fatto di meraviglie, ero incantato dal fascino dell’argenteria, dall’estetica e dall’eleganza del servizio, credo anche più che dalla vera e propria cucina! Il mio amore è nato lì!
Qual è la tua formazione? Dove hai studiato?
Ho studiato in Belgio in una classica Scuola alberghiera; durante gli studi ho effettuato un percorso formativo lavorando presso diversi ristoranti francesi. A 22 anni ho trovato impiego in una società attiva nella gestione di ristoranti e a 27 anni ho finalmente aperto il mio primo ristorante.
Nei tuoi ricordi, qual è il primo piatto che hai preparato? E quello che ti ha reso uno chef a tutti gli effetti?
Non credo che si possa diventare chef con un solo piatto. Essere chef significa qualcosa di più…Ma certo la stessa parola chef è cosi troppo facilmente usata, forse anche per questo motivo…Fai un piatto e sei chef! No, non è così! Per me chef vuole dire impegni di lavoro, di gestione, capacità di cucinare, di gestire una squadra…E tutto questo deve durare nel tempo!
Parliamo, allora, del piatto che preferisci cucinare. E il tuo cosiddetto “cavallo di battaglia”?
I miei “cavalli di battaglia” sono diversi; direi che preferisco dedicarmi alle singole tradizioni regionali più che a singoli piatti. Ad esempio mi diverto tantissimo con la cucina romana, e amo cucinare i “Ravioli di Coda”.
Parlaci del tuo percorso professionale. Quali sono le tappe più significative, le più formative e importanti?
La prima tappa, il punto di partenza, è stato per me l’ultimo anno di scuola alberghiera. A quei tempi in Belgio la cucina Italiana era poco stimata, anche dai nostri stessi professori; così ho deciso di dedicarmi a ciò che definirei “l’Italia della Cucina”, e a provare con difficoltà a dare spazio, in Belgio, ad una cucina Italiana di qualità, diversa ma in grado di rappresentare la nostra tradizione. Da quel momento ho girato tutta l’Italia tra ristoranti e trattorie, grandi chef e cucina casalinga.
Ritengo tre incontri fondamentali per me: Aldo Vastapane, Fu presidente della Compagnia Belga di Vuolo Sabena; Franco Dragone del Cirque du soleil; ed Elio Di Rupo, attuale primo ministro in Belgio.
Per il resto il mio percorso l’ho creato da solo, semplicemente osservando le nostre realtà. Nel 1997 ho deciso di lasciare il mio primo ristorante-pizzeria per aprire il mio locale attuale “ La Table des Matières”. E’ stata la svolta della mia vita, di certo l’approdo di questo percorso. E fondamentale in tutto questo è stato l’appoggio di mia moglie Antonietta, prima, e di mia figlia Fulvia.
Sono curiosa. Perché hai deciso di lasciare l’Italia? Quali differenze riscontri, nel tuo ambiente, valicando i confini nazionali?
In realtà non ho lasciato l’Italia. Sono nato in Belgio, mio padre era di Martano nel Salento e la mia cara madre di Agrigento. Loro si sono incontrati in Belgio…una di quelle tante storie che poi diventa una favola! Vengo talmente spesso in Italia che sovente mi sembra di viverci. A chi mi chiede in Belgio “Ma perchè non torni in Italia…?” rispondo “L’Italia per me è come un sogno che posso ogni tanto toccare con la punta delle dita. Se ci vivessi diventerebbe la realtà, e sarebbe forse solo più complicato…”
Cosa resta delle tue radici nella cucina che proponi ai tuoi clienti?
Stato d’animo, prodotti e ricette…Perchè non basta proporre cucina Italiana, ma anche un modo di pensare, di mangiare, di gioire del cibo. In concreto è l’olio del Salento che produciamo in famiglia e che finisce sul mio tavolo in cucina, i legumi cotti nella pignata, la ricetta della caponata di mia madre, le sarde…
Ci racconti qualche aneddoto degno di nota? I nomi di qualche cliente importante per il quale hai cucinato? E i piatti che hai proposto, o i loro gusti?
Tra tanti quello che resterà impresso nella storia della mia vita è sicuramente la volta in cui Guy Laliberté, che vive in Quebéc ed è il padrone del Cirque du Soleil, è venuto nel mio ristorante con Franco Dragone, sceneggiatore e regista dello stesso circo, lui di origine campana e adesso diventato mio grande amico (inoltre sceneggiatore a Las Vegas dello spettacolo di Celine Dion). Dopo aver mangiato mi hanno chiesto se potevo accompagnarli in giro per 3 o 4 giorni (si partiva l’indomani).
Risposi di si e il giorno seguente partimmo con un aereo privato per 4 giorni; siamo stati a Nizza in casa di Quincy Jones, a Ibiza sulla barca di Gerhard Bergera, pilota della Ferrari, per finire da Ferran Adrià a Barcellona….quasi irreale!
Un altro momento importante e bello della mia vita è stato il pranzo preparato su richiesta di Elio Di Rupo per il re Alberto del Belgio; altri incontri piacevoli sono stati Claude Lelouch e Sergio Castellitto. architetto di fama mondiale.
Quanto è importante la ricerca della materia prima? Quali sono i tuoi criteri di scelta ed i canali che prediligi?
