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L’attenzione internazionale negli ultimi giorni di questo febbraio è tutta indirizzata verso lo scoppio del conflitto tra Russia e Ucraina in seguito al riconoscimento formale delle Repubbliche di Donetsk e Lugansk.

Putin, leader incontrastato della federazione, ha deciso di sollevare il livello dello scontro con l’occidente tanto che i media occidentali avevano già iniziato a parlare dell’inevitabilità del conflitto, che ha visto i primi bombardamenti nella notte tra mercoledì e giovedì, e a chi attribuirne ragioni e torti.

Per favorire l’idea della “grande riunificazione” dei territori Russi, che ritornerebbero sotto il controllo della madre patria dopo essersi resi indipendenti con il crollo dell’Unione Sovietica, sembra prendere corpo il Putin-pensiero: l’Ucraina, la Bielorussia, la Georgia, ecc, territori storicamente legati a Mosca considerati de facto Russi, culturalmente Russi…

L’idea di Russia nasce attorno all’anno 1000 proprio a Kiev, nell’attuale Ucraina, e la forte impronta cristiano-ortodossa associata alla Nazione deriva dal rifiuto di divinità pagane del principe di Kiev, Vladimiro I, e della successiva conversione ed espansione del cristianesimo nei territori sovietici.

Di certo le tensioni tra i popoli coinvolti possono avere radici storiche profonde; tra Ucraina e Russia i problemi sono radicati, ma hanno spesso rappresentato un pretesto per giustificare delle scelte politiche, militari, strategiche e di gestione del potere che poco hanno a che fare con i fatti storici. In questo caso specifico la “versione” dei popoli Russi i quali devono essere tutti uniti e dell’espansione orientale della NATO andrebbero messe da parte, come fossero i colori di un immagine che anche in bianco e nero risulta piuttosto nitida.

In questa immagine c’è un Ucraina che da tempo cerca di svincolarsi dall’orbita di Putin, bravo a legare tutto a se stesso in chiave padronale e si avvicina non tanto alla NATO quanto all’Unione Europea, ai suoi popoli, alla sua influenza, alle sue dinamiche politiche, così diverse da quelle Russe ed ai suoi mercati; il focus è sempre l’Unione che con il suo modello, imperfetto e complesso ma comunque ben strutturato, rappresenta il vero pericolo per l’apparato Russo poiché sfida un sistema di potere verticistico, in cui tutto passa dalle mani di pochissimi e c’è un uomo solo al comando.

Il modello Europeo non può assolutamente avvicinarsi alla Russia perché da sempre il timore di Putin è che il suo archetipo di leadership possa essere messo in discussione; non bisogna dimenticare che l’attuale governo ha cercato in ogni modo attraverso mezzi diplomatici, militari, cibernetici, commerciali e politici di spaccare e creare forti contrasti non verso i paesi della NATO, che sono tantissimi e non hanno interesse a rappresentare una minaccia militare nei suoi confronti, ma verso i paesi dell’Unione Europea per eroderla dall’interno e metterne in discussione i metodi democratici favorendo partiti euro-scettici e diffondendo fake news; non teme i missili ma l’UE ed il modello che rappresenta, e solo capendo il movente si possono intuire le dinamiche del delitto.

Utilizziamo le parole della conferenza stampa presidenziale di lunedì per tracciare un quadro delle giustificazioni dello svolgersi degli eventi. Il presidente Russo riconosce formalmente l’indipendenza delle Repubbliche di Donetsk e Lugansk situate nel territorio Ucraino del Donbass, annettendole all’influenza socio-economica Russa, strappandole all’Ucraina che si vede asportata via una parte di territorio in seguito alla firma di un documento. Il lungo discorso si compone di due macroaree: nella prima il leader Russo si lancia in una lezione di storia, più o meno revisionista a seconda dei punti di vista, nella seconda si focalizza sull’Ucraina e sui rapporti con la NATO dando un avvertimento all’occidente sull’evoluzione del conflitto.

Il primo punto affrontato è che l’Ucraina non sia solo una nazione vicina, ma una parte letterale e spirituale della storia Russa stretta ad essa da legami di sangue e culturali, nulla di nuovo nella retorica di inclusione territoriale sovietica ma che acquista un senso diverso in seguito all’affermazione che l’esistenza stessa della nazione Ucraina sia una sorta di aberrazione esistente solo nell’immaginario collettivo degli Ucraini, indicando il colpevole nella deriva federativa voluta da Lenin e proseguita da Stalin che ha portato al riconoscimento della specificità regionali, alla frammentazione dell’Impero Russo ed all’instaurarsi di politiche nazionaliste locali che hanno indebolito quello che era stato un grande esempio di unità. Putin con il suo discorso descrive la parentesi sovietica come una deviazione da un passato glorioso ancora più remoto, presentandosi come il nuovo Zar che riporterà la Russia a quei tempi d’oro.

