Tempo di lettura: 46 minuti

Sommario: Introduzione. 1. Interrogativi di questo millennio. 2. Il presente. 3. L’ oggi che è già domani. 4. Unione Europea. 5. Personalità dei Robot? 6. Richiamo all’esperienza giuridica romana. 7. Uomo-Cyborg. 8. Transumanismo. 9. Nuove frontiere. 10. 2045: Immortalità! 11. Da dove cominciare? Nuova configurazione delle res communes. 12. Nuovi scenari religiosi, etici, giuridici. Proiezioni.

Introduzione.

Fin dalle sue radici il pensiero umano ha sofferto l’ineluttabilità della morte e ha cercato di superarne il suo limite, imposto alla condizione umana, andando all’affannosa ricerca di una possibile immortalità.

Già circa 4500 anni fa tra il 2600 a.C. e il 2500 a.C. la ricerca dell’immortalità si trova nell’epopea[1] di Gilgamesh[2].

In Asia il Taoismo ha fatto dell’aspirazione all’immortalità l’essenza del suo pensiero e delle pratiche psico-fisiche che lo caratterizzano[3] e molte sono le narrazioni di imprese rivolte alla ricerca dell’immortalità[4].

In ogni caso in realtà ci si trova dinanzi all’impossibilità di assicurare la perennità della vita fisica e si è costretti a riconoscere il fallimento della ricerca di raggiungere l’immortalità[5]. Ne consegue il rifugio in un altro tipo di immortalità: quella delle divinità trascendenti e non fisiche (cosí è, per esempio, per gli XIAN del taoismo ed in generale per tutte le divinità) oppure quella non fisica, affidato al ‘ricordo’ che si sia in grado di lasciare di sé; il quale può procurare la sopravvivenza, non fisica, ma morale, attraverso la fama e la gloria Esse consentono all’uomo di poter continuare a vivere: nel ricordo degli altri[6].

Tutto ciò, indiscutibile finora, oggi, invece, sembra essere sul punto di cambiare radicalmente: per la prima volta, si intravede l’eventualità di una possibile immortalità anche fisica.

 

  1. Interrogativi di questo millennio.

Ciò potrebbe essere conseguenza dei profondi cambiamenti che lasciano intravedere l’eventualità dell’avvento di una nuova era, connotata dal passaggio dall’umano all’ultra-umano (o trans-umano). Infatti, proprio in questo millennio si è affacciato all’orizzonte un interrogativo importantissimo: siamo alle soglie di cambiamenti che miglioreranno le condizioni di vita o alla vigilia di una rivoluzione epocale, la quale, all’opposto, può sfociare nel post-umano? Vale a dire: il mondo sparirà come lo conosciamo, cioè come ‘ vita’ e ‘ vita umana’? O, all’opposto, l’umanità potrà persino conseguire l’immortalità?

La risposta, la quale non mi pare né semplice né univoca e (verosimilmente) va fatta discendere da un calcolo delle probabilità, richiede un approccio progressivo.

Vorrei prendermi la licenza di partire da un autore che si muove tra il campo della speculazione e quello della fantascienza: William Gibson[7]. Secondo l’autore vi sarebbe un futuro, che “è già avvenuto, ma non è ancora arrivato dappertutto”, nel quale anche la fine del mondo è già arrivata, ma a rate[8] ed è il risultato di tutto l’insieme di attività tecnologiche umane a datare dall’ inizio del XIX secolo. La visione, prospettata anche di recente da questo pensatore, è stimolante; non foss’altro perché ci induce a domandarci se si debba davvero dare credito all’ avvertimento che viene da uno scrittore il quale, sebbene parta dal mondo fantascientifico e dal Cyberpunk, in realtà è stato considerato da molti come un descrittore della realtà e di un possibile futuro inquietante. Un futuro nel quale inconsciamente (forse) stiamo avviandoci verso una fine del mondo, originata da tante cause diverse, tante motivazioni divergenti, le quali innescano un processo lento e che è interamente colpa nostra[9].

Ho voluto ricordare il pensiero di Gibson perché mi sembra che le affermazioni dell’Autore, con la tacita provocazione paradossale che contengono, siano lo specchio delle riflessioni sulle implicazioni riguardo a quello che coinvolge e, sempre piú comporterà, l’avvento della robotica e soprattutto delle Intelligenze Artificiali (AI)[10], dalle quali viene configurata una realtà inimmaginabile nei precedenti periodi della Storia e gravida di profondi interrogativi sul futuro dell’uomo.

Non appare, ormai, dubbio che proprio robotica ed AI stiano, progressivamente, rivoluzionando la Terra e la vita sulla Terra; tanto che qualche autore, analizzando i cambiamenti, parla dell’avvento di una ‘ nuova era’[11]; la quale oggi potrebbe apparire come un’utopia, mentre, invece, è una verutopia[12]: la realtà che possiamo tutti costruire insieme e che concerne il presente che è già futuro. Il presente.

 

  1. Il presente.

Il presente, sotto gli occhi di tutti, mostra una pervasività crescente delle AI e della robotica, ma anche della stampa a 3D, che potrebbe rendere desueti molti dei ‘mestieri’ cui siamo abituati.

Uno degli aspetti più salienti a me pare quello della scomparsa o irrilevanza di nozioni come domicilio e residenza.

Se chiamo un qualsiasi Ente spesso mi trovo dinanzi ad una voce metallica che, dall’ altra parte, mi risponde o mi formula domande. Già dall’ altra parte! Ma dove? Non mi è dato saperlo: potrebbe essere vicino a me, nella sede di una impresa oppure in un qualsiasi altro posto del Globo terrestre, da dove interloquisce con me. Se vado ad un ristorante, senza che ne sappia nulla o (quanto meno) che lo richieda, mi capita spesso che da qualche parte mi venga chiesto un giudizio sul servizio: ma da dove? E da chi? Non mi è dato saperlo e certamente non è dal ristorante.

Insomma, siamo dinanzi ad una realtà del tutto diversa da quella cui eravamo abituati e che, con l’avanzare della società liquida, delineata dal Bauman ci priva di punti di riferimento certi e stabili.

Nello scenario di cambiamento che si sta delineando, un posto preminente spetta proprio alla robotica ed alle AI.

Come stiamo affrontando siffatto cambiamento?

A me pare che, come dinanzi ad altri epocali mutazioni, l’uomo procede sforzandosi di far rientrare il nuovo nelle precedenti configurazioni. Esse sembrano, a prima vista pertinenti, mentre, in realtà, non sono adeguate e costituiscono soltanto soluzioni provvisorie rispetto a fenomeni e realtà, con rivoluzionarie configurazioni, che ora come ora non riusciamo ad immaginare. Oggi come in passato: ad esempio, la scoperta degli attrezzi da lavoro non portò subito a creare asce o scalpelli, bensí pietre in forma di mandorle, cosí dopo la scoperta del motore a scoppio le prime automobili non erano altro che carrozze con l’aggiunta del motore[13].

È questa insita tendenza a rapportare il nuovo all’ esistente a contrassegnare anche l’approccio alle AI. Infatti vi la diffusa tendenza a modellare le nuove realtà in forma di robot dalle sembianze umane[14] e ad impostare le configurazioni giuridiche in consonanza con la realtà dell’oggi, cioè con un riferimento costante all’ Uomo.

Si è, di conseguenza, restii ad ammettere che ci possa essere un futuro nel quale nuove entità si affiancano, in modo del tutto autonomo ed indipendente, agli uomini o (ma il punto è per ora soltanto ipotetico), addirittura, siano in grado di sostituire gli uomini.

Ma è giusto seguire siffatte inclinazioni?

Vorrei soffermarmi sull’ interrogativo, perché mi pare fondamentale a capire la realtà che ci circonda e che attende il nostro pianeta e, forse, non solo esso.

Incentrerei la riflessione su 3 aspetti: l’esistente, le trasformazioni all’ orizzonte, la realtà ipotizzabile nel lontano futuro e, forse, verso la fine dell’attuale millennio.

 

  1. L’oggi che è già domani.

Su robot, robotica e AI si stanno spendendo tante, forse troppe, parole con il paradosso che in moltissimi ancora non ne capiscono il significato e l’importanza. Altri, poi, si preoccupano soprattutto di rivendicare la centralità dell’etica e dell’uomo. Quasi tutti ne avvertono la presenza nella vita quotidiana e molti ne temono le conseguenze riguardo ai livelli occupazionali[15] e all’utilità delle persone, sino al punto di legittimare la domanda: “perché mai queste straordinarie creature dovrebbero tenerci in vita?”[16] Tanto piú che forse a noi è data soltanto la possibilità di stabilire le “condizioni iniziali … Dopodiché potremmo avere poco o punto controllo, e dovremo convivere con le conseguenze delle nostre decisioni. mentre questi sistemi diventano sempre piú autonomi, necessitando via via meno supervisione umana, alcuni di loro potrebbero iniziare a designare i loro stessi eredi, qualunque sia lo scopo, ammesso che vi sia uno scopo discernibile. … Gli intelletti sintetici coopereranno con noi finché avranno bisogno di noi. Alla fine, quando sapranno progettare, aggiustare e riprodurre da sé, è verosimile che saremo lasciati a noi stessi”. Nel migliore dei casi, “La Terra potrà divenire uno zoo senza mura né recinzioni, letteralmente un terrario, irradiata da luce solare e solitudine ed un circostanziale buffetto da parte delle nostre balie meccaniche per tenerci in riga… ”[17].

Sono tanti gli aspetti ed i problemi ai quali, in questa sede, sono costretto semplicemente a rinviare.

Già la stessa nozione di AI non è chiara, mentre quella di robot viene tendenzialmente identificata con androidi semoventi. In realtà la definizione di AI ha ancora contorni sfumati e solo in prima assimilazione potrebbe essere indicata in, modo semplicistico, come l’abilità di un sistema tecnologico di risolvere problemi o svolgere compiti e attività tipici della mente e dell’abilità umane[18]. Al giorno d’ oggi ha assunto sfumature e connotazioni tali da richiedere almeno una bipartizione: tra AI deboli e AI forti[19].

