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Quelle del 1980 erano state elezioni dai risvolti storici quanto inattesi. Ronald Reagan, l’ex divo cinematografico dotato di un’eccezionale vena dialettica ed oratoria era stato in grado di diventare ben presto il vero volto del conservatorismo repubblicano degli anni 60 (con il suo sistema di agevolazioni e “no tax”) e grazie alla sua presidenza il “Grand Old Party” era stato in grado non solo di sfilare la White House al democratico Jimmy Carter (uno tra i rarissimi casi in cui un presidente che concorre per il secondo mandato viene sonoramente sconfitto) ma di portare il Senato a tingersi di “red” riducendo anche la rappresentanza maggioritaria di candidati democratici alla Camera dei Rappresentanti.
Quattro anni dopo con Reagan che godeva di un eccezionale consenso popolare, il partito Democratico provò una soluzione alternativa rivelatasi oltremodo sciagurata. Al Presidente uscente venne contrapposto l’ex vicepresidente di Carter, Walter Mondale, che avrebbe dovuto tentare una vera e propria “mission impossibile” per ribaltare i sondaggi o quantomeno ,in caso di sconfitta, avrebbe dovuto provare a ridurre il gap dai rivali, capaci di lasciare a Carter la miseria di 49 grandi elettori alle urne precedenti.
Walter Mondale era agli antipodi rispetto al suo avversario. La differenza di approccio alla vita politica fu una delle motivazioni che portarono la maggior parte degli elettori a virare su Reagan fin dalle prime battute della campagna elettorale. Mondale era un candidato moderato, e ad influire sulla storica debacle fu anche la scelta della candidata come vicepresidente: Geraldine Ferraro, ad oggi l’unica italo-americana ad aver concorso per il ruolo negli Stati Uniti e che paradossalmente godeva di un consenso maggiore rispetto allo stesso Mondale.
Inoltre nella mente degli elettori si prefigurò lo spettro di un ritorno al passato, poiché votare Mondale avrebbe significato un ritorno al profondo ristagno economico, politico e culturale vissuto con Carter, a cui ancora oggi molti americani riconoscono maggiori meriti per l’operato post-presidenziale, che gli valse anche il Premio Nobel per la pace nel 2002, che da inquilino della Casa Bianca.
Nessuno aveva previsto la sconfitta di Ronald Reagan, ma l’ex democratico riuscì in un’impresa ancora oggi rimasta ineguagliata: schiacciare l’avversario con uno storico risultato di 49 stati ad 1.
Per la prima ed unica volta nella storia la cartina degli States si tinse completamente di rosso. Al buon Ronald probabilmente non sarebbe dispiaciuto vincere anche l’unico stato conquistato da Mondale, il Minnesota, patria dello sfidante democratico ed unico bacino di grandi elettori a tingersi di blu, ma la furia del partito repubblicano fu comunque incontenibile ed i Democratici tornarono a conquistare la White House solo nel 1992 con Bill Clinton, vivendo anni difficili e flop elettorali clamorosi.
Nessun candidato ha mai fatto peggio di Mondale, figura parodizzata anche in alcune serie televisive americane.
Ne “I Simpson” Mondale aiuterà Krusty il Clown ad accedere alla Camera (con una possibile sottile ilarità nel comparare i due personaggi in chiave ironica) e nella pluripremiata ed acclamata serie fantascientifica “Stranger Things” , durante la seconda stagione, ambientata tra ottobre e novembre del 1984, troneggia imperioso il cartello elettorale a supporto della campagna Mondale Gerardine nel giardino di Dustin, uno dei protagonisti, ed a quanto pare, uno tra i 37 milioni e mezzo di votanti (circa il 40% delle preferenze) che dovettero inchinarsi allo strapotere politico di Reagan e dei suoi quasi 55 milioni di elettori e ben 525 grandi elettori.
Ancora oggi, questa elezione presidenziale ed il ciclo elettorale tra il 1980 ed il 1988 (con il flop democrats di Dukakis) rappresenta il punto più basso ed umiliante della storia politica, del partito progressista e democratico statunitense.
Alarico Lazzaro