In queste dinamiche assolutiste è necessaria l’individuazione di un “nemico” potente e monolitico ma anche insidioso e viscido, che nel nostro caso è rappresentato dall’occidente; Putin sottolinea che la Russia abbia accettato e supportato l’indipendenza della nazione, nel mentre gli oligarchi Ucraini avrebbero utilizzato i rapporti con la Russia come arma di negoziazione con le potenze occidentali, tradendo i propri legami e pensando solo alle prospettive economiche, politici corrotti che quindi avrebbero portato al punto di non ritorno alleandosi con le potenze straniere.

La seconda parte del discorso è ben più pratica e si passa al vittimismo riguardo la discriminazione che la popolazione Russa avrebbe subito in Ucraina e su come questi atti persecutori lo avrebbero obbligato all’azione militare; il Paese inoltre costituirebbe una minaccia atomica in quanto starebbe utilizzando le conoscenze e le tecnologie derivanti dal suo passato nucleare per produrre pericolose armi supportata economicamente dalle potenze occidentali della NATO, punto interessante perché l’Ucraina ha volutamente dismesso queste tecnologie nel 1994  in seguito al trattato di non proliferazione nucleare (TNP).

Il leader Russo prosegue accusando la NATO di aver già assimilato le proprie truppe a quelle Ucraine e le esercitazioni militari dello scorso Novembre ne sarebbero la prova dato che avrebbero portato migliaia di truppe a stazionare nel paese, la stessa identica accusa mossa dall’occidente alla Russia che quindi si sarebbe giustificata portando a riprova il comportamento ipocrita della NATO che sin dalla riunificazione delle due Germanie avrebbe spinto sempre più a est i propri confini.

Putin rivela inoltre che all’inizio degli anni 2000 la Russia fosse in tali buoni rapporti con l’occidente, decisa a mettersi alle spalle il retaggio della guerra fredda, da chiedere al presidente Clinton come avrebbe visto una possibile entrata del paese all’interno del blocco Atlantico ricevendo apparentemente un’accoglienza molto fredda della proposta.

Sul finire del discorso il Presidente dice letteralmente che se ci sarà un “bagno di sangue” la colpa sarà esclusivamente di Kiev e le condizioni per proseguire il dialogo sono le ormai famose tre: nessuna espansione della NATO ad est, nessuna arma straniera al confine con la Russia ed il pressoché impossibile ripristino di tutte le infrastrutture militari a come erano fino al 1997 quando Russia e NATO stilarono gli accordi di sicurezza e cooperazione, azione che porterebbe però stati come Estonia, Ungheria, Romania, Polonia, Rep. Ceca, ecc…a non essere più protetti dalla NATO, opzione non percorribile vista la nonchalance con cui la Russia tende ad annettere nuovi territori al proprio.

Per concludere all’interno dell’UE c’è stata una generale condanna nei confronti della Russia: il Presidente del consiglio Europeo Michel e la Presidente della commissione Europea Von Der Leyen hanno pubblicato una brevissima dichiarazione con cui condannano fermamente la decisione di Putin segnalando una violazione del diritto internazionale e annunciando nuove sanzioni per diversi membri della Duma (camera dei deputati della Federazione Russa). Il Cancelliere Tedesco Scholz ha annunciato di aver interrotto il processo di approvazione del nuovo gasdotto Nord Stream 2 che avrebbe portato più gas nella regione Europea proprio dalla Russia, il Presidente Macron e il Primo Ministro Johnson hanno annunciato nuove sanzioni (va sottolineato che tutti e tre sono appartenenti a movimenti politici molto diversi tra loro) ed anche il nostro Primo Ministro Draghi ha condannato il gesto di Putin, dopo aver auspicato però che dalle sanzioni alla Russia fosse escluso il comparto del gas naturale data la forte dipendenza energetica del nostro paese.

In queste ore di apprensione non possiamo far altro che osservare l’evolversi di  un conflitto che ha già provocato le prime vittime, tra soldati e civili, speranzosi che una via diplomatica condivisa sia una possibilità concreta per la soluzione repentina delle tensioni.

Stefano Nini Romanazzi

Redazione

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