Il punto di partenza può essere fatto risalire al 1943, quando i due ricercatori Warren McCulloch e Walter Pitt proposero al mondo scientifico il primo neurone artificiale[20], trovando eco nel 1949 nelle ricerche di Donald Olding Hebb, psicologo canadese, grazie al quale vennero analizzati in dettaglio i collegamenti tra i neuroni artificiali ed i modelli complessi del cervello umano[21]. I primi prototipi funzionanti di reti neurali[22] arrivarono poi verso la fine degli anni ‘ 50 e l’interesse del pubblico si fece maggiore grazie al giovane Alan Turing che già nel 1950 cercava di spiegare come un computer possa comportarsi come un essere umano[23]. Nel 1956, poi, il matematico statunitense John McCarthy introdusse la terminologia, universalmente accettata, Artificial Intelligence (AI)[24]. E nel 1958 fu proposto il primo modello di rete neurale: si trattava del cosiddetto “percettrone”, ideato da Frank Rosenblatt[25]

I successivi sviluppi si ebbero tra la fine degli anni ‘ 70 e il decennio degli anni ‘ 80 con l’evoluzione delle Gpu[26] che hanno ridotto notevolmente i tempi di addestramento delle reti, abbassandoli di 10/20 volte.

Sorvolando sui successivi sviluppi, oggi si può ritenere che Esse, nel complesso, siano capaci di abilità intellettuali, articolabili in quattro differenti livelli funzionali:

comprensione: attraverso la simulazione di capacità cognitive di correlazione dati ed eventi l’AI (Artificial Intelligence) è in grado di riconoscere testi, immagini, tabelle, video, voce ed estrapolarne informazioni;

ragionamento: mediante la logica i sistemi riescono a collegare le molteplici informazioni raccolte (attraverso precisi algoritmi matematici e in modo automatizzato);

apprendimento: in questo caso parliamo di sistemi con funzionalità specifiche per l’analisi degli input di dati e per la loro “corretta” restituzione in output (è il classico esempio dei sistemi di Machine Learning che con tecniche di apprendimento automatico portano le AI ad imparare e a svolgere varie funzioni);

interazione (Human Machine Interaction): in questo caso ci si riferisce alle modalità di funzionamento dell’AI in relazione alla sua interazione con l’uomo. È qui che stanno fortemente avanzando i sistemi di Nlp – Natural Language Processing, tecnologie che consentono all’ uomo di interagire con le macchine (e viceversa) sfruttando il linguaggio naturale.

 

  1. Unione europea.

A tutto ciò come stiamo reagendo? A me pare, con un comprensibile quanto assurdo tentativo di prospettare costantemente l’assimilazione tra androide e uomo. Frutto di questo orientamento è stata la concessione all’ androide Sophia della cittadinanza[27] ed addirittura di un titolo in un programma delle nazioni Unite[28].

A questo tentativo di antropomorfizzazione, peraltro radicalmente criticato per molti versi[29] fa eco l’orientamento dell’UE. La quale il 16 Febbraio del 2017 è approdata[30] ad ipotizzare il riconoscimento della personalità giuridica ai robot[31].

Subito dopo è stata aperta una pubblica consultazione basata su tre obiettivi:

  1. assicurare il rispetto dei diritti fondamentali e dei principi di applicazione etica;
  2. individuare le misure per garantire l’affidabilità dei sistemi di AI sin dalla fase della progettazione e lungo tutto il percorso di utilizzo;
  3. una Assessment List per tramutare le “intenzioni di principio” in qualità pratiche ed operative dei sistemi che operano con algoritmi e altri sistemi di AI.

È stato, contestualmente, affermato che il cardine di tutti i sistemi di AI dovrà essere quello di rimanere human centric e di caratterizzarsi per la “affidabilità” intesa sia come garanzia di rispetto dei diritti fondamentali (come declinati nei trattati Ue e nella Carta europea dei diritti fondamentali) sia come garanzia di “robustezza” tecnologica.

In questa linea il 20 ottobre del 2020, consapevole che la AI ha un ruolo ineludibile nella società odierna e nelle sue trasformazioni al punto che è difficile immaginare un mondo senza AI, ha chiesto alla commissione di predisporre:

  • un regolamento comunitario riguardante gli aspetti etici delle AI, della robotica e delle tecnologie collegate;
  • un regolamento comunitario della disciplina della responsabilità civile per danni e pregiudizi causati da AI, prevedendo una revisione della direttiva concernente i prodotti difettosi e una moratoria sugli strumenti di riconoscimento facciale, compresi quelli già utilizzati per contrastare il crimine.

Lo stesso parlamento ha istituito una commissione speciale parlamentare ad hoc (AIDA) per monitorare ed esaminare l’incidenza delle AI sull’ economia dell’Unione Europea.

Inoltre ha formulato 3 proposte ‘vincolanti’:

  • La prima risoluzione (A9 – 0186/2020) si preoccupa che siano fissati i princípi etici che l’applicazione delle AI dovrà seguire; essi dovranno garantire assicurare sicurezza, trasparenza e presa di responsabilità. Inoltre dovranno tendere ad evitare la creazione di pregiudizi e di discriminazioni, a stimolare la responsabilità sociale e ambientale e ad come assicurare il rispetto dei diritti fondamentali.
  • La seconda risoluzione (A9-0178/2020) concerne il regime della responsabilità civile per danni e pregiudizi arrecati da sistemi di AI.
  • La terza risoluzione (A9- 0176/2020) si preoccupa della ridefinizione dei diritti di proprietà intellettuale.

 

I princípi etici, che dovranno essere sempre salvaguardati, attraverso la emanazione di un apposito Regolamento, dovranno basarsi sui punti seguenti[32]:

  • un’intelligenza artificiale una robotica e tecnologie correlate antropocentriche, realizzate e controllate dall’ uomo;
  • una valutazione obbligatoria della conformità dell’intelligenza artificiale, della robotica e delle tecnologie correlate ad alto rischio;
  • sicurezza, trasparenza e responsabilità;
  • garanzie e mezzi di ricorso contro le distorsioni e le discriminazioni;
  • il diritto di ricorso;
  • la responsabilità sociale e la parità di genere nell’ ambito dell’intelligenza artificiale, della robotica e delle tecnologie correlate;
  • un’intelligenza artificiale, una robotica e tecnologie correlate sostenibili sul piano ambientale;
  • il rispetto della vita privata e restrizioni all’ utilizzo del riconoscimento biometrico;
  • una buona governance in materia di intelligenza artificiale, robotica e tecnologie correlate, inclusi i dati utilizzati o prodotti da tali tecnologie.

 

È evidente che l’UE sta tentando di applicare criteri e normative nate per le persone anche alle AI.

Questo da un lato è comprensibile, dall’ altro suscita molta perplessità.

 

  1. Personalità dei Robot?

Quando di parla di riconoscimento della personalità giuridica (digitale) si fa capo ad una nozione nata per ed intorno all’ uomo, ma che, a sommesso parere dello scrivente, mal si addice alle AI. Per esse non si saprebbe a chi imputare le diverse situazioni giuridicamente rilevanti attraverso i concetti di ‘ persona’, ‘ soggetto di diritto’. Inoltre la distinzione tra persone e cose, sulla quale da secoli è assato il diritto e proveniente dal diritto romano, appare inidonea a cogliere il nuovo determinato dalle AI.

Potremo dire che sono persone? Possiamo dire che sono soltanto cose? Né l’una né l’altra soluzione appare pertinente, poiché è evidente che non sono né uomini né aggregazioni riconducibili all’ uomo (come per le persone giuridiche), ma, nello stesso tempo non si può dire che le AI siano soltanto cose. Tanto piú che, di là dai robot androidi, spesso consistono in algoritmi e, addirittura, possono non avere fisicità individuabile.

Dunque?

Credo che dovremo liberarci delle categorie con le quali è stato affrontato il diritto. Esse hanno portato ad aberrazioni concettuali come la individuazione di nozioni quali quelle di diritto soggettivo e diritto oggettivo, con le implicazioni della capacità giuridica e della capacità di agire, frutto di visioni borghesi e positivistiche, che, a parere di avveduti studiosi, distorcono la realtà e la stessa esperienza giuridica[33]. Queste categorie non sono assolutamente applicabili alle AI. Si è ritenuto (e la manualistica è un copioso esempio di siffatta tendenza) che anche il diritto romano avesse conosciuto, ancorché non le avesse esplicitate, siffatte ‘ categorie’ generali: il che non è vero.

 

  1. Richiamo all’esperienza giuridica romana.

E dico questo perché, da romanista, mi pare che proprio l’esperienza giuridica romana possa esserci di aiuto nel momento presente. In essa si parlò di uomini liberi, di servi, di res, di Respublica, di collegium, di hereditas etc., utilizzando ogni volta definizioni e concetti specifici aderenti alla condizione delle realtà cui il diritto (lo ius, fatto essenzialmente di mores e di leges) era chiamato a dare una disciplina. In altre parole, l’esperienza giuridica romana ci suggerisce di far capo a soluzioni e a conseguenti terminologie e concetti modellati sulla realtà e sulle sue peculiarità. È un’ipotesi, meglio, è solo una suggestione e certamente non l’unica. Importante è raggiungere la consapevolezza che il cambiamento attuale, indotto da robotica e AI, richiede concetti e approcci nuovi, perché i vecchi, cui di primo acchito ci paiono utilizzabili, in realtà non sono adeguati.

Nel caso del ricorso alla categoria della personalità giuridica, è stato osservato che ci troviamo dinanzi a notevoli perplessità, come quella di chi sarà il titolare delle situazioni e delle conseguenze giuridiche: il robot stesso? Il suo padrone? Il proprietario del software? Il fornitore (nel caso di raccolta di dati) di servizi cloud a cui la memoria del robot potrebbe essere collegata?[34]

Cosí come se, come è plausibile forse già oggi e certamente in futuro, i robot o le AI saranno in grado di replicarsi da soli, applicheremo loro il diritto di famiglia, con il riconoscimento dei vincoli di figliazione e paternità (o maternità)[35]?

 

  1. Uomo-Cyborg?

A questi interrogativi e alle molteplici problematiche conseguenti all’ avvento di AI e della robotica e delle altre tecnologie innovative (come la realtà aumentata, la stampa in 3D, l’ergonomia, la teoria dei sistemi) uno spazio a sé, ma certamente di primo piano, è, già oggi e ancor più nel corso del secolo, quello assunto dalla cibernetica e da fyborg[36] e cyborg[37].

Ed è proprio la crescente diffusione dei cyborg ad entrare sempre piú nella vita terrestre ad assicurarne lo sviluppo.

Durante il World Government Summit di Dubai del Febbraio 2017 Elon Musk ha osservato che benevola, sciocca o pericolosa che sia, l’intelligenza artificiale sta occupando spazi sempre più ampi nella vita dell’ uomo; di conseguenza, se vogliamo sopravviverle, non resta che una strada: diventare cyborg; ci conviene fonderci con le macchine, lasciando che la sfera digitale affianchi sempre di più quella biologica; conviene, infatti, che gli uomini si fondino con le macchine, diventando una sorta di cyborg, per non diventare irrilevanti nell’ epoca dell’ intelligenza artificiale[38].

