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(Adnkronos) – "In Usa è ormai stabilito il passaggio del virus dell'influenza aviaria H5N1 dai volatili alle mucche, ma il rischio – molto temuto – è che ci possa essere un transito del virus anche nei maiali e, come abbiamo visto per altre malattie, questo faciliterebbe poi la possibilità che arrivi all'uomo. Ad oggi però, è bene chiarirlo per non generare allarmismo, non è mai stata registrata una trasmissione interumana". Così all'Adnkronos Salute Massimo Andreoni, direttore scientifico della Società italiana di malattie infettive e tropicali (Simit), interviene sulla valutazione preliminare del rischio associato al patogeno – "basso ma evolve insieme al virus" – fatta dall'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) insieme all'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura (Fao) e alla Woah (Organizzazione mondiale della sanità animale). Oms-Fao-Woah hanno suggerito di "non consumare latte crudo, ma solo pastorizzato". "Nell'animale infetto il virus oltre a trasmettersi per via naso-faringea si trova anche nel latte fresco – ricorda Andreoni raggiunto telefonicamente a Barcellona dove da domani inizia il congresso europeo Escmid, che raccoglie gli esperti di malattie infettive e microbiologia – E' quindi è chiaro che non va consumato e serve massima attenzione degli operatori che lavorano negli allevamenti e nelle filiere". "Dai dati che arrivano dagli Usa sui casi di H5N1 negli allevamenti bovini sappiamo che nel latte c'è il virus ma non sappiamo se è vivo o morto, ovvero se può infettare gli umani che lo bevono – afferma all'Adnkronos Salute l'epidemiologo Massimo Ciccozzi – E' chiaro che va pastorizzato, ma questo vale al di là dell'influenza aviaria. Chiariamo, le temperature del processo di pastorizzazione, anche se il virus fosse vivo, ucciderebbero l'H5N1. Oggi il problema è cosa sta accadendo negli allevamenti, il patogeno lo conosciamo da 20 anni ma dobbiamo evitare – e mi pare che l'Oms non lo dica – gli allevamenti intensivi perché sappiamo che più il virus infetta e più fa casualmente delle mutazioni che possono danneggiare anche l'uomo". "Ad oggi – prosegue – non è mai stata dimostrata la trasmissione interumana e quindi, per ora, il rischio è basso", come evidenzia anche l'Oms-Fao-Woah. "Però tasso di letalità se dovesse accadere è intorno al 40%. Va evitato assolutamente e vanno evitati quindi gli allevamenti intensivi", conclude. —cronacawebinfo@adnkronos.com (Web Info)