Tempo di lettura: 4 minuti
Circa 6 milioni di anni fa, tempo in cui è vissuto l’antenato comune tra noi e gli scimpanzé, inizia la storia evolutiva dell’umanità e si sviluppa con l’incessante attività migratoria compiuta dalle specie, in un lento ma costante processo di popolamento planetario, dove i fattori climatici e ambientali condizionano l’insediamento degli individui, la loro sopravvivenza e proliferazione. Una lunga storia che ha visto estinguersi alcuni in favore di coloro i quali, appena 200 mila anni fa, hanno portato il genere Homo della specie Sapiens ad essere ancora oggi il dominatore incontrastato del mondo. Il percorso evolutivo dell’umanità è tutt’altro che lineare. Piuttosto va visto come un enorme puzzle scomposto di cui gli studiosi raccolgono pezzi da analizzare, datano i ritrovamenti, confrontano i dna dei reperti fossili, prendono informazioni genetiche dai mitocondri, evidenziano differenze e analogie per tracciare le mappe della varietà e dell’unità del genere umano. Gli evoluzionisti parlano proprio di un intricato cespuglio senza soluzione finale, dove ogni nuova scoperta fatta può confutare quanto ritenuto vero sino ad allora. Ad ogni buon conto, cosa certa è che non sia esistita un’unica specie abitante la terra in un periodo determinato, che così isolata e autonoma si sia evoluta. Il cammino è stratificato, scandito dalle continue migrazioni degli individui nel tempo e nello spazio che pare partano, però, sempre dall’Africa, il luogo di nascita delle diverse specie Homo. Così, ironia della sorte, nel continente nero inizia il perpetuo migrare dell’uomo sulla terra. In particolare, nella Great Rift Valley del Corno d’Africa verso oriente e nel Sud Africa, in tempi remoti scimmie antropomorfe, esseri quadrupedi, bipedi e varie forme di Homo convivevano e si ibridavano. Tra i 6 e i 3 milioni di anni fa esistevano l’Australopithecus afarensis e garhi, l’Ardipithecus kadabba e ramidus, nel sud Africa un’australopitecina addirittura in possesso di alcuni caratteri tipicamente umani, come il bacino sviluppato indice di abile bipedismo. L’Homo discende dagli Hominini, sottocategoria di Ominidi da cui discendono anche i nostri cugini scimpanzé e gorilla, il cui genoma differisce solo dell’1% dal nostro. Circa 2,5 milioni di anni fa, grazie ad un’alterazione climatica dell’ecosistema (le foreste pluviali si ritirano e avanzano sterminate praterie) i nostri antenati si specializzano nel bipedismo, con minore superficie corporea esposta al sole; con ampia visibilità degli spazi e sguardo che sovrasta i prati per meglio difendersi e cacciare; con mani libere che acquisiscono maggiori abilità. L’affinata capacità locomotoria spinge i primi gruppi umani oltre i confini africani ad esplorare l’ignoto per curiosità, direbbe Cavalli-Sforza, ma anche alla ricerca di altri luoghi dove cibarsi, dimorare e moltiplicarsi. Quindi oltre l’uomo, nessun’altra scimmia migra! La storia migratoria dell’umanità è un vasto processo definito Out of Africa, diviso in 3 grandi diaspore che coprono 2 milioni di anni di rotte percorse dalle prime specie Homo verso il Medio Oriente, crocevia da un lato per l’Asia e dall’altro per l’Europa. Questi flussi hanno generato un’espansione ramificata di individui tipicizzati sulle terre emerse, che gli studiosi chiamano radiazione adattativa. Tra 2 e 1,5 milioni di anni fa, gli abili camminatori della prima diaspora sono l’Homo ergaster, l’H. georgicus, l’H. erectus, l’H. antecessor, specie estinta 600 mila anni fa per una glaciazione. Tra 800 e 150 mila anni fa, protagonista è l’Homo heidelbergensis, sopravvissuto finché non si confuse con dei pre-sapiens ed entrato in contatto in Medio Oriente con gli erectus. Ne derivano commistioni tra diverse popolazioni che si sono susseguite generando sottospecie umane. Via via si giunge alla terza e ultima diaspora, 125 mila anni fa, epoca recente rispetto ad una storia di 2 milioni di anni, quando una nuova specie evoluta inizia ad espandersi prepotentemente per ramificarsi fuori dall’Africa e conquistare velocemente il vecchio mondo. Ed eccoci qui, 200 mila anni fa compare l’Homo sapiens, discendente dell’eidelbergensis e cugino dell’Homo neanderthalensis. Gli aggressivi sapiens e i pacifici neanderthal hanno convissuto mescolandosi biologicamente. Volenti o nolenti, la verità è che oggi, noi, altro non siamo che dei meticci, con il 15% del genoma neanderthaliano! Ma i neanderthal si sono estinti in soli 3 mila anni, nonostante la corporatura slanciata, l’espansione cerebrale, una struttura sociale complessa. E’ inarrestabile l’avanzata dei sapiens, specie ad aver sviluppato maggiormente la massa cerebrale nei lobi frontali, responsabili del pensiero logico-razionale e di ogni processo cognitivo. Come sostiene Telmo Pievani, l’evoluzione è veicolata dalla complessità sociale, che determina la complessità cerebrale e dall’intelligenza simbolica, che diventa caratterizzante solo nei sapiens 40 mila anni fa. Chiudiamo gli occhi ed immaginiamoci all’epoca, in gruppi organizzati di cacciatori nomadi in accampamenti ben strutturati, padroneggiamo il fuoco, iniziamo a concepire l’arte in pitture rupestri, la danza, la scultura, la musica con i primi flauti, seppelliamo ritualmente i defunti, osserviamo la natura per governarla e sfruttarla, adeguandola alle nostre necessità. Poi apriamo gli occhi e guardiamoci ora, di sicuro sapiens e migranti restiamo, ma le ragioni per cui ci siamo affermati come unici nel nostro genere restano ancora da definire.