E ancora nel maggio 2020 lo stesso ricercatore ha dichiarato che entro un anno sarà messo a punto un impianto cerebrale per collegare direttamente il cervello umano con l’Intelligenza artificiale (AI) ed è da aspettarsi che in poco piú di un ventennio si realizzerà la simbiosi tra uomo e AI, in modo da creare un’intera interfaccia cerebrale, in modo che tutti i neuroni di una persona siano collegati a un’estensione.

Se questa fusione non si realizzasse l’uomo sarebbe destinato alla progressiva scomparsa o almeno a crescente inconsistenza, perché il cervello umano da solo ha capacità di elaborazione pari a 10 bit al secondo, mentre le AI hanno capacità di elaborazione di ben 1000 (mille) miliardi di bit al secondo.

Pertanto o dotiamo la mente umana di una ‘marcia in piú’ o la condanniamo alla quasi totale irrilevanza.

 

  1. Transumanismo.

Oggi, in consonanza con gli interrogativi derivanti dalla consapevolezza della precedente convinzione nascono proposte di nuove aggregazioni e movimenti politici: è il caso del Transhumanist Party di Zoltan Istvan[39], secondo il quale nel 21° secolo tutti dovranno misurarsi con la sfida trans-umanista. Essa deriva da una filosofia di vita che Istvan chiama funzionalismo egocentrico teleologico (TEF) e che intende affrontare una semplice scommessa che oggi si prospetta agli uomini: quella del possibile inseguimento dell’immortalità. Chiunque ami la vita vorrà vivere il più a lungo possibile e magari essere immortale. Poiché non si ha certezza dell’immortalità dopo la morte, tanto vale tentare di fare qualcosa di scientificamente costruttivo per garantire in anticipo l’immortalità: il che passa attraverso la trasformazione in Cyborg, dando vita all’era del trans-umanismo[40]. La prospettiva è quella nella quale, a torto o a ragione, l’essere umano, potrà costruire sé stesso, sino ad essere ciò che egli desidera. Tali eventualità devono però confrontarsi con l’antropologia, con l’etica e con quanto lo stesso progresso scientifico potrà ragionevolmente determinare[41].

 

  1. Nuove frontiere.

Intanto è già in atto la richiesta di riconoscimento delle persone che si stanno trasformando in cyborg. Essi stanno affrontando una lotta con le istituzioni, perché il diritto, rectius le normative non hanno ancora raggiunto la tecnologia.

Menziono alcuni casi.

Neil Harbisson, un inglese il quale, poiché non riusciva a distinguere i colori, si è fatto impiantare un’antenna nella testa: “Da allora è come se avessi un nuovo organo”[42]. L’ apparecchio si chiama eyeborg e consiste in una piccola telecamera agganciata alla testa e collegata al cervello che, convertendo le gradazioni di colore in onde audio, consente di percepire fino a 360 diverse sfumature di colore, realizzando una sorta di sinestesia (o meglio, l’ideatore parla di “sonocromatopsia”) tecnologicamente indotta. Neil ha incontrato alcuni problemi quando ha chiesto di essere rappresentato, nella foto del passaporto, con annesso eyeborg[43], ma alla fine ha vinto la sua battaglia e l’eyeborg è diventato parte della sua immagine ufficiale, diventando il primo cyborg vivente.

I casi si sono via via moltiplicati. Non ritengo di darne conto in questa sede, se non citando qualche esempio. Come quello noto come Peter 2.0. Si tratta di Peter Scott-Morgan, 62 anni di Torquay (Regno Unito), affetto dalla malattia del motoneurone, (MND la stessa patologia neurodegenerativa di cui era affetto il fisico Stephen Hawking)[44]. Esperto in robotica, nel 2017 ha deciso di affidarsi alla tecnologia, per cambiare il suo destino; perciò, ha intrapreso un lungo percorso per diventare un vero e proprio cyborg, facendosi riposizionare lo stomaco per non aver piú bisogno di aiuto per mangiare e ha rinunciato alla sua voce per usarne una digitale. Inoltre, ricorrendo ad un esoscheletro conta di camminare, mentre per mezzo di un Avatar animato e guidato dal movimento oculare è in grado di parlare e di replicare l’espressività del volto tramite lo schermo di un computer[45].  A compimento del suo percorso; possiamo considerare Peter l’organismo cibernetico umano più avanzato mai creato in 13,8 miliardi di anni[46].

Mi fermo a questi esempi, facendo miei gli interrogativi di un recente Convegno organizzato a Roma nel 2018 da Scienza & Vita[47]: “Quale sarà l’evoluzione dell’Uomo? Ci attende un futuro a metà da Cyborg, a metà tra Uomo e macchina?”.

Sul piano giuridico le soluzioni si incentrano intorno al riconoscimento dello status di persona anche ai Cyborg: cosí si cerca di applicare ad essi le normative esistenti per l’uomo, con un processo che fatalmente è approssimativo e non adeguato alla realtà. La quale, invece, esigerebbe di prendere fino in fondo consapevolezza del fatto che ci troviamo dinanzi a prospettive stravolgenti. Alla cui scoperta oggi si sta ponendo mano[48].

 

  1. 2045: Immortalità!

Molte sono le ricerche e le iniziative. Dovendo pormi un limite mi vorrei soffermare sulla ricerca che promette all’uomo l’immortalità terrena.

Dalle aspirazioni all’immortalità umana, che hanno accompagnato fin da tempi remotissimi il percorso e le pulsioni umani sono partito in questa breve riflessione.

Ora vorrei soffermarmi sulle nuove e totalmente rivoluzionarie prospettive. Le quali derivano dal cammino sopra richiamato delle AI e dei Cyborg.

Nel 2012 il magnate Russo Dimitry Itskov a Mosca, in occasione del Global Future 2045 International Congress, ha presentato un piano di ricerca, denominato Iniziativa 2045. L’annunciò con una lettera ‘aperta’ indirizzata alla rivista Forbes, chiedendo ai ricercatori di partecipare al progetto. Da parte sua Itskov ha predisposto uno stanziamento di una considerevole somma: ben 1 miliardo e 300 milioni di $.

Il progetto prevede la creazione entro il 2045 di un avatar in ologramma per ogni persona, in modo da raggiungere l’immortalità umana, in una data vicina al 2045.

A ciò si dovrebbe arrivare in 4 fasi, indicate come Avatar A, B, C, D.

Nello specifico, le tappe previste dovrebbero seguire il seguente scadenzario:

 

Avatar A: tra il 2015 e il 2020, si cercherebbe di costruire un robot totalmente controllato dalla mente umana. In altre parole, si dovrebbe realizzare un sistema di interfaccia cervello-computer all’avanguardia per collegare la mente ad esso.

Avatar B: in un arco temporale compreso tra il 2020 e il 2025, si dovrebbe riuscire ad impiantare il cervello di una persona che sta per morire in un avatar robotico. In pratica si dovrebbe riuscire a creare un sistema di supporto vitale per il cervello umano, che si collega all’Avatar A, trasformandosi in Avatar B.

Avatar C: tra il 2030 e il 2035, in questa fase si tenterebbe di scaricare il contenuto di un cervello umano – anche di una persona vicina alla morte – in un supporto artificiale; cioè, in questa fase, si dovrebbe pervenire allo sviluppo di un cervello artificiale in cui trasferire la propria coscienza individuale con l’obiettivo di raggiungere l’immortalità cibernetica.

Avatar D: Entro il 2045 si dovrebbe approdare alla creazione di un’esistenza “olografica”, o in altre parole, una vita virtuale in cui la persona esisterebbe e svilupperebbe la propria vita interamente all’interno di un sistema computerizzato, senza la necessità di un supporto fisico individualizzato[49].

 

 

Dinanzi a queste prospettazioni è ovvio che ci si chieda se esse siano fattibili. Accanto a comprensibili perplessità si registrano posizioni che non solo ritengono fattibile il progetto, ancorché in un arco temporale forse piú lungo, m addirittura sostengono che è necessario ed inevitabile, perché, al punto cui siamo, ci si deve interrogare sulla possibilità di sopravvivenza ed adeguatezza al ‘domani’ di un corpo da bipedi respiranti con una visione binoculare e un cervello da 1400cc, con una capacità di reazione di soli 10 bit al secondo (a fronte dei 1000  miliardi delle AI), sia una forma biologica adeguata. O se non si debba puntare a nuove forme di esistenza, le quali ci possano consentire di non essere piú creature inermi e primitive, macchine di carne limitate nei pensieri e nell’azione dal corpo che costituisce il nostro attuale sostrato. La Singolarità tecnologica ci permetterà di superare queste limitazioni dei nostri corpi e cervelli biologici: acquisiremo potere sul nostro stesso destino; la nostra mortalità sarà nelle nostre mani[50]. Queste convinzioni diventano sempre piú diffuse e performanti e spiegano l’affermazione di Elon Musk: “Gli umani devono diventare cyborg se vogliono rimanere rilevanti in un futuro dominato dall’intelligenza artificiale”[51].

In questo percorso probabilmente saranno le stesse AI ad aiutarci. Ma se esse si svilupperanno prima e raggiungeranno l’autonomia decisionale lo vorranno fare?[52].

Verosimilmente l’Iniziativa 2045 intende essere un contributo significativo per superare le crisi esistenti, che minacciano il nostro habitat planetario e la continua esistenza dell’umanità come specie. Nello stesso tempo, prefigura un futuro che potremmo riassume nella seguente immagine, descrittivo dello sviluppo della vita umana, che sarebbe partita dai primati per arrivare agli uomini-macchina e, infine, alle macchine:

 

 

Nessuno può ignorare le conseguenze del cambiamento che ci attende e se da un lato c’è chi parla di un possibile nuovo umanesimo[53], dall’altro chi ritiene che i cambiamenti siano profondamente radicali e penetrino nella vita quotidiana[54], la quale sta cambiando senza che l’uomo si accorga dell’imminenza di un’era che potrà fare a meno di lui[55]. Già oggi ci troviamo sempre di piú dinanzi a scelte compiute dalle macchine con incidenza diretta sulla vita degli esseri umani, senza che possano contrastarle. In altre parole, sarebbe sí auspicabile che l’uomo possa controllare i futuri sviluppi della robotica, delle AI e dei cyborg, ma non si può avere certezza che questo avvenga, perché occorrerebbe che si possa controllare ogni creazione e formulazione di algoritmi: il che è impensabile! Tanto piú che essi non hanno una localizzazione sempre individuabile e da luoghi remoti ed ignoti possono agire ed interagire in qualsiasi punto del pianeta. L’illusione di un controllo mi sembra fuori della realtà; a meno che si voglia immaginare un futuro Stato di Polizia mondiale[56]., di cui non si saprebbe (anzi è molto dubbio) se potrebbe essere in grado di individuare la nascita e la dislocazione degli algoritmi[57]

Il diritto, poi, a mio sommesso e perplesso parere, è chiamato a dare risposte alle sfide che ci saranno ed è difficile prevedere i modi e le forme. Importante è prendere, però, consapevolezza che esse dovranno essere originali, non riferibili a nozioni generali (come la supposta soggettività giuridica, la personalità giuridica, la capacità giuridica, il negozio giuridico etc), bensí modellate sul concreto della realtà, fisica e virtuale, e, probabilmente, suscettibili di continuo cambiamento[58].

