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Ne “Il diario di Lela – Storia di ordinari abusi” di Michael Weinberg si racconta una di quelle vicende che non si vorrebbero mai ascoltare: quella di una donna costretta a subire abusi mentali e fisici da parte di uomini senza morale. Lela non è solo il nome della protagonista della storia di Michael Weinberg: è infatti lo pseudonimo sotto cui si cela una persona reale, che ha deciso coraggiosamente di condividere con lo scrittore e con noi lettori la sua dolorosa esperienza di vita. Quest’opera diventa quindi una preziosa occasione per puntare i riflettori sulla violenza contro le donne, e per ricordare l’importanza di denunciare e di non arrendersi agli abusi. Lela attraversa l’inferno ma trova la forza di ribellarsi e di riprendere in mano la propria vita; le costa un sacrificio immenso ma si rialza, e decide anche di raccontare la sua storia per non far sentire sole le altre donne vittime di violenza – «costrette nel quotidiano silenzio del proprio dolore». È una vicenda ispirata a fatti realmente accaduti e per questo fa ancora più male leggerla e avvicinarsi alla protagonista: conoscere le orrende esperienze di Lela, e soprattutto rendersi conto delle conseguenze tragiche delle violenze sulla sua psiche, non è semplice ma è necessario che si acquisisca sempre maggiore consapevolezza su questa tematica delicata. Ciò che rende l’opera ancora più intensa è la pubblicazione di stralci dei diari di Lela: senza il filtro apposto dallo stile narrativo dell’autore è ancora più doloroso affrontare questa vicenda, che viene esposta direttamente dalla stessa protagonista. È un racconto drammatico, che ha inizio quando Lela ha solo quindici anni e viene abbandonata dal padre, per poi continuare con la cronaca delle tante violenze che è costretta a subire; nelle pagine dei diari troviamo lo smarrimento, la paura, la vergogna e i sensi di colpa di una giovane donna sfinita, con la mente e il corpo massacrati. Nel corso del tempo, infatti, Lela diventa sempre più assente – «Non piango più. Sono un nulla. Un contenitore rivestito di pelle nelle mani di altri. Quando sono lucida, sento che questa non è la mia vita. Odio questo corpo che non riesco a controllare. Odio non provare più emozioni, sentimenti»; spesso, però, è solo quando si tocca il fondo che si può ricominciare a risalire: Lela combatte, si appoggia all’unica persona che le dimostra affetto e metro dopo metro risale finalmente verso la luce, e verso la salvezza.