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17 dicembre 1988, il ministro della pubblica istruzione, Giovanni Galloni in un intervento al convegno sulla «Condizione studentesca e diritto allo studio nell’Università italiana» lancia un allarme : “pochi laureati in Italia”.
La crisi universitaria insomma, era già nell’aria nel 1988, con alcune differenze, il governo di allora, voleva investire sull’università Italiana per permettere agli studenti di formarsi e progettare un futuro stabile, il governo di oggi invece, nonostante il grande numero di iscritti all’università continua a tagliare fondi e a non investire sul futuro degli studenti .
Le conseguenze sfociano in una fuga di cervelli collettiva, infatti, se per Galloni era importante incrementare le iscrizioni all’università Italiana per “mettere il Paese in condizione di sostenere il confronto con le maggiori potenze economiche mondiali” , per il ministro attuale, MariaStella Gelmini è opportuno tagliare i fondi all’università e dunque alla ricerca, ridurre i corsi di laurea e rendere i corsi a numero chiuso.
Gli studenti che fuggono altrove e per la maggior parte delle volte all’estero aumentano di giorno in giorno perché ogni giorno gli viene negata la possibilità di investire su se stessi e di poter progettare un futuro che gli permetta di poter vivere in maniera più o meno stabile.
Ogni anno sono più di cento i ricercatori che fuggono dal nostro paese, per L’Italia, soprattutto per questa Italia, la perdita è notevole e non riguarda soltanto un fattore economico, che ammonta a quasi quattro miliardi negli ultimi 20 anni, ma anche ad un fattore di ricchezza culturale e scientifica.
Nelle ultime settimane e ancora oggi, gli studenti Italiani stanno scendendo in piazza per rivendicare i propri diritti e per evitare che ci siano ulteriori tagli ai fondi per la ricerca e ulteriori cambiamenti ad una riforma studentesca che già non poggiava su pilastri ben saldi.
Il sistema scolastico è in stato di allerta perché ogni cambiamento “nuoce gravemente alla formazione culturale degli studenti”, si legge “forte e chiaro” nella lettera aperta “all’opposizione sociale, alla società civile, ai cittadini in lotta contro la crisi ed il governo” scritta dagli studenti e dalle studentesse della Rete della Conoscenza (Unione Degli Studenti, Link Coordinamento Nazionale Universitario ) che invitano tutti gli studenti , i lavoratori e non solo a scendere in piazza il 14 dicembre, giornata di mobilitazione nazionale:
“Centinaia sono le scuole e le università occupate, migliaia gli studenti e le studentesse che hanno inondato le piazze negli ultimi mesi, contro la più grande rapina della storia del nostro paese: il furto del nostro futuro. Paghiamo la precarietà come condanna esistenziale. Nello studio come nel mondo del lavoro le nostre vite sono ridotte a merce da sfruttare per ingrassare i portafogli di chi ha provocato la crisi. Le nostre scuole e le nostre università sono sommerse dalle macerie prodotte da vent’anni di politiche scellerate, di tagli e finte riforme che hanno ridotto l’accesso alla conoscenza ad un bene esclusivo per pochi che nonostante la possibilità di conseguire un titolo di studio sono costretti ad emigrare, a fuggire dal disastro economico, sociale e civile in cui versa il nostro paese.
Siamo studentesse e studenti, indignati nei confronti dell’attacco ai diritti generalizzato in tempi di crisi che colpiscono noi, il mondo del lavoro e dei beni comuni. Hanno tentato di isolarci, di dividerci, di metterci ai margini della società. Ci mobilitiamo perché vogliamo uscire da questa marginalità e riprenderci il diritto a cambiare la politica e a riconquistare un presente e un futuro all’altezza dei nostri sogni, di essere realmente liberi dalle nuove schiavitù. L’attacco che subiamo nelle scuole e nelle università è lo stesso che propone la Confindustria agli operai di Pomigliano, è lo stesso che subiscono le popolazioni campane sommerse dai cumuli di immondizia, è lo stesso delle popolazioni aquilane prese per i fondelli dall’illusione della “ricostruzione”, è lo stesso degli immigrati di Brescia saliti su una gru ed espulsi appena scesi.
Il governo Berlusconi sta per cadere. Forse è già caduto: a prescindere dall’esito del voto parlamentare del 14 dicembre, il blocco sociale che ha irresponsabilmente sostenuto il governo finora si è sgretolato, sotto i colpi degli scandali sessuali, della corruzione ostentata. La fine di questo governo, che definiremmo ridicolo se non fossero tragiche le conseguenze del suo operato sulla vita di tante donne e uomini, non può che essere una buona notizia per qualsiasi cittadino, e come tale va celebrata.
La liberazione che meritiamo richiede un risveglio collettivo, richiede la rivolta pacifica e determinata di chi è stanco di essere suddito, richiede che noi, uomini e donne che vivono in questo paese, scendiamo in piazza per sfiduciare davvero Berlusconi. Non aspettiamo Fini o suoi simili, non appendiamoci ancora una volta all’effimera volontà di parlamentari comprati e venduti come vacche da latte, non sottoponiamoci al supplizio di dover assistere da spettatori al tragicomico spettacolo che è diventata la nostra democrazia. La vera opposizione siamo noi, come abbiamo ampiamente dimostrato nelle tante lotte che abbiamo condiviso negli ultimi anni, nel grande silenzio della “grande politica”.
Il 14 dicembre saremo in piazza in tutta Italia ma non ci limiteremo a sfiduciare il governo, al contrario, dimostreremo che noi, generazione precaria e senza futuro, non siamo sfiduciati. E’ arrivato il momento di passare dalla resistenza alla riscossa. Sosteniamo l’appello lanciato dal percorso “uniti vs la crisi” che convoca le iniziative per quella data, lo raccogliamo e lo rilanciamo all’interno dei territori, nelle scuole e università perché convinti che la mobilitazione per il 14 si debba allargare e moltiplicare con l’obiettivo di un’ampia partecipazione popolare."
Per altre informazioni : http://www.linkbari.it/