 

  1. Da dove cominciare? Nuova configurazione delle res communes.

Di fronte allo scenario, in buona parte ancora ignoto, che si prospetta nel futuro, si deve cominciare ad introdurre significativi cambiamenti; partendo da interventi di medio termine, per consentire la sopravvivenza o una migliore esistenza per l’uomo di oggi, per il quale ci sono anche altre cause di estinzione o di profonda difficoltà a perpetrarne le condizioni di esistenza.

È stato messo in luce come, da subito, uno dei primi effetti della transizione in atto è quella della crescente e progressiva sostituzione dell’uomo nelle principali attività. Nel 216 il fenomeno è stato messo a fuoco da jerry kaplan in un libro dal significativo, ma anche terrificante titolo “Le Persone non servono[59].

Lo scenario che ne sta già scaturendo è quello di miliardi di persone senza lavoro e senza redditi, condannati alla miseria ed alla fame. Nella morsa del neo-liberismo speculatore, che ha concentrato la ricchezza, il cibo ed i mezzi di sussistenza, nelle mani di sempre piú pochi. Occorre chiedersi se vi sia via di uscita.

In questa direzione non si vede alternativa diversa dal ripensamento della fruizione e dell’utilizzo di beni indispensabili a consentire la vita dell’umanità: i beni comuni.

Questi oggi sono in mano di privati e spesso di speculatori o degli Stati, diversamente dall’antichità quando si riteneva che essi appartenessero a tutti gli uomini (Res communes omnium), anche a prescindere dalla cittadinanza.

Se, come sta profilandosi, non vi sarà lavoro né (anche per cause disparate, come l’urbanizzazione, la desertificazione, lo sfruttamento ed i guasti dell’ambiente) possibilità di acquisire i beni di sussistenza quotidiana, l’unica soluzione potrà risiedere nell’accesso per tutti ai beni comuni (acqua, alcuni animali, terreni da coltivare, minerali ecc.) e nell’utilizzo di essi per dare a tutti un reddito sufficiente e decoroso. È, per esempio, assurdo che Paesi ricchi di preziosi giacimenti (oggi in particolare le ‘Terre Rare’) assistano allo sfruttamento delle loro risorse da parte di pochi (Stati e/o Multinazionali) mentre le popolazioni vivono di stenti e persino muoiano di fame.

Occorrono un nuovo diritto, nuove norme, la riformulazione dei diritti di proprietà e di appartenenza della Terra e delle sue risorse.

Nelle more la politica e l’economia dovrebbero cambiare, sia in ambito internazionale, sia riguardo agli Stati ed alle strutture territoriali.

Indico alcuni esempi.

È noto che per alcune Regioni, nello specifico particolarmente per quelle Africane, una delle emergenze piú acute è quella della progressiva desertificazione.

Ebbene che si sta facendo? Poco. Si potrebbe fare di piú? Certamente, ma occorrono un po’ di immaginazione e iniziative opportunamente focalizzate. Se non piove, se le sorgenti ed i fiumi si sono inariditi, trasformando luoghi una volta fertili, come, (ad esempio, il Samaliland, lo Yemen, e di recente il Madagascar) o condanniamo alla fame ed al tentativo di migrazione in massa della popolazione ivi residente o cerchiamo di far arrivare l’acqua.

Ma come?

Israele a Tel Aviv ha in parte risolto il problema: attraverso i dissalatori per osmosi. Questi, a differenza dei precedenti sistemi, sono rapidi, danno acqua potabile e costano relativamente poco: un lt. viene a costare quanto una bottiglia di acqua minerale. Anche in Italia ci sono imprese che si stanno organizzando per fornire questo tipo di dissalazione. Un’attenta politica dovrebbe incentivarle e, magari, utilizzare i fondi del Recovery Plan per consentire di investire in esse anche a beneficio delle nostre Terre, che, specie al Sud, soffrono di mancanza d’acqua, particolarmente nei periodi estivi.

Quanto costerebbe?

Una impresa, la Selmar con sede a Marsala, calcola un costo di € 620.000 per un impianto in grado di estrarre dall’acqua marina ben 2100 lt. al giorno di acqua potabile: all’incirca il fabbisogno quotidiano di una famiglia di 10 persone.

Dunque con 100 dissalatori per osmosi, con un costo di € 62 milioni si potrebbe provvedere ad un piccolo villaggio o all’irrigazione dei campi. Considerando, inoltre, che i costi tenderebbero a ridursi considerevolmente con l’aumento della richiesta dei dissalatori, c’è da domandarsi perché l’ONU, l’UE, l’Unicef (che nel 2018 ha raccolto 65 milioni con le sole donazioni), i Governi, non s’impegnino a creare una rete di dissalatori per dare acqua alle zone minacciate da desertificazione crescente. Lo stesso interrogativo vale per le Regioni, che potrebbero impegnarsi a produrre acqua lungo le lunghe coste dei nostri 3 mari.

Riguardo alla situazione regionale, vi è anche una considerazione da avanzare. La piovosità media non pare scarsa e specialmente questo anno è stata abbondante. Ad esempio, in Puglia il grosso problema è costituito dalla natura carsica delle rocce, che disperde tutta l’acqua e lascia asciutti i terreni. Anche qui si potrebbe percorrere una strada diversa: quella della creazione di cisterne sotterranee, in grado di raccogliere le acque pluviale e quelle reflue. Così come si fa in diversi settori, si potrebbe concedere bonus o significative detrazioni fiscali a beneficio di chi realizzi cisterne. Perché non si fa?

Mi permetto un ricordo storico: Costantinopoli resistette a lungo (finché i Genovesi di soppiatto consegnarono le chiavi ai Turchi) proprio perché aveva un vasto sistema di cisterne che coprivano buona parte dell’area cittadina: oggi sono un’attrazione per i turisti.

Riguardo alla emergenza delle emergenze, costituita dall’Ambiente si devono tallonare i Governi e gli Enti Territoriali affinché anche i soldi che verranno stanziati in misura generosa non siano finalizzati esclusivamente all’immediato e non lascino pesanti eredità per il futuro (come lo smaltimento delle batterie di accumulo, conseguente alla corsa verso le auto elettriche – ad esempio). L’energia potenzialmente preferibile pare essere quella derivante dall’idrogeno, i cui lasciti nell’ambiente sarebbero addirittura benefici. Nel Recovery Plan non se ne parla: perché? Oggi l’idrogeno presenta certamente un problema, perché prodotto da idrocarburi fossili. Ebbene perché non spingere verso la produzione di idrogeno da energie rinnovabili e magari da sistemi di specchi, per i quali l’Italia ha investito molto ed è stata pioniera, abbandonando però ogni ulteriore progetto? Perché non si pensa ad utilizzare il vasto insediamento siderurgico di Taranto per un siffatto progetto[60]?

Da ultimo, ad Ossi in Sardegna un inventore a brevettato il ‘calcestruzzo di latte’, cioè ricavato dal latte (la startup ha perciò il nome di Milk Brick), ad impatto zero (mentre il calcestruzzo comune è tra gli elementi maggiormente inquinanti) ed ha prestazioni piú elevate. Che bello sarebbe una casa di latte! Il Governo italiano, il Recovery Plan, le Regioni sapranno sfruttare questa innovazione mondiale o dobbiamo ancora assistere all’utilizzato da parte di altri per poi, magari, arrivarci per buoni ultimi?

 

  1. Nuovi scenari religiosi, etici, giuridici.

Di là dal presente, occorre riflettere a fondo e senza apriorismi, come quello dell’indispensabilità e sempiterna centralità dell’uomo.

Oggi le AI appaiono in armonia e funzionali all’uomo; infatti il ricorso alle AI può rivelarsi di grande utilità in molti casi[61], compreso quello politico: Dominique Rousseau, ad esempio, ha dimostrato che il ricorso al digitale potrebbe finalmente consentire una vera e piú piena partecipazione del popolo alle decisioni politiche e governative[62].

Tuttavia occorre aver presente che potrebbe non essere sempre cosí: pertanto appare d’obbligo perseguire con sagaci soluzioni prospettiche adeguate alla rivoluzionarietà della nuova era; i cui cambiamenti radicali potrebbero arrivare anche prima di quanto non crediamo.

Occorre che l’umanità si rivesta di umiltà e tragga conclusioni dalla consapevolezza il suo destino è uno dei destini dell’universo, di cui, tutto sommato, conosciamo appena uno scarso 5%[63].

Mi sembra che la vita come l’abbiamo conosciuta dalla comparsa dell’uomo (o quanto meno dell’uomo sapiens) potrebbe non esserci piú. Cosa vorranno fare di noi le AI del futuro? Ci elimineranno o ci ridurranno in schiavitù? Oppure ci considereranno bene pregevole e patrimonio culturale, con retaggio di saperi da conservare? Ed in questo caso manterranno in vita tutti gli uomini o soltanto alcuni, ritenuti portatori della esperienza umana[64]?

È uno sconvolgimento all’orizzonte in gran parte ancora inimmaginabile e non riconducibile ai concetti e alle nozioni correnti. Comprese quelle giuridiche. Per ora si va per assimilazioni ed analogie, dato che, il diritto deve decidere e disciplinare e non può concedersi vuoti.

Diverso è l’implicazione nell’Etica. Essa è da sempre incentrata intorno all’UOMO. Ma oggi con le AI si è scoperto che anche le piante hanno intelligenza, sensibilità e capacità di espressione e interattività. C’è però da chiedersi se i concetti dell’etica, finora enucleati, si potranno applicare anche alle AI e se ancora per gli uomini stessi potranno valere sempre gli attuali princípi.

Potremo, ad esempio, ancora parlare di Diritti Umani?

Le domande non sono fantasiose o peregrine: investono una problematica di cui si sta facendo carico persino il Vaticano. Il quale a Febraio scorso (28 Feb. 2020), poco prima che esplodesse la pandemia, la Pontificia Accademia Per La Vita ha riunito personalità del mondo tech per elaborare la Rome Call for AI Ethics: un documento[65] – non un testo ufficiale, sottolineano a Roma – proposto dal Vaticano, che vede l’AI come un sistema con forti implicazioni sui diritti umani; tanto da fare emergere la necessità di adottare e condividere un testo per sostenere un approccio etico adeguato alle nuove tecnologie. Si afferma che:

gli algoritmi devono includere valori etici e non solo numerici, per far sí che la macchina sia di supporto all’uomo e al bene comune, senza mai sostituirsi all’essere umano.