La materie prima di qualità e di stagione rappresentano la sicurezza di fare bene al 75%, ovviamente parlando di chi sa poi operare e interpretare. Da sempre ho un principio fondamentale in cucina: provo sempre a lavorare con materie prime Italiane. La nostra è sicuramente l’unica tra le cucine occidentali ad avere autosufficienza nel suo territorio per poter fare sia cucina di tradizione che innovativa.
I miei canali sono importatori Italiani, insieme a viaggi e conoscenze che nascono con il tempo. L’Italia non ha rivali nell’artigianato del cibo; ci siamo difesi al meglio in un contesto di “globalizzazione culinaria”, anche grazie a movimenti come Slow Food.
Anche le etichette della mia cantina sono esclusivamente Italiane, dai bianchi ai rossi, ai vini da dolci e Spumanti di ogni tipo: Prosecco, Franciacorta, Moscati. Credo che in Italia gli Spumanti meritino maggiore valorizzazione, non abbiamo nulla da invidiare ai francesi.
I nostri prodotti possono accompagnare ogni tipo di cucina di ogni livello!
Dalla materia prima alla presentazione finale. Quanto è importante l’estetica del piatto? E l’ambiente in cui viene accolto il cliente, dal locale ai singoli dettagli della tavola? Come curi questa parte?
Non dobbiamo correre il rischio dell’eccesso alla francese, dove l’estetica eccessiva toglie convivialità e sostanza alla cucina; la nostra è una cucina di cuore, nel piatto bisogna cogliere più il benessere del fascino!
Per me un esempio di questo bell’equilibrio è sicuramente Marchesi, il primo in italia ad aver colto l’importanza dello stile nella presentazione, ma senza cadere nello “stellare”.
Nel mio locale convivono semplicità e convivialità, anche quando ricevo importanti personalità. L’ambiente è di festa; è stato così agli inizi e così intendo continuare, così piace ai clienti. I colori, la musica Jazz e soft, sempre italiana!
Cosa vedi nel futuro della cucina di alto livello? Chi emerge a livello mondiale, secondo te, e chi, invece, conoscerà un declino? Parlo sia a livello di singoli Paesi che di tipologie di cucine. Mi interessa conoscere la tua opinione.
La nostra cucina è nata secoli fa ed evolutasi con il tempo; i fondamenti sono sempre quelli. La cucina italiana non conoscerà tempi difficili perché è un “classico”, un modello da seguire, quasi un Patrimonio dell’Umanità! Come l’Italia sempre esce fuori anche nei momenti più difficili grazie all’amore, alla passione, al continuo impegno di fare il meglio. La tecnica si impara, ti faccio un esempio parallelo: nella ginnastica acrobatica un atleta oggi può fare tre salti, domani ci sarà un altro atleta che ne farà quattro, e così via, ma mai uno che salterà sorridendo!
La nostra cucina è come il cinema di Fellini; tocca il cuore e arriva lì dove altri non arrivano, vede ciò che gli altri non vedono. La nostra storia è piena di persone che hanno cercato e sono andate oltre; penso a Verdi, Vivaldi, Ferrari, Versace, Dolce e Gabbana.
Quando si parla dell’Italia è come entrare in un’altra dimensione, io la penso cosi! E l’altissimo livello che ci caratterizza è presente anche in cucina, semplice ma di altissima qualità.
Le nazioni dominanti nella gastronomia saranno sempre Italia, Francia, Cina, sebbene a volte spunti per un breve periodo qualche “outsider” con personaggi di fama (per esempio la Spagna con Adrià). Ma si tratta di mode passeggere, mentre la nostra Italia resta un classico, sempre!
Hai seguito la polemica recente sulla cosiddetta “cucina molecolare”? Cosa ne pensi? Si è parlato molto di alterazione dei sapori e di eccessivo uso della “chimica” in cucina. Qual è la tua opinione in merito?
Ho avuto la fortuna di trascorrere due giorni da Ferran Adrià a Barcellona, il creatore della cucina molecolare; è stato magico stare insieme a lui, con il suo staff.
Certo, come in ogni cosa, l’estremismo in cucina può essere pericoloso. Per fare buona cucina non bisogna essere chimici, ma la nostra arte è comunque basata sulla trasformazione, sulla cottura degli alimenti per prepare cibi che poi vengono gustati dai nostri clienti ed amici. La cucina è un piacere non un impegno.
Ti lascio, ringraziandoti, con una domanda per tutti noi. Ci consigli un piatto per conquistare la persona del cuore? E un vino da abbinare?
Bene, ti dirò tre cose…il piatto è si importante ma più ancora lo sono il luogo e il momento giusto, per esempio davanti ad un caffè o un cappuccino Italiano, su un terrazzo davanti al mare italiano, degustando un cannolo siciliano…croccante fuori e con un cuore tenero di ricotta…E’ facile che dopo scappi un bacio, perchè la voglia di tenerezza continua!
Ma parlando di un piatto, mi piace ricordare la scena della Walt Disney con Lilli e il Vagabondo; basta uno spaghetto con pomodoro da abbinare ad un ottimo vino rosso. Per una ricetta speciale, penso a qualcosa che non sia né freddo né caldo, qualcosa di morbibo e dal gusto soave: scaloppine tiepide di astice, guarnite da qualche uovo di caviale, un tocco di salsetta fatta come uno zabaione, accompagnate da pan briochè e un bicchiere di Franciacorta.
Grazie per la tua gentile collaborazione!
Grazie a voi, mi sono divertito tantissimo! Vi aspetto in Belgio!