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L’ultima volta che il palco del Teatro Kursaal Santa Lucia si vestì a festa per una proiezione cinematografica era il lontano 2011.
Il film era “Baarìa”, una tra le punte di diamante della cinematografia di Giuseppe Tornatore con l’immancabile colonna sonora di Ennio Morricone a suggellare un sodalizio artistico durato più di 30 anni di trionfi e successi.
Oggi il Kursaal riapre con un commovente omaggio alla memoria di un grande Artista ed un grande Maestro, l’uomo simbolo del Bifest del 2019, l’ultimo senza mascherine, l’ultimo degli abbracci e delle strette di mano, l’ultimo prima che il globo venisse risucchiato in una spirale di dolore e difficoltà, l’ultimo con il Maestro in vita…come in un segno del destino, profetico del futuro che ci avrebbe atteso.
“Ennio” di Giuseppe Tornatore non è solo un omaggio che ripercorre con stile documentaristico la vita e le azioni di un grande compositore, è un inno alle arti ed alla cultura, una chiave di volta che scava nell’intimità di un Maestro ineguagliabile, geniale quanto taciturno, dinamico quando razionale, amante del silenzio quanto “artigiano” di melodie e suoni inconfondibili, divenute pietre miliari di capolavori della settima arte.
Fin dall’infanzia Ennio è orientato a studiare medicina ma la volontà del padre di iscriverlo in conservatorio è decisiva per indirizzare il giovane.
In Conservatorio la profonda stima riposta nel giovane Ennio dal maestro Goffredo Petrassi, suo mentore, sarà determinante per la sua crescita umana e professionale.
Petrassi sarà spesso critico per la decisione di Morricone di prestarsi al cinema piuttosto che alla pura musica da camera, giudizio che peserà su Ennio a tal punto da spingerlo a fare musica per espiare quell’apparente “colpa”.
Negli anni di carriera del Maestro, Tornatore si avvale delle testimonianze di figure illustri del panorama artistico e culturale dall’Italia agli States. Così fra aneddoti, complimenti, ricordi e commozione sullo schermo sfilano Gianni Morandi, Dario Argento maestro del terrore, Sergio Leone ed i suoi “spaghetti western”, il duro Clint Eastwood (nelle sue celebri interpretazioni in “Per un Pugno di Dollari” o “Il buono, il brutto e il cattivo”) che racconterà quanto a Morricone fosse riuscita l’impresa di “drammatizzarlo” grazie alle sue colonne sonore (la stima fra i due è talmente solida che Eastwood, da sempre in rotta di collisione con le ipocrisie Hollywoodiane, sarebbe tornato ad una Cerimonia degli Oscar nel 2006 solo per premiare la carriera del grande Morricone), Bruce Springsteen ed i suoi concerti, Wong Wai e Quentin Tarantino (regista grazie al quale ottenne al sesto tentativo l’agognata statuetta per le note di “The Hateful Eight” e con cui avrebbe replicato “Rabbia e Tarantella” e la traccia “Un amico” di “Revolver 1973” nel capolavoro “Bastardi senza gloria”), ed altri illustri colleghi compositori da Piovani a Bertolucci, passando per Williams ed Hans Zimmer (“nessuno di noi sarebbe esistito senza Morricone”- ricorda un commosso Piovani).
Il coro di omaggio al maestro è spesso concorde nel ricordarne i tratti distintivi. Morricone era un uomo schivo, pacato, riflessivo e razionale, estremamente riservato ed un genio assoluto capace di comporre senza l’utilizzo di strumenti musicali di accompagnamento e contemporaneamente di gestire una partita di scacchi contro il suo regista o collaboratore di turno senza guardare quei riquadri, metafora di vita, e che il Maestro ricorda “di aver avuto sempre in mente”.
“Ennio” di Giuseppe Tornatore è un’esperienza sensoriale senza eguali, che onora 30 anni di legami umani e professionali del regista con Morricone, cominciati con “Nuovo Cinema Paradiso” .
Un docufilm essenziale ed elegante come un ultimo concerto accompagnato dai ricordi e dalle parole di un Maestro spesso restio alle telecamere ed al grande palcoscenico, ma che per la musica prodotta era un vulcano di idee di una profondità e sensibilità emotiva ed artistica di raro spessore.
È un metronomo quello che apre l’opera di Tornatore, un metronomo in cui si fondono estro, creatività ed educate logiche e geometrie che pochi interpreti come Ennio Morricone avevano nella mente e nel cuore ed erano in grado di trasmettere.
Dopo 163 minuti di immersione nella vita di un genio eterno ed inimitabile la commozione è tanta e la relativa e duratura standing ovation è una naturale conseguenza.
Ma avendo conosciuto il Maestro in maniera così esclusiva ed intima, gli spettatori di “Ennio” probabilmente dovrebbero comprendere che agli applausi preferiva sempre e comunque il silenzio della creatività, della riflessione come incubatrice del suo encomiabile lavoro.
Come spesso amava affermare: “Purtroppo sono talmente scettico sulle congratulazioni che mi fanno, che penso soltanto se ho fatto il mio dovere.”
A cura dell’inviato Alarico Lazzaro