In sostanza, abbiamo bisogno di poter indicare i valori etici attraverso i valori numerici che nutrono l’algoritmo.

L’etica ha bisogno di contaminare l’informatica. Abbiamo bisogno di un’algor-etica, ovvero di un modo che renda computabili le valutazioni di bene e di male. Solo in questo modo potremo creare macchine che possono farsi strumenti di umanizzazione del mondo. Dobbiamo codificare principi e norme etiche in un linguaggio comprensibile e utilizzabile dalle macchine. Perché quella delle AI sia una rivoluzione che porta a un autentico sviluppo, è tempo di pensare un’algor-etica[66].

Già, ma come? Si ritorna all’interrogativo: come controllare gli algoritmi?

Vengono individuati sei criteri da far rispettare anche agli algoritmi:

  • trasparenza,
  • inclusione,
  • responsabilità,
  • imparzialità,
  • affidabilità,
  • sicurezza e

 

Tutto molto bello ma come farli rispettare?

Per la verità, oltre i recenti tentativi (menzionati) dell’UE, già nel 2016 vi era stato un tentativo di assegnare regole e fissare princípi all’uso delle AI. Le stesse big Tech, crearono la Partnership for AI: un gruppo di ricerca formato da Amazon, Facebook, Google, Microsoft, Ibm e Apple per studiare l’impatto degli algoritmi in ambito lavorativo ed economico[67]. Si è trattato, tuttavia, di un’iniziativa privata[68] e non si può essere sicuri che sia finalizzata all’interesse pubblico piuttosto che a quello privato. Inoltre non potrebbe mai avere portata universale, perché non coinvolge, Cina, Russia, Giappone. L’intento però appare frustrato dal Ma questa tendenza di natura privatistica può fare davvero l’interesse pubblico? Come si può garantire al cento per cento che società che traggono profitto dall’utilizzo che le persone fanno delle loro tecnologie possano limitarne gli abusi? Se lo domandava un anno fa Yochai Benkler, professore di diritto a Harvard, che sulla rivista Nature scriveva: “Se progettati esclusivamente per fini di lucro, gli algoritmi divergono necessariamente dall’interesse pubblico”.

Il Call for AI Etichs vuole essere soltanto un invito alla riflessione su un tema lucidamente intravisto da Papa Francesco[69].

Malgrado questi ammirevoli sforzi i dubbi e gli interrogativi restano aperti e semmai proprio da essi traspare la preoccupazione di un futuro senza controllo, senza riferimenti ai valori della civiltà umana, senza etica e Religioni[70]. Forse (e nessuno può esserne certo) senza o con scarsa rilevanza degli uomini stessi.

 

Proiezioni.

In conclusione, non ci si può piú permettere di adagiarci sull’esistente. Cosí come occorrono una riflessione ed un dibattito a tutto campo riguardo alle prospettive dell’Umanità nell’era delle AI.

Bisognerebbe aver cura di evitare che il futuro sia caratterizzato da una grande disparità: quella che potrebbe crearsi dalla maggior parte degli uomini, soggetti alla morte e forse alla progressiva scomparsa, e quella di un numero ristretto di persone in grado di assicurarsi vita millenaria o addirittura immortale, sia pure attraverso la transizione, quasi come in una nuova forma di metempsicosi, nell’uomo-cyborg[71].

Infine dobbiamo chiederci: posto che quanto ipotizzato sia vero e fattibile, davvero vogliamo essere immortali?

 

[1] Lapidariamente è stato osservato: “L’affanno del dover morire, la terribilità del non essere più, la illogica presenza del nulla alla fine, la tristezza senza conforto della vita nel mondo di sotto, si scontrano con l’ansietà del vivere, la speranza della gioia, la pienezza dell’essere, con tutto ciò che è vita e teme il suo contrario. La contraddizione esistenziale è lo scontro tra il destino di morte e il desiderio di immortalità di ogni uomo: quella contraddizione che si incarna in Gilgamesh, l’eroe assoluto della poesia mesopotamica”; cosí S. Lo Bue, La storia della Poesia. I: I Fiumi delle origini. Il divenire della poesia in Egitto e Mesopotamia, Adelphi, Milano 2001, p. 68. Citato da UGO PAGLIAI (lettura di) Giovanni Pettinato, Gilgamesh e l’immortalità; v. al sito: https://docplayer.it/12580974-Gilgamesh-e-l-immortalita-lettura-di-ugo-pagliai.html.

[2] Gli studi archeologici ritengono che Gilgamesh sia stata una figura realmente esistita. Diverse iscrizioni attestano che fu il quinto re sumero della città di Uruk, durante il ventiseiesimo secolo avanti Cristo. Intorno a lui, forse condensando altri miti su divinità e antichi sovrani della Mesopotamia, sorse durante i secoli una vasta produzione epica che ha negli episodi più antichi a noi noti cinque poemi di età sumera: cfr., Andrew R. George, trans. & ed., The Babylonian Gilgamesh Epic: Critical Edition and Cuneiform Texts, Oxford University press, Oxford, 2003, pp.7-16. Da ultimo, sul senso della saga di Gilgamesh, v. S. Roncati, Donne e vino nell’antichità: una storia di divieti?, in Rida (Revue Internationale des Droits de l’Antiquté) 65 (2018), p. 196 s.: L’antica epopea di Gilgameš , re della città sacra di Uruk, racconta l’insidioso viaggio, da questi intrapreso dopo la scomparsa dell’inseparabile amico Enkidu, oltre i confini del mondo conosciuto allo scopo, o meglio con la speranza, di ottenere l’immortalità. Cosí dapprima supera i monti di Masu, posti a guardia del sole e poi attraversa l’oceano fino alle acque della morte. Il transito dall’uno all’altro mondo si realizza grazie a Sarduri, la “donna della vigna, colei che fa il vino”, che lo indirizza da Utnapištim, una specie di Noè cui gli dei hanno accordato proprio l’immortalità. Ma questi non può esaudire le richieste del giovane re: l’immortalità è dono esclusivo degli dei e quindi anche Gilgamesh è destinato a conoscere la degenerazione del corpo portata dalla vecchiaia e a morire come tutti gli altri comuni mortali. Si può supporre che l’incontro di Gilgameš con Sarduri, che il poema ritrae, al momento della sua comparsa in scena, seduta nel giardino sulla riva del mare con la coppa d’oro e i tini d’oro che gli dei le diedero, avesse un forte connotato simbolico: la vite e il vino presso i Sumeri erano considerati simboli, tra l’altro, anche dell’immortalità ed è in questo contesto che va inquadrato l’episodio anzidetto e, in particolare, la presenza di una figura complessa come quella di Sarduri, che viene a costituire l’elemento di raccordo tra il mondo abitato dai mortali e quello misterioso degli immortali – che si rivelerà inaccessibile anche per Gilgameš, pur se per due terzi un dio -, proprio nella sua qualità di custode della porta che permette il passaggio tra i due mondi. E il porre l’accento sul vino e sulla sua produzione lo fa assurgere ad allegoria dell’immortalità”. All’a. (in partic. alla nt. 3) rinvio per la bibliografia pertinente.

[3] Della sconfinata letteratura, mi sia consentito citare Martin Palmer, Il taoismo. Conoscenza e immortalità, trad. Martin di Montu Beccaria, ed. Xenia, Milano 1993.

[4] Come quella di Xu Fu, che sbarcò anche in Giappone: cfr. Lee, Khoon Choy Lee. Choy, Lee K., Japan–between Myth and Reality: Between Myth and Reality, World Scientific publishing, 1995, ISBN 981-02-1865-6.

[5] Nel caso di Gilgamesh a causa di un serpente (una biscia) che gli mangia la pianta dell’eternità.

[6] Per tutti v. Pagliai, loc. cit. alle nt. Precedenti.

[7] A lui spetta la paternità vera e propria del termine cyberspazio e la capacità straordinaria, che caratterizza tutti i grandi scrittori, di saper anticipare i tempi

[8] V. dell’Autore, Inverso, Mondadori, Milano 2014.

[9] V., da ultimo, Agency, Penguin Random House, New York 2020.

[10] Riguardo ad esse spesso la fantascienza ha fatto da apripista: basti pensare al ruolo ed all’ influenza di un autore come Isaac Asimov, universalmente riconosciuto come anticipatore della robotica. Invero è il presente a fornire lo spunto (per la fantascienza), al punto che i piú grandi profeti dell’era moderna sono stati Asimov, Sir Arthur Charles Clarke, ma soprattutto proprio William Gibson e Philip K. Dick.

[11] In particolare, v. B. Reese, The Fourth Age. Smart robots, Conscious Computers, and the Future of Humanity, Atria Books, New York 2018.

[12] Reese, op. cit., p. 318: If “utopia” means a world that doesn’t exist, I offer the word “verutopia”, meaning “a real place”, a place we can all work together to build.

[13] La prima automobile messa in circolazione nel 1886 da Benz:

Chi, al tempo da essa avrebbe potuto immaginare i bolidi di oggi?

[14] Non è casuale la circostanza che si cerchi di interagire con i robot come se fossero ‘ umani’. Infatti, sempre più persone si rivolgono ai bot come fossero esseri umani, in grado di provare emozioni e avere opinioni: non più con un semplice “fai questo” e “fai quello”: ad esempio, Enuan, startup che dal 2008 si occupa di intelligenza artificiale applicata ai canali voce e chat, ha notato che nel primo lockdown le interazioni empatiche con i robot sono aumentate del 30%. La stessa tendenza è stata riscontrata adesso, in particolare nelle zone che sono sottoposte a maggiori restrizioni.

[15] V. Ricardo Antunes, Addio al lavoro? Le trasformazioni e la centralità del lavoro nella globalizzazione, ed. Ca’ Foscari, Venezia 2015.

[16] Jerry kaplan, Le persone non servono. Lavoro e ricchezza nell’epoca dell’Intelligenza artificiale, tr. it. Luiss University Press, Roma 2016, p. 192. Ma tutto il libro è un prezioso scandaglio del futuro che attende l’Umanità.

[17] kaplan, op. cit., p. 191 s.

[18] Guardando al settore informatico, potremmo identificare l’AI come la disciplina che si occupa di realizzare macchine (hardware e software) in grado di “agire” autonomamente (risolvere problemi, compiere azioni, ecc.). Nella sua accezione puramente informatica, l’Intelligenza Artificiale potrebbe essere classificata come la disciplina che racchiude le teorie e le tecniche pratiche per lo sviluppo di algoritmi che consentano alle macchine (in particolare ai ‘calcolatori’) di mostrare attività intelligente, per lo meno in specifici domini e ambiti applicativi.

