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“La donna della bomba atomica”, una ricostruzione del Progetto Manhattan, per voce di una fisica, la fisica più giovane ad aver preso parte alla costruzione della bomba atomica, Leona Woods, era nel team di Enrico Fermi. Lo spettacolo il prossimo 13 marzo al Teatro AncheCinema di Bari con la regia di Alessio Tagliento, musiche inedite di Francesco Baccini. La storia è stata ricostruita dalla milanese Gabiella Greison fisica, scrittrice, attrice teatrale, drammaturga, divulgatrice scientifica e conduttrice: “ La storia è inedita, l’ho ricostruita io con ricerche sul posto, ed è tratta dal mio libro appena uscito con Mondadori”. Dal libro alla rappresentazione teatrale. Perché? “Tutto è nato dalle ricerche su una fotografia. Una splendida foto in bianco e nero, scattata nel 1927, 29 personaggi in posa, 17 erano o sarebbero diventati premi Nobel. Una foto da cui sono ossessionata da una vita. Fin da piccola la vedevo in giro, e nessuno sapeva raccontarmela. Poi mi sono laureata in fisica, con la specializzazione sulla fisica quantistica, e questo foto era sempre negli uffici dei professori più illuminati. Ma non sapevano dirmi cosa pensavano questi uomini in posa, cosa avevano fatto un attimo prima dello scatto o dove avevano cenato subito dopo. Dopo la laurea sono andata a lavorare a Parigi, all’Ecole Polytechnique, il mio capo era Francois Amiranoff. All’ingresso dell’Ecole Polytechnique c’era questa fotografia in BN come gigantografia. La mia ossessione per questa foto stava andando alle stelle. E così mi sono messa a fare ricerche, sono andata a Bruxelles dove è stata scattata la foto, per anni mi sono documentata, e finalmente ho trovato la storia. Ho trovato le parole per raccontarla. E da questa foto ho fatto nascere il mio percorso professionale. Dopo anni di ricerche, dopo tante porte chiuse in faccia, dopo tanti no, finalmente ho trovato la mia strada. Creandomela, da zero, io stessa. Ci ho messo anni, ma ne è valsa la pena. Il mio primo libro che la raccontava era “L’incredibile cena dei fisici quantistici”, da cui ho fatto nascere il mio primo spettacolo teatrale “Monologo Quantistico” (sempre nel 2014). Questi sono solo i primi miei due lavori, dopo quelli sono usciti altri 11 libri e porto in giro altri 9 spettacoli teatrali”. Un viaggio interiore per raccontare una storia dimenticata. Tutto parte dal 16 luglio 1945. In questo viaggio quanto c’è della stessa autrice?. “La protagonista della storia è Leona Woods. Ho iniziato a pensare a Leona nel 2019, poco prima della pandemia. Leggendo tra le righe di un libro in inglese, in cui si parlava di Arthur Compton, uno dei fisici creatori della fisica quantistica, che sta in posa nella fotografia del 1927 che è la mia ossessione, quella a margine del V Congresso Solvay e che è diventata poi il mio cavallo di battaglia nel primo libro ‘L’incredibile cena dei fisici quantistici’ (2015, Salani). Siccome volevo occuparmi di lui, perché lo sto facendo per ogni personaggio in posa in quella foto, mi sono imbattuta in Leona Woods. In pratica, il nesso è stato che Arthur Compton leggeva la Bibbia a Leona, ogni sera dopo il lavoro al Progetto Manhattan. Fantastico, ho detto! Leggo meglio di Leona e scopro che è fisica nucleare, come me, e che è stato un prodigio, come me, e che la sua battaglia più grande è stata quello per essere riconosciuta per quello che faceva nella sua professione, in un mondo totalmente maschile, come quello della fisica nucleare e quantistica. Quindi mi sono detta: perfetto, è lei il mio nuovo obiettivo. Poi è scoppiata la pandemia e non ho potuto viaggiare, perché per scrivere di lei e raccogliere informazioni avrei dovuto fare un viaggione nell’America più dura, quella del New Mexico, e allora ho rimandato”. E’ stata definita: “La rockstar della fisica” (Corriere della Sera); “La donna della fisica divulgativa in Italia” (Huffington Post). Quanto è utile la fisica per ritrovare se stessi o quella purta particella di essenzialità che sembra necessaria per riportare il paese alla normalità? “Oramai sono Leona Woods. Una persona che racconta una storia più e più volte, spesso diventa la storia stessa. In questo senso, è immortale. Raccontando così tante volte la sua vicenda, io sono (diventata) lei e, infatti, chi viene a teatro a sentirla vedrà un accavallarsi dei suoi pensieri di donna anni 50 con i miei più moderni. La storia che racconto è quella di cambiamento. Io attribuisco molta importanza al cambiamento. Tutti dobbiamo sapere che è possibile, altrimenti non vivremmo. Non riesco a capire perché chiunque non smani dal desiderio di imparare, perché imparare non sia la più grande smania del mondo… visto che significa divenire, rinascere. Ogni volta che impariamo qualcosa di nuovo noi stessi diventiamo qualcosa di nuovo. Chi ascolta questa storia si immedesima totalmente: è successo a me, succederà a chiunque”.
Oreste Roberto Lanza