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«Folle è chi sogna, chi è libero, chi provoca, chi cambia…». Renato Zero ribadisce con forza, anche nel nuovo disco di inediti, Zero il folle (in uscita il 4 ottobre per Tattica), la sua voglia di essere fuori registro, di stupire, di essere se stesso in barba alle convenzioni sociali e agli schemi precostituiti. «Piume di struzzo e paillettes mi hanno tolto dal grigiore di mio padre, che voleva fare il tenore, ma non lo è mai diventato. Io – rivendica – ho un difetto: sono sempre stato avanti di 30 anni. E penso a Lindsay Kemp, Paolo Poli, Mozart, Lady Gaga. Penso a Gesù: oggi sarebbe tale e quale ad allora. Ci si nasce stravaganti, genio e sregolatezza».
Un disco, dalle sonorità di ampio respiro dove chitarre e assoli non mancano, che fotografa in maniera impietosa, a tratti malinconica e introspettiva, ma mai vittimistica, il mondo di oggi: l’ambiente, l’alienazione da nuove tecnologie, la morte, la crisi delle nascite e la fuga dei cervelli, l’aborto, Dio e la fede. «Ho sempre affrontato problematiche sociali, esistenziali, politiche. Ma adesso l’urgenza è quella che è. E siamo tutti costretti a esercitare il diritto ad aiutare nella riflessione», dice Zero, sottolineando il potere delle canzoni di scuotere le coscienze, in una Sala Sinopoli, all’Auditorium Parco della Musica, aperta non solo agli addetti ai lavori ma anche ai fan, che nel giorno del suo 69/o compleanno non si lasciano sfuggire l’occasione di intonare per il loro vate la classica «Tanti auguri a te».
«Sono io che devo ringraziare il pubblico per avermi permesso di non allontanarmi dalla mia passione – dice Renato, dietro appariscenti occhiali scuri con strass che non lasciano trasparire alcuna emozione -. E devo festeggiare Zero per avermi strappato a 15 anni dalla noia, per avermi infuso il desiderio di cambiare vita. La nostra, quella di Renato e di Zero, è stata una convivenza contrastata. Zero ad un certo punto era diventato troppo invadente, l’ho dovuto rimettere a posto. Ormai dormiamo nello stesso letto e usiamo lo stesso rasoio. Ma è un bene che ci siano conflitti dentro di noi. Essere appagati sarebbe un vivere monocorde e insignificante», confessa il «portatore sano di coraggio», che ha fatto pace con il suo alter ego: «E’ una vita che ci frequentiamo, ma non giurerei sulle sue scelte».
Nel disco (nel quale ha chiamato a suonare gli ex Dire Straits Alan Clark e Phil Palmer, Trevor Horn, Ash Soan, Luis Jardim) non mancano le critiche alla società dell’apparire più che dell’essere, come in Mai più da soli. «C’è una propaganda all’esposizione, a offrirsi. C’è competizione insana a voler somigliare e superare Sara Ferragni. Ah, si chiama Chiara? Vedete che vuol dire non frequentare i social? Noi della jungla non siamo aggiornati», ironizza.
Nel brano La Culla è vuota c’è un affondo contro l’aborto. “Lo condanno quando diventa metodo anticoncezionale, usato al posto del profilattico o della spirale. Non certo quello che le donne affrontano dopo uno stupro». Un pezzo che va di pari passo con Un uomo è: «In giro ci sono tanti maschi, ma pochi uomini… come in Parlamento – sibila -. La società va rifondata dalle basi. Dalla famiglia». E poi l’ambiente: «Da romano, mi guardo intorno e mi rendo conto di come il disagio, la sporcizia, le buche intacchino non solo la nostra salute fisica ma anche quella mentale, il nostro umore. Ho scritto Il Cielo, ma il mio cielo non era questo. Gli acquazzoni servivano a pulire anche quello che non pulisce la Raggi», affonda ancora, a ruota libera. «Greta? Non trovo scandaloso come fanno alcuni che dica di non voler morire intossicata. Non stiamo in poltrona a giudicare». Se la prende anche con le multinazionali, lui che ormai si produce da sé dischi e spettacoli: «Prendono i soldi qui e li spendono a casa loro». In Quattro passi nel blu, la protagonista è la morte. «E’ un omaggio dovuto agli amici che non ci sono più: a Lucio Dalla, Ivan Graziani, Mango. Io li indosso tutti i giorni, sono stati messaggeri di complicità e stimolazione, oggi che non li ho, li rappresento in questo disco». E poi aggiunge: «Io, peccatore eccellente, non mi aspetto grandi cose dal piano superiore».
Il 1 novembre, il via da Roma, il nuovo lavoro sarà anche live con un tour nei palasport che vanta già 13 sold out. «Sarà uno spettacolo d’arte varia. Come potrebbe essere diversamente per Zero il folle?».

Michele Traversa

Direttore responsabile e Editore di LSDmagazine. Esperto di turismo, spettacolo, gastronomia e tecnologia. Attento alle strategie social media e preparato all'interazione tra gli strumenti che questi offrono e la diffusione dei loro contenuti. Collabora con le principali riviste del settore turistico, italiane e straniere, autore di libri e documentari di viaggio e di mostre fotografiche.