[19] Prendendo come base di partenza il funzionamento del cervello uomo (pur sapendo che ancora oggi non se ne comprende ancora a fondo l’esatto meccanismo), una Intelligenza Artificiale dovrebbe saper compiere in alcune azioni/funzioni tipiche dell’uomo:

– agire umanamente (cioè in modo indistinto rispetto ad un essere umano);

– pensare umanamente (risolvendo un problema con funzioni cognitive);

– pensare razionalmente (sfruttando cioè la logica come fa un essere umano);

– agire razionalmente (avviando un processo per ottenere il miglior risultato atteso in base alle informazioni a disposizione, che è ciò che un essere umano, spesso anche inconsciamente, fa d’ abitudine).

Queste considerazioni sono di assoluta importanza perché permettono di classificare l’AI in due grandi “filoni” di indagine/ricerca/sviluppo in cui per altro la comunità scientifica si è trovata concorde, quello dell’AI debole e dell’AI forte:

  1. A) Intelligenza Artificiale debole (weak AI)

Identifica sistemi tecnologici in grado di simulare alcune funzionalità cognitive dell’uomo senza però raggiungere le reali capacità intellettuali tipiche dell’uomo (parliamo di programmi matematici di problem-solving con cui si sviluppano funzionalità per la risoluzione dei problemi o per consentire alle macchine di prendere decisioni);

  1. B) Intelligenza Artificiale forte (strong AI)

In questo caso si parla di “sistemi sapienti” (alcuni scienziati si spingono a dire addirittura “coscienti di sé”) che possono quindi sviluppare una propria intelligenza senza emulare processi di pensiero o capacità cognitive simili all’ uomo ma sviluppandone una propria in modo autonomo.

[20] Cfr. W. McCulloch, W. Pitts, A Logical Calculus of Ideas Immanent in Nervous Activity, 1943, in Bulletin of Mathematical Biophysics 5:115–133; ripubblicato in Neurocomputing: Foundations of Research [a cura di James A. Anderson and Edward Rosenfeld, MIT Press, 1988, p. 15–27; W. McCulloch, W. Pitts, On how we know universals: The perception of auditory and visual forms, in Bulletin of Mathematical Biophysics 9, 1947, p. 127–147.

[21] D. O. Hebb, The Organization of Behavior; a Neuropsychological Theory, Wiley, New York 1949.

[22] Le reti neurali consistono in modelli matematici/informatici sviluppati per riprodurre il funzionamento dei neuroni biologici per risolvere problemi di intelligenza artificiale intesa, in quegli anni, come la capacità di una macchina di compiere funzioni e fare ragionamenti come una mente umana.

[23] Andrew Hodges, Alan Turing. Storia di un enigma, tr. it. David Mezzacapa, Bollati Boringhieri, Torino 2014.

[24] Sul matematico, cfr. in Wired, Addio a Mc Carthy, papà dell’intelligenza artificiale, al sito: https://daily.wired.it/news/tech/2011/10/25/john-mccarthy-intelligenza-artificiale-15158.html.

[25] F. Rosenblatt, The perceptron: A probabilistic model for information storage and organization in the brain, in Psychological Review, 65(6), 1958, p. 386–408; consultabile al sito: https://doi.org/10.1037/h0042519. Il noto psicologo e computer scientist americano, ideò una rete con uno strato di ingresso ed uno di uscita ed una regola di apprendimento intermedia basata sull’ algoritmo ‘ error back-propagation’ (minimizzazione degli errori); la funzione matematica, in sostanza, in base alla valutazione sui dati effettivi in uscita – rispetto ad un dato ingresso – altera i pesi delle connessioni (sinapsi) provocando una differenza tra l’uscita effettiva e quella desiderata. Alcuni esperti del settore fanno risalire proprio al percettrone di Rosenblatt la nascita della cibernetica e dell’Intelligenza Artificiale.

[26] Le GPU, dall’ inglese graphics processing unit, o unità di elaborazione visiva (VPU, visual processing unit) o processore grafico o processore visivo, è un tipo particolare di coprocessore che si contraddistingue per essere specializzata nella resa grafica d’ immagini (grafica computerizzata). Il suo tipico utilizzo è come coprocessore della CPU, e da alcuni anni viene anche utilizzata in generiche elaborazioni dati (GPGPU).

[27] Si tratta di un androide umanoide, creato nel 2015 dalla compagnia Hanson Robotics Limited di Hong Kong (v. H. Taylor, Could you fall in love with robot Sophia?, in CNBC, 16 Marzo 2016; Meet Sophia, the female humanoid robot and newest SXSW celebrity, in PCWorld; A. Steinberg, Can a Robot Join the Faith?, in The New Yorker, 13 Novembre 2017). Dotato di intelligenza artificiale Sophia è in grado di dialogare, riconoscere le emozioni umane e rispondere in tempo reale, sorridendo e cambiando la propria espressione facciale; può riprodurre più di 62 espressioni facciali umane. Il 25 ottobre 2017 a Ryad a Sophia è stata concessa la cittadinanza saudita (cfr. T. Hatmaker, Saudi Arabia bestows citizenship on a robot named Sophia, in TechCrunch). L’Arabia Saudita non ha specificato in cosa consista il diritto di cittadinanza attribuito a Sophia. Resta, pertanto, da discutere ed approfondire il tema della personalità giuridica e della responsabilità civile dei robot.

[28] Oltre ad essere stato, cosí il primo androide insignito di cittadinanza, Sophia ha avuto un titolo alle Nazioni Unite, poiché il 21 novembre del 2017 è stato designato come Innovation Champion nel Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (UNDP in Asia and the Pacific Appoints World’ s First Non-Human Innovation Champion, su UNDP in Asia and the Pacifi).

[29] S. Barsanti, Saudi Arabia takes terrifying step to the future by granting a robot citizenship, in The A.V. Club; A. B. C. News, Saudi Arabia criticized for giving robot citizenship, as it restricts women’ s rights, in ABC News, 26 ottobre 2017; Saudi robot Sophia is advocating for women’ s rights now, in Newsweek, 5 Dicembre 2017.

[30] È da evidenziare che il Parlamento prende la mossa dalla fantascienza: infatti, la risoluzione parte dalla letteratura, citando Frankenstein, Pigmalione, il Golem di Praga fino a Karel Capek, lo scrittore ceco, inventore della parola robot.

[31] Risoluzione del Parlamento europeo del 16 Febbraio 2017 recante raccomandazioni alla Commissione concernenti norme di diritto civile sulla robotica (2015/2103(INL). Per la verità la Risoluzione si concentrata sulle problematiche relative alla responsabilità, riguardo alla quale dà 6 suggerimenti alla Commissione; l’ ultimo dei quali è quello di prevedere “l’ istituzione di uno status giuridico specifico per i robot nel lungo termine, di modo che almeno i robot autonomi più sofisticati possano essere considerati come persone elettroniche responsabili di risarcire qualsiasi danno da loro causato, nonché eventualmente il riconoscimento della personalità elettronica dei robot che prendono decisioni autonome o che interagiscono in modo indipendente con terzi”. È consultabile al sito: http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?pubRef=-//EP//TEXT+TA+P8-TA-2017-0051+0+DOC+XML+V0//IT.

[32] Cosí C. Morelli, Legislazione europea e intelligenza artificiale, consultabile al sito: https://www.altalex.com/documents/news/2020/11/09/legislazione-europea-intelligenza-artificiale. L’articolo della studiosa è stato, peraltro, tenuto costantemente presente in questa sede.

[33] Cfr. P. Catalano, Diritto, soggetti, oggetti: un contributo alla pulizia concettuale sulla base di D. 1,1,12, in Iuris vincula: studi in onore di Mario Talamanca,  pt. 2 p. 95-117, Jovene, Napoli 2001.

[34] Cfr. M. Iaselli, Robot con intelligenza artificiale, verso una soggettività giuridica? in Altalex21.Feb. 2017, consultabile al sito: https://www.altalex.com/documents/news/2017/02/21/robot-con-intelligenza-artificiale-soggettivita-giuridica.

[35] Intanto a Settembre 2020 è stata ufficialmente – attraverso una cerimonia virtuale – inaugurata Ellis (European Laboratory for Learning and Intelligent Systems), nata due anni fa, con lo scopo di rafforzare la leadership mondiale dell’Europa nel campo dell’intelligenza artificiale, con 30 laboratori d’ eccellenza distribuiti in 14 Paesi. L’ iniziativa si propone di unire le forze per competere nel campo delle AI, soprattutto con Cina e Stati Uniti.

[36] Cioè l’estensione delle capacità umane attraverso specifici oggetti (come occhiali, auricolari, palmari, telefonini, orologi che misurano le pulsazioni e la saturazione di ossigeno nei polmoni) che potenziano le capacità dell’uomo senza intervento sul corpo o operazioni chirurgiche per l’innesto dei dispositivi potenzianti.

[37] Con il termine (sinonimo di organismo cibernetico o bionico) si suole indicare un essere al confine tra uomo e macchina, il quale, in virtù degli elementi artificiali innestati in lui è in grado di comunicare attivamente con l’organismo. Già oggi, poi, il confine tra essere umano e cyborg è sempre più sfumato: sul punto vi è una densa bibliografia fantascientifica, specialmente legata al genere del cyberpunk, anche scientifica: da ultimo, v. E. Grassani, Automi. Passato, presente e futuro di una nuova “specie”, Editoriale Delfino, Milano 2017. Riguardo al futuro e al destino degli uomini, anche pensando alla possibile commistione uomo-macchina, ricorderei anche un provocante libro del nipote di Charles Darwin, il quale nel 1952 provò ad immaginare il futuro, denunciando il rischio per l’umanità e le necessità di trovare soluzioni del tutto innovative: Charles Galton Darwin, The Next Million Years, Springer-Verlag, New York 1992, uscito in Italia l’anno dopo: Tra un milione di anni, Longanesi, Milano 1953. Charles G. Darwin fu insegnante universitario a Edimburgo e direttore del Laboratorio Nazionale di Fisica del Regno Unito e fu un fisico di grande vaglia; per primo calcolò la struttura fine dello spettro dell’atomo di idrogeno e condusse inoltre vari esperimenti su diffrazione e prismi

[38] V. Focus, al sito: https://www.focus.it/tecnologia/innovazione/elon-musk-e-luomo-del-futuro-un-cyborg.

[39] Già candidato alla Presidenza degli Stati Unite nel 2016 ed ora aspirante Governatore della California.

