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L’archivio della coscienza di Benedetto Scampone è un thriller mozzafiato, attraversato da intensi personaggi e ambientato in una Roma cupa e pericolosa. La città è infatti teatro di cruenti omicidi ricondotti a un serial killer feroce ed enigmatico, che ama lasciare le sue vittime in strane pose e in luoghi pubblici. All’omicida si riservano brevi capitoli in cui a volte si fa luce su un aspetto della sua complessa personalità, o lo si osserva nella sua malata gestione della scena del crimine, o ancora si conosce un piccolo pezzo del suo travagliato passato. L’autore costruisce il personaggio con attenzione, permettendo al lettore di apprendere le motivazioni che lo spingono ad agire. Nel frattempo i protagonisti di questa adrenalinica storia sono spiazzati da tanta violenza e brancolano nel buio: il Comandante della sezione Anticrimine Michele Pisano, il criminologo esperto di profiling Alessandro Scantini e l’anatomopatologa forense Maela Mannini si ritrovano a lavorare insieme per risolvere questo caso molto complicato. Le vittime del serial killer sono infatti messe in posa come le donne di alcuni quadri di Vincent Van Gogh; un bizzarro e inquietante modo di agire. Inoltre, le bocche delle vittime vengono sigillate, per poter conservare al loro interno un foglio strappato da un libro recante ogni volta una diversa frase in latino.
E, per non farsi mancare niente, alla luce al neon dell’obitorio si scopre che sulla prima vittima è stata scritta con un inchiostro particolare la frazione uno su cinque, a significare che nella mente del serial killer sono cinque le prede designate. L’omicida si mostra metodico e spietato, e soprattutto estremamente motivato a portare a termine la propria missione. Tutto è organizzato al millimetro, come se lui non avesse nient’altro se non la sua sete di vendetta: “Il tempo non aveva importanza, era solo un fatto relativo. Era il mondo a dettarlo e lui non ne faceva parte. Non più, ormai”. I tre protagonisti dovranno quindi unire le forze e fidarsi l’uno dell’altro per arrivare a capo del mistero del primo serial killer della storia di Roma; un’impresa che non solo intreccerà saldamente le loro vite, ma farà anche emergere errori e colpe del passato che avrebbero voluto tenere nascosti. Nel romanzo si riflette infatti sulla natura chiaroscurale dell’essere umano, che spesso cela i suoi lati più in ombra e seppellisce i ricordi spiacevoli in quello che l’autore chiama l’archivio della coscienza, desiderando di vederli sparire per sempre. Speranza assolutamente vana.