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Abbiamo incontrato Gianluca Dankan a Roma. L’artista, originario di Galatina, e’ membro dell’Accademia Apulia UK. E’ diventato un londinese di adozione, tantissime sono state le sue opere acquistate dalla high society e particolari sono i suoi soggetti.
Quanto della cultura Barocca radicata nelle sue origini pugliesi rientra ed influenza le sue opere?
Moltissimo! La cultura mistica del Barocco Leccese, il suo simbolismo, le sue architetture tra sporgenze concave e rientranze convesse, hanno formato il mio modo di vedere il mondo. Osservare un contadino che brinda con il suo vino all’ombra di un ulivo seduto su un muretto a secco, le feste di paese e le luminarie in piccole stradine lastricate di pietra leccese, è un bagaglio culturale in rinunciabile per tutti i pugliesi.
Nel 2007 ha creato la collezione "Sex and Vatican" che e’ stata subito censurata per i contenuti considerati altamente blasfemi e dissacranti, e che le e’ costato il nome di Reverendo dadaista. Cosa spinge la sua arte ad un confine così estremo?
Non è la mia arte ad essere estrema, è la vita ad esserlo. I casi di pedofilia clericale, le guerre preventive, soprusi su prigionieri di guerra a Guantanamo, sono elementi che un artista non può ignorare. Deve analizzarli e denunciarli sotto forma di arte, alla propria contemporaneità. Nella mia visione, l’Artista ha il compito di descrivere pregi e difetti la propria società.
La critica ha un ruolo fondamentale nel veicolare la diffusione dell’arte, qual e’ stato l’effetto dei critici sulle sue espressioni artistiche?
Se dovessi attribuire un’ immagine iconografica al ruolo della critica, di sicuro sarebbe quella della belva a sette teste, descritta nel libro dell’apocalisse di san Giovanni, nel vecchio testamento.
Per me la vera critica, è quella che viene da gente semplice, che guarda una mia opera e mi da la sua personalissima emozione, attraverso mimiche facciali, parole, le proprie pose che prende mentre osserva.
Molti critici pensano per “mode”, altri invece sono più illuminati e capiscono realmente il gesto artistico e il lavoro dell’artista, per carpirne le sue provocazioni ed i suoi riferimenti.
Così come nell’arte barocca, la plasticità delle figure che rappresenta viene evidenziata dalla particolare illuminazione che teatralmente sottolinea i volumi dei corpi che escono improvvisamente dal buio della scena. Buio che crea o buio che distrugge?
Direi più “luce che illumina”. La luce non esiste in assenza di buio, il buio non è tale se non entra in rapporto con la luce. Kubrick ci insegna che una stanza immensamente illuminata ed delle pareti completamente bianche, conferiscono molta più “paura” in chi guarda. Caravaggio, ci dimostra come il buio è un elemento essenziale nella vita. Il buio non crea e non distrugge. E’ un elemento naturale che fa parte di ogni uomo, la cosa importante è trovare il proprio raggio di luce, che illumina il proprio buio.
Come potrebbe definire il periodo artistico nel quale opera? Quali sono le differenze rispetto al passato? E, quali le novità tecniche?
Se dovessi definire il periodo artistico nel quale vivo, direi, frettoloso e malinconico. Se dovessi definire il periodo artistico in cui propongo il mio lavoro, non avrei una risposta per questa domanda.
Le differenze con il passato, sono di contenuti. Superata la fase del “concettuale”, credo che attualmente l’artista è propenso a promuovere se stesso, tramite il proprio lavoro. Magari influenzato da una cultura fatta di style, mode, e televisione. Credo che si sia un po’ perso, in alcuni stili ed in alcuni artisti, il messaggio artistico.
Non ci sono nuove tecniche, rispetto al passato. Ma solo l’utilizzo di nuove strumentazioni, tra queste il computer ed il digitale. Il prodotto finale, foto, quadro, architettura, design, poesia, è sempre dettata da concetti ,storicità e passioni. Sono fermamente convinto che se Leonardo da Vinci lavorasse nel XX secolo, di sicuro avrebbe utilizzato una tavoletta grafica. Michelangelo, avrebbe usato Autocad 2d/3d per progettare la cupola Vaticana. Caravaggio sarebbe stato un fotografo.
Il prodotto è dettato da visioni, suggestioni e poetica.
Definire il digitale come nuova tecnica sarebbe una riduzione del prodotto. Sarebbe come scrivere una poesia con word, e definirla una poesia in inchiostro digitale. La poesia, rimane sempre poesia.
Come spesso accade nella vita degli artisti si passa attraverso diverse correnti artistiche che portano alla creazione di diversi momenti stilistici, così ad esempio nella sezione “fragilità e corazza” e “amore e Odio” lei abbandona l’aspetto mistico dei soggetti rappresentati per lasciar spazio alla loro emotività. Da quante sfaccettature e‘ caratterizzata la sua arte?
Da moltissime sfaccettature. Ho una visione Romantica dell’artista totalitario. Amo spaziare tra i concetti e cerco di trovare la loro giusta rappresentazione tra fotografia, pittura e arte digitale. Dipende da quale “emozione” voglio raccontare.
Il mio impegno è trovare una congiunzione tra le diverse arti, toccando anche l’architettura ed il design.
Molte delle sue opere sono esposte in mostre collettive on-line. Pensa che questi nuovi canali avvantaggino la diffusione e la conoscibilità dei giovani artisti o ne celino le capacità?
Il web, se usato bene, è una grande vetrina per artisti, musicisti, attori. Nel mio caso è servito per conoscere il parere delle persone, che, protette da un monitor, danno il loro giudizio senza alcuna vergogna. Si entra in rapporto con il proprio pubblico, conosci il perché sono attratti dal tuo lavoro. Ma soprattutto conosci le loro storie, ed questo è un immenso tesoro per un artista.
Il periodo “web” è una fase molto importate, nella formazione del proprio lavoro, di certo però deve sfociare in una vera e propria mostra reale. Il vedere le proprie opere immerse tra le persone (sia in una galleria, sia in un qualsiasi locale), è un processo che non deve mancare ad un artista.
Ha qualche consiglio da dare ai giovani artisti che si affacciano sulla scena internazionale? Quali sono i primi passi per poter diffondere la loro arte? Quali consigli utili può dare loro?
Non finire mai di farvi domane, su qualsiasi cosa. Non finire mai di osservare.
Cercate le proprie risposte, il proprio unico modo per rappresentarle, la propria strada per diffonderla e di capire con quale parte di contemporaneità si vuole interloquire e confrontarsi.
Un altro consiglio utile è: Se non siete veramente convinti, di ciò che create. Se il duro lavoro di ricerca e sperimentazione vi stanca. Se non siete pronti a fare rinunce per l’arte. Lasciate perdere.
Se invece, sentite dentro di voi che senza l’arte e le sue visioni, non potete vivere. Chiudete gli occhi, ed ascoltate cosa lei vi consiglia.