[40] Il Trans-umanesimo dovrà articolarsi intorno a 3 leggi:

  • Un trans-umanista deve salvaguardare prima di tutto la propria esistenza.
  • Un trans-umanista deve sforzarsi di raggiungere l’onnipotenza il più opportunamente possibile, purché le proprie azioni non siano in conflitto con la Prima Legge.
  • Un trans-umanista deve salvaguardare il valore nell’ universo, purché le proprie azioni non siano in conflitto con la Prima e la Seconda Legge.

Sulle problematiche e la concezione del trans-umanesimo vi è una copiosa letteratura; tra tanti, v. Istvan, Zoltan, La scommessa transumanista, in Futurity Imagine Media, 2013. Adde: N. Bostrom, A History of Transhumanist Thought, – Faculty of Philosophy, Oxford University 2005, al sito: www.nickbostrom.com; Max More, The Transhumanist Reader: Classical and Contemporary Essays on the Science, Technology, and Philosophy of the Human Future, First Edition. Edited by Max More and Natasha Vita-More. © 2013 John Wiley & Sons; S. Palumbo, Ibridazioni cyborg. spazio, evoluzione e biotecnologie, in Scienze e Filosofia (S&F) n. 12, 2014, al sito: http://www.scienzaefilosofia.com/wp-content/uploads/2018/03/res686077_07-PALUMBO.pdf.

Per una visione piú articolata ed alle ulteriori referenze bibliografiche si rinvia, data la non definitività del tema, alla voce History of transhumanism, di Wikipedia, al sito https://hpluspedia.org/wiki/History_of_transhumanism#References.

[41] Il tema è stato e continuerà ad essere oggetto di analisi e discussione durante il Seminario Permanente della Scuola Internazionale Superiore per la Ricerca Interdisciplinare (SISRI): cfr. A. Vato, Arrivano i cyborg. Dove neuroscienze e bioingegneria si incontrano, Hoepli, Milano 2015; G.O. Longo, Il Simbionte. Prove di umanità futura, Mimesis, Milano-Udine, 2013; F. Fukuyama, L’ uomo oltre l’uomo, Mondadori, Milano, 2002; R. Guardini, Lettere dal Lago di Como. La tecnica e l’uomo, Morcelliana, Brescia 1993.

[42] Cfr. L. Zorloni, Neil Harbisson, l’uomo che è riuscito a diventare un cyborg, in Wired del 14 Apr. 2017, rivista online, al sito: https://www.wired.it/ai-intelligenza-artificiale/storie/2017/04/14/neil-harbisson-uomo-cyborg/?refresh_ce=.

[43] Come è noto, la fotografia che deve comparire sui documenti di riconoscimento personale deve mostrare solo il soggetto a cui il documento è riconducibile, e non sono ammessi altri oggetti o apparecchiature elettroniche. Come definire l’eyeborg? È una telecamera posta sulla testa di un uomo, non è simile a un occhio e viene da noi percepita come un qualcosa di artificiale e di estraneo al corpo umano; è lo strumento attraverso il quale si può ovviare ad un deficit innato e che, nel caso di Neil, gli consente di percepire il mondo nella sua realtà e con le sfumature cromatiche che appaiono a noi tutti.

[44] La malattia in questione è nota come morbo di Lou Gehrig o sclerosi laterale amiotrofica (SLA). Una malattia neurodegenerativa, progressiva e incurabile che distrugge le cellule del midollo spinale, paralizzando i muscoli, compresi quelli responsabili della respirazione e della deglutizione, scoperta tre anni fa e per la quale i medici gli avevano prognosticato soltanto due anni di vita.

[45] È diventato il protagonista di un documentario televisivo su Channel 4: Peter: the Human cyborg.

[46] V. il sito: https://tg24.sky.it/scienze/2020/08/18/peter-cyborg.

[47] Il titolo del Convegno era: Homo cyborg. Il futuro dell’uomo, tra tecnoscienza, intelligenza artificiale e nuovo umanesimo.

[48] La dottrina piú accorta avverte l’esigenza di addivenire al riconoscimento di un nuovo status giuridico, tuttavia crede che sia ancora possibile inserirlo all’interno della odierna disciplina del negozio giuridico. Per tutti, v. Gunther Teubner, Soggetti giuridici digitali? Sullo status privatistico degli agenti software autonomi. Triperuno. Diritto Società Critica 1, a cura di pasquale Femia, ESI, Napoli 2019, p. 126 s. (Conclusioni): “Una risposta immaginabile al rischio di associazione potrebbe ravvisarsi nel riconoscere agli algoritmi uno status giuridico quale partecipante ad un’associazione uomo-macchina. Una soluzione ottimale, auspicabile de lege ferenda, sarebbe configurare l’associazione stessa come centro giuridico di imputazione delle azioni, dei diritti e dei doveri — una soluzione, invero, con la quale ci si addentrerebbe in una terra incognita. Una soluzione minimale de lege lata, al contrario, consisterebbe nell’introduzione del concetto giuridico di scopo associativo, il quale potrebbe fungere da orientamento per l’interpretazione sia delle dichiarazioni negoziali degli agenti software sia per la ricostruzione dei loro diritti e doveri. Infine, la risposta al rischio di interconnessione sarebbe attribuire lo status al polo di rischi – con un processo definito autonomamente dallo stesso diritto della responsabilità – uno status che determini la posizione giuridica degli algoritmi nel contesto di un complessivo flusso di informazioni digitali e ancori la responsabilità del polo esclusivamente al risultato di una loro condotta illecita. Le nuove forme di status giuridico digitale per gli agenti software autonomi sono: (1) attore con soggettività giuridica limitata, (2) membro di una associazione uomo-macchina, (3) parte di un polo di rischio. … Perno dello status giuridico digitale è il riconoscimento degli algoritmi come attori capaci di agire in quanto provvisti di capacità giuridica limitata. Ma, al contempo, un siffatto status giuridico degli agenti software rende possibile una dogmatica coerente sia con la teoria del negozio giuridico che della responsabilità, senza dover elaborare ancora una volta finzioni insostenibili. E ciò non come esercizio teorico fine a sé stesso, ma per soddisfare l’imperativo che … anche nello spazio digitale l’eguale sia trattato in modo eguale e il diseguale in modo diseguale”

[49] V. nella Rivista online Segnidalcielo, del 24 Nov. 2020; al sito: https://www.segnidalcielo.it/progetto-avatar-riusciremo-raggiungere-limmortalita-umana-nel-2045/.

[50] Cfr. Ray Kurzweil, La singolarità è vicina, ed. Maggioli – Collana Apogeo, Santarcangelo di Romagna 2008; The singularity ist near, al sito: http://singularity.com/themovie/#.X7zbUM30nb0. L’a. sostiene la possibilità di prolungare la vita all’infinito, vincendo la morte attraverso l’intelligenza artificiale: infatti, una volta entrati nella Singolarità smetteremo di essere creature inermi e primitive, macchine di carne limitate nei pensieri e nell’azione dal corpo che costituisce il nostro attuale sostrato. La Singolarità ci permetterà di superare queste limitazioni dei nostri corpi e cervelli biologici. Acquisiremo potere sul nostro stesso destino. La nostra mortalità sarà nelle nostre mani … Va avvertito, però, che mentre Bill Gates era entusiasta di lui, altri lo considerano un imbroglione. Gli va, tuttavia riconosciuto di avere messo in risalto la possibilità dell’estensione della vita oltre il limite biologico; la quale, con l’impegno a salvare l’umanità dalla morte, oggi, è stata fatta propria dall’élite tecnologica della Silicon Valley. Miliardari come Peter Thiel, cofondatore di PayPal, definiscono la morte “il grande nemico”; la morte non è più vista come inevitabile ma come l’ultimo male da “distruggere”. Anche Google ha creato una società collegata, Calico, per combattere l’invecchiamento. Calico è nata proprio da un’iniziativa di Kurzweil. Il cui progetto di “immortalità” è strettamente congiunto alla sua visione di intelligenza artificiale; ad esso sta concentrando le sue energie intellettuali sia nel dibattito pubblico sia nella ricerca sul campo. Il progetto di Kurzweil, di “immortalità” è strettamente congiunto alla sua visione di intelligenza articiale, sulla quale sta concentrando le sue energie intellettuali sia nel dibattito pubblico sia nella ricerca sul campo; peraltro, l’a. ritiene che entro il 2029 un computer raggiungerà i livelli umani di intelligenza.

[51] V. supra nt. 33. Va aggiunto che i robot stanno diventando sempre piú ‘umanoidi’; infatti, come ha rilevato un ricercatore del Goete-Institut, “Le reti di ricerca internazionali stanno lavorando su robot che si muovono, si comportano e persino pensano sempre più come gli umani”: J. Zeller, Intelligenza artificiale. ROBOT UMANOIDI CHE BUSSANO ALLA PORTA; v. https://www.goethe.de/ins/it/it/kul/leb/mvm/21481185.html.

[52] V. supra nt. 42.

[53] In tal senso, al XVI Convegno Dell’Associazione Scienza & Vita del 2018, si è pronunciato il Cardinale Gualtiero Bassetti, Arcivescovo di Perugia-Città della Pieve e presidente della Cei, per il quale occorre affrontare la sfida di un “nuovo umanesimo” che sappia “umanizzare la tecnica, rendendola al servizio dell’uomo, e custodire la vita umana in ogni istante dell’esistenza”. Solo così si frenerà l’ascesa del “trans-umanesimo”, che promuove l’uso della scienza per aumentare le capacità fisiche e cognitive delle persone, fino ad arrivare ad una possibile trasformazione post-umana. Tano piú perché entro il 2029, i computer avranno un’intelligenza emotiva e sapranno essere convincenti come le persone. Ciò implica che questi androidi avranno una propria volontà esattamente come le persone, non saranno soltanto giocattoli da spegnere e accendere; v. il sito: https://www.firstonline.info/google-e-limmortalita-basteranno-200-pastiglie-al-giorno/, dove sono anche riportate le critiche e lo scetticismo manifestato da altri ricercatori intorno alle menzionate tesi propugnate da Kurweil.

[54] Daniele Magazzeni, Director of Autonomous Systems Lab, King’s College London, al menzionato convegno, ha osservato: “Quello che sta accadendo oggi con l’Intelligenza Artificiale (I.A.) è paragonabile a quello che è accaduto anni fa con la diffusione dell’elettricità. Da un lato l’I.A. sta permettendo di fare cose impensabili prima e sta potenziando le possibilità di ogni persona di interagire con la realtà. Dall’altro lato l’I.A. è ormai presente ovunque e, come con l’elettricità, la usiamo continuamente e spesso senza rendercene conto, è quasi “invisibile”.

