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La seconda alzata di sipario del 49° Festival della Valle d’Itria, mercoledì 19 luglio alle ore 21:00 (con replica giovedì 20 luglio alle ore 21:00), è sulla prima rappresentazione assoluta in Italia di una rarità di Jules Massenet (1842-1912), L’adorable Bel-Boul (1873), “opérette en un acte” su libretto di Louis Gallet e Paul Poirson, nella suggestiva cornice del Chiostro del Convento di San Domenico, sede della Fondazione Paolo Grassi, a Martina Franca. Il progetto è messo in scena nell’anno del 150° anniversario della composizione, in un allestimento realizzato in collaborazione con Carniarmonie (Friuli) e con Espacio Turina e ASAO (Siviglia). Il team creativo è formato dal direttore musicale Francisco Soriano, dal regista Davide Garattini Raimondi, dallo scenografo Paolo Vitale. Sul palcoscenico Helena Ressurreiçao (Zaï-za), Ronja Weyhenmeyer (Fatime), Eugenio Maria Degiacomi (Ali Bazar), Juan José Ramos Diaz (Sidi-Toupi) e Stefano Colucci (Hassan). Conosciuto in Italia forse soltanto per tre delle sue ventotto opere – Manon, Werther, Don Quichotte – e per nulla in quanto autore d’operette, il prolifico compositore Jules Massenet diede alla luce L’adorable Bel-Boul nel 1873, a seguito di altri due tentativi di gioventù di cimentarsi con il genere, nella forma cameristica, in un atto (L’Écureuil du déshonneur, 1858, andato perduto e Les Deux Boursiers, 1859), cui seguì da lì a poco Bérèngère et Anatole (1876). Come quest’ultima, Bel-Boul rimase inedita. Il giovane Massenet era infatti deciso a creare e preservare una sua nascente aura di compositore serio. L’operetta debuttò il 18 aprile del 1874, in un’elitaria serata musicale al Cercle de l’Union artistique condivisa musicalmente con George Bizet, Emmanuel Chabrier, René de Boisdeffre, data dopo la quale la partitura fu abbandonata. E il mistero della sua successiva scomparsa – si pensava erroneamente fosse stata distrutta dallo stesso Massenet, che ebbe invece modo di assistere alla sua seconda rappresentazione dal vivo, nel 1903 – si risolse solo nel 2013 e 2014 quando essa riapparve nel corso di due aste di Sotheby’s a Londra, dando modo al mondo musicale di riassaporare la vis comica del compositore, con la riscoperta di una parte meno nota del suo repertorio. L’adorable Bel-Boul occupa un posto speciale nel corpus compositivo di Massenet, che con esso offre un esempio semplice ma efficace di parodia della “turcheria”. In quest’operetta il presagio di una ridente apocalisse che si avverte nelle operette viennesi, una su tutte La vedova allegra di Franz Lehár, lascia spazio al racconto fiabesco con la complicità di un’ambientazione in “un altrove-per-finta”, nutrito da citazioni umoristiche e pseudo-esotiche kitch. Sul piano drammaturgico, i dialoghi parlati, che si alternano alle parti tradizionalmente cantate (i “Couplets”, etc.) occupano un importante posto. Dando ampio spazio alla sticomitia – rapidi scambi dialogici in versi – nelle scene comiche, inoltre, i librettisti ne hanno sapientemente accentuato il carattere. Massenet, dal canto suo, investe seriamente nella sua composizione, trovando a ogni possibile occasione la miglior soluzione teatrale e armonizzando con gusto e una sottile conoscenza del repertorio operistico buffo le parti cantate. Sinossi: nell’abitazione del mercante Ali-Bazar, la sua pupilla Zaï-za confida angosciata all’ancella Fatima quanto le è accaduto alla moschea di Samarcanda dove, durante la cerimonia del derviscio rotante Sidi-Toupi, la fanciulla ha perso il velo, lasciando il suo volto scoperto. A metterla in salvo da chi avrebbe voluto catturarla e punirla per l’accaduto, è il giovane Hassan, che già intona una serenata sotto la sua finestra. Il loro amore non può però essere coronato: la giovane prima di sposarsi è infatti costretta per legge ad attendere il matrimonio della figlia primogenita del mercante, Bel-Boul, ragazza impossibile da maritare, tanto per il laido aspetto, quanto per il carattere intrattabile. Quando anche il derviscio si presenterà alla porta di Ali-Bazar per chiedere la mano della fanciulla senza velo, Fatima saprà architettare un piano infallibile per accontentare gli innamorati e salvare le finanze del suo padrone. «Abbiamo voluto preservare le atmosfere rarefatte della fiaba (il riferimento è a Le mille e una notte, ndr.)» spiega il regista Davide Garattini Raimondi a nome del team creativo «avvolte tra sogno e realtà, nelle quali i fatti avvengono in modo spesso misterioso o tramite coincidenze inverosimili (…)». E anticipa: «Ascoltando la musica e leggendo il libretto ci siamo trovati di fronte a un nuovo suggerimento: i fiori e il loro linguaggio. Da subito l’abbiamo trovato molto interessante così, supportati dall’infinità di composizioni di Massenet su questo tema, è nato anche il nostro prologo Dillo coi fiori, un nuovo pastiche giocato su alcuni brani del compositore francese, una sorta di presentazione dei caratteri dei protagonisti e mostrare lei, Bel-Boul, colei che dà il nome all’opera che altrimenti non avreste mai visto». |