[55] Secondo la congettura formulata Kurzweil, in futuro ci saranno microscopici nanobot in grado di modellare il cambiamento di qualsiasi cosa, persino congiungersi per formare schemi che imitano forme familiari di vita. Questa idea di creare un intero corpo virtuale con nanobot è però uno scenario del 2050. Ma entro il 2030 ci saranno milioni di nanobot nei nostri corpi per aumentare il nostro sistema immunitario, in grado di eliminare le malattie. Uno scienziato ha già curato il diabete di tipo 1 nei ratti con un dispositivo delle dimensioni di una cellula di sangue: v. nt. 50. L’a ritiene che già oggi vi è una stretta connessione uomo-robot, dato che “miliardi di persone che già interagiscono con dispositivi che sono nelle loro tasche”; v. al sito https://www.firstonline.info/google-e-limmortalita-basteranno-200-pastiglie-al-giorno/.

[56] D’altra parte anche quando ci sono mobilitazioni planetarie, come nel caso della lotta alle droghe e contro le guerre, si è dimostrato che il controllo dà risultati quasi irrilevanti e si dimostra inefficace. L’UE ha ipotizzato che si agisca in sede di concessione di brevetti per le applicazioni della AI: mi sembra, però, che sia un’illusione, poiché le AI e le loro applicazioni possono partire dai luoghi piú impensabili e fuori dall’ambito di azione dell’UE o di qualsiasi altro Organismo nazionale o internazionale.

[57] Già oggi essi sono non conoscibili, perché prodotto di industrie ed interessi privati (Google, Facebook, IBM ecc.), in grado di impedirne la conoscenza: non si riesce nemmeno a far pagare le tasse, proprio perché è impossibile dire dove siano localizzati!

[58] Possiamo chiederci se avrà senso parlare di proprietà per esseri che non necessitano né di cibo, né di abitazione, né di terreni etc, cosí come c’è da chiedersi che fine farà il diritto successorio quando lo stesso uomo-cyborg dovesse diventare immortale o, comunque, sopravvivere per secoli. Ed ancora, i sistemi pensionistici potranno sopravvivere? Gli scambi potranno basarsi sulle nozioni di ‘contratto’ quando avvengano tra algoritmi che non esprimano ‘volontà’; piú in generale le costruzioni basate sulla volontà negoziale e sulla consapevolezza (dolo o colpa) degli atti giuridici e della responsabilità civile e penale come potranno reggere?

[59] V. sopra nt. 16.

[60] E ancora, poiché si è focalizzata l’attenzione su Taranto, perché non si pensa alla produzione da idrogeno del grafene, che (essendo altrettanto resistente, ma più duttile e leggero) dovrebbe essere la struttura dei profilati, delle costruzioni, degli aerei e delle auto del futuro?

[61] Dalla bio-medicina agli usi persino invasi di tutti i giorni. Persino le decisioni di fronte al COVID-19 oggi vengono dettate non tanto dai politici o dai ‘tecnici’, quanto dagli algoritmi! Da ultimo v. Peter Dauvergne, A. I. in the Wild. Sustainability in the Age of Artificial Intelligence, Mit press, Cambridge (in Massachusetts) 1. Dic.2020, il quale afferma che la A. I. sono oggi indispensabili per salvare l’Ambiente. Oggi, evidenzia l’a. vi sono Robot che ricostruiscono la barriera corallina, sistemi informatici per monitorare la pesca illegale, cellulari riciclati come sensori nelle foreste: così l’hi-tech protegge la natura a basso costo.

[62] La démocratie continue, LGDJ – Bruylant, Paris 1995; e piú di recente: Radicaliser la démocratie Propositions pour une refondation, in Revue française de droit constitutionnel, 2019/4 (N ° 120), p. da 875 – 883. Nella stessa ottica, mi permetterei indicare un mio articolo: La democrazia ricorrente. Democrazia o oligarchia?, in Civitas et Lex, 2015/2(6), Uniwersytet Warmińsko-Mazurski W Olsztynie – University Of Warmia And Mazury In Olsztyn.

[63] Perciò, Reese, op. cit., ha ipotizzata l’avvento anche di una ‘quinta Era’. Chissà che proprio le AI non riusciranno a farci conoscere la materia oscura e la energia oscura, che non conosciamo, ma che certamente interagiscono con il piccolo puntino blu dell’Universo, costituito dalla Terra.

[64] V. Reese, loc. cit., partic. P. 306 ss. Magari fabbricheranno esseri di tipo umano migliori e che non si ammaleranno mai o chissà…

[65] Il documento vede, tra i firmatari, top manager di spicco del settore e autorità politiche: Brad Smith, presidente di Microsoft, John Kelly III, vice presidente di Ibm, Dongyu Qu, direttore generale della Fao, e Paola Pisano, ministra italiana per l’innovazione tecnologica. Viene affermato, inoltre, che vuole essere soltanto un punto di partenza: “La Rome Call non è un punto di arrivo, ma un inizio per un impegno che appare ancora più urgente”, come ha dichiarato monsignor Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia accademia per la vita.

[66] Viene espressa la consapevolezza che: “Oggi ci troviamo di fronte a una quarta rivoluzione industriale legata al diffondersi pervasivo di una nuova forma di tecnologia: l’intelligenza artificiale o AI. Come l’elettricità e l’elettronica, l’AI non serve per fare una cosa specifica; è destinata piuttosto a cambiare il modo con cui faremo tutte le cose. Come è possibile? Negli ultimi anni, grazie a computer sempre più potenti, è stata generata una enorme capacità di calcolo, disponibile a prezzi sempre più bassi. Contemporaneamente abbiamo iniziato ad ammassare una quantità di dati che continua a crescere a ritmi vertiginosi: negli ultimi due anni è stato creato il 90% dei dati mai generati nell’intera storia dell’uomo. Questi due fattori hanno reso funzionanti alcune famiglie di algoritmi che danno luogo al complesso mondo delle AI – un mondo sul quale gli scienziati ragionavano, almeno in forma teorica, fin dagli anni Sessanta”. Le conseguenze del cambiamento vengono, tuttavia e, direi, sorprendentemente minimizzate sostenendo che la rivoluzione che ne conseguirà segnerà la fine della middle class.

[67] Cfr. il sito: https://www.partnershiponai.org/.

[68] Sulla rivista Nature, un anno fa Yochai Benkler, professore di diritto a Harvard, ha affermato: “Se progettati esclusivamente per fini di lucro, gli algoritmi divergono necessariamente dall’interesse pubblico”.

[69] V.: marco Grieco, in Wired del 20 Ott. 2020, al sito: https://www.wired.it/attualita/tech/2020/11/23/vaticano-intelligenza-artificiale-malware/?utm_source=news&utm_campaign=daily&utm_brand=wi&utm_mailing=WI_NEWS_Daily%202020-11-23&utm_medium=email&utm_term=WI_NEWS_Daily; il quale con un articolo dal titolo provocatorio: Ma liberaci dal malware: ora il Vaticano punta sull’intelligenza artificiale, ricorda che Papa Francesco ha più volte parlato di internet. Lo ha fatto nel 2014, in occasione della 48esima Giornata delle comunicazioni sociali: “Internet può offrire maggiori possibilità di incontro e di solidarietà tra tutti, e questa è cosa buona, è un dono di Dio”. Ma è stato anche lui a chiedere “discussioni aperte e concrete” sull’utilizzo dell’IA due anni dopo, quando ha riunito in Vaticano i top manager di Facebook, Linkedln, Mozilla e Western Digital per parlare delle “implicazioni sempre più significative dell’intelligenza artificiale”. Nell’evento durato tre giorni, papa Francesco ha ribadito la necessità di principi morali nell’uso delle tecnologie implicate nella promozione di idee che minacciano il bene comune: “Ciò porterebbe a una forma di barbarie dettata dalla legge del più forte” disse allora. La sua idea del digitale è passata a toni apocalittici nell’ultima enciclica Fratelli Tutti, in cui il virtuale è visto come un mondo disinibito e manipolatorio: “Operano nel mondo digitale giganteschi interessi economici, capaci di realizzare forme di controllo tanto sottili quanto invasive, creando meccanismi di manipolazione delle coscienze e del processo democratico.

[70] Nel citato articolo il Grieco osserva: “Ma l’Ia potrebbe essere anche una sfida alla religione cattolica. Su The Atlantic, Jonathan Merritt la definisce “la più grande minaccia per la teologia cristiana dai tempi de L’Origine delle specie di Charles Darwin”. Per una dottrina fondata su verità teologiche come il concetto di anima e natura umana, che implicazioni può avere ammettere l’esistenza di una intelligenza artificiale? Prendiamo Hiroshi Ishiguro, lo scienziato giapponese che ha realizzato una copia esatta di sé stesso, un androide. Ishiguro è stato invitato in Vaticano a febbraio scorso a un workshop sulla robo-etica. Per Mike Mchargue, autore del libro Finding God in the waves: how I lost my faith and finding it again through science, “se hai un’anima e crei una copia fisica di te stesso, presumi che anche la tua copia fisica abbia un’anima”: un tema spinoso. Non sembra casuale che iniziative riguardo l’Ia siano state intraprese dalla Pontificia accademia per la vita, un organo che fino a qualche anno fa si occupava di temi come l’aborto, piuttosto che da istituzioni più scientifiche come la Pontificia accademia delle scienze. Recentemente, l’Accademia è entrata in contatto con il Deta, il Dipartimento europeo per la tutela dell’androide: “Un punto di contatto c’è già stato: ci sono rosari automatizzati e robot confessori” spiega Matteo Paloni, tra i membri del Deta: “Per la raffinatezza di alcuni impulsi elettrici, noi consideriamo l’androide come possessore di una scintilla di coscienza” aggiunge. Sarebbe il caso di dire, Deus ex machina.

[71] Lapidariamente, in un’intervista al The Sun il futurologo Ian Pearson, chartered fellow della British Computer Society e fellow sia della World Academy for Arts and Science e della World Innovation Foundation, ha ipotizzato che almeno nel 2050 (un po’ di là dal termine previsto da Itskov) la morte potrebbe essere vinta, ma da parte di chi sia molto ricco, poiché il costo dei corpi robotici, in cui potremo trapiantare la nostra coscienza quando il nostro corpo biologico sarà deceduto, sarà così elevato che solo una élite mondiale potrà concederselo; v. al sito: https://www.tomshw.it/altro/nel-2050-saremo-immortali-si-ma-solo-se-ricchi/.

Sebastiano Tafaro

Il professor Sebastiano Tafaro classe 1936 è nato a Minervino Murge in provincia di Bari ed è Onorario dell'Università degli Studi di Bari. Animatore e co-conduttore di una serie di dibattiti politici storici e filosofici.