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Something about…Zoran Music
Un viandante mitteleuropeo, in fondo sempre heimatlos, come definito dalla curatrice, Giovanna Dal Bon, nasce a Gorizia, a quell’epoca parte dell’impero austro-ungarico, crocevia di razze, culture e idiomi.
Vive gli anni dell’infanzia in Dalmazia e poi da profugo in Stiria e Corinzia; seguono l’Accademia a Zagabria, le impressioni raccolte a Praga su Klimt e Schiele e gli impressionisti francesi, un lungo soggiorno in Spagna sulle tracce di Goya, le esposizioni nella Trieste post-imperiale, dove incontra la pittrice Ida Cadorin, sua futura moglie, e poi a Venezia.
Nel 1943 Music viene deportato a Dachau, dove in condizioni difficilissime ritrae febbrilmente in diversi disegni la sofferenza nel lager. Dopo la sua liberazione, l’artista ritorna a Venezia nel 1946, dove vivrà, dal 1951 in alternanza con Parigi, fino alla morte, avvenuta nel maggio 2005.
I paesaggi dalmati della sua infanzia costituiscono il punto di partenza della ripresa della sua attività pittorica. Il passo successivo è rappresentato dal contrasto con l’ambiente in cui vive e dai paesaggi italiani. Lo stile di Music è fortemente influenzato dai mosaici e dalle icone bizantine.
Negli anni ’50 l’artista lavora anche a Parigi, dove l’“astrazione lirica”, la cosiddetta Informel francese, caratterizza ampiamente la sua vita artistica.
Negli anni ’60 i temi organici di Music diventano più astratti e la composizione delle immagini si stacca dalle leggi che regolano la rappresentazione di spazi profondi. La serie molto apprezzata “Noi non siamo gli ultimi” viene realizzata negli anni ’70.
In queste opere Music trasforma gli orrori delle sue esperienze vissute nel lager in testimonianze di una tragedia universale. Le opere dell’artista vengono apprezzate in molte mostre internazionali, ad esempio in una grande retrospettiva che si tiene al Grand Palais di Parigi nel 1995.
La mostra
Venezia rende omaggio a Zoran Music (Gorizia 1909 – Venezia 2005) con un’importante e raffinata mostra che celebra il centenario della nascita dell’artista.
Artista di levatura internazionale, considerato tra le presenze fondamentali del Novecento, Zoran Music, di origini dalmate, trova infatti a Venezia la sua città di adozione: terra di fusione tra oriente e occidente, la città lagunare è fonte di ispirazione e punto di riferimento costante per l’artista, durante la sua intera traiettoria pittorica.
A cura di Giovanna Dal Bon, la mostra si compone di oltre ottanta significative opere, tra oli e lavori su carta, alcuni dei quali inediti ed eccezionalmente esposti per la prima volta. Una preziosa occasione per immergersi nel suggestivo mondo dell’artista e dei suoi ricordi rielaborati soprattutto a Venezia.
Il percorso della mostra indaga soprattutto gli ultimi trent’anni della traiettoria pittorica di Music, quando la sua figurazione scarnificata si fa estrema. L’opera di Music, che attraversa quasi tutto il secolo scorso, indica infatti, nel suo segno scabro ed essenziale, un itinerario di spoliazione verso il raggiungimento dell’essenza.
Lo dimostrano in primis i cadaveri di Dachau nel ciclo Non siamo gli ultimi. Dopo una latenza di tre decenni, negli anni settanta, afferma "sono dovuto tornare a Dachau", alludendo al riaffiorare ossessivo di quelle immagini. Già impresse nei suoi disegni realizzati di nascosto durante la prigionia e in parte persi nel vento, mentre tornava sul camion da Dachau a Venezia, quelle immagini indelebili nella memoria sono tradotte ora in pittura senza enfasi alcuna, con cruda e semplice essenzialità.
Molto intense anche le Figure grigie degli anni novanta e i suoi ultimi autoritratti: figure che resistono alla forza che le disgrega. Fonte di ispirazione inesauribile è inoltre la moglie Ida, compagna di una vita e musa consacrata alla pittura: la ritrae miriadi di volte, da sola o nel Doppio ritratto, con lui che la dipinge, sapendo di avere di fronte l’insondabile mistero della femminilità.
Immancabili infine le visioni di una Venezia interiore e intimissima, opere mai viste in pubblico prima d’ora. È la città dove Music si sente libero, dove vive di una semplicità quasi monacale e dove dipinge quotidianamente nel suo studio, sottotetto di Palazzo Balbi Valier a San Vio.
Negli ultimi anni, Venezia appare avvolta in una tenebra di inchiostro o nel bagliore aranciato di un pastello grasso, suggestive visioni della Punta della Dogana, del Canale della Giudecca, del Molino Stucky, di Piazza San Marco.
Una mostra meditativa dunque e ricca di fascino grazie alle atmosfere create da Music con le sue vibrazioni luminose, i contorni che si dissolvono o le fitte trame segniche che graffiano le superfici.
Music crea “…figure che annidano al confine di un territorio pittorico-esistenziale, al limite ultimo dello spazio – afferma Giovanna Dal Bon – strappate alla figurazione, sottratte a qualsiasi funzione di “rassomiglianza” dicono un al di là del raffigurabile, instaurando nuovi rapporti all’interno della figura; in questo, forse, estreme”. E a chi gli domandava cosa ci fosse al di là della superficie delle sue tele Music rivelava: “Oltre c’è il profondo. Il luogo dove non si spiegano le cose, una specie di nebbia dov’è difficile muoversi”.
Promossa dall’Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, dalla Regione del Veneto e da Arthemisia Group, la mostra “Zoran Music. Estreme figure”, si terrà nella sede di Palazzo Franchetti dal 3 dicembre 2009 al 7 marzo 2010.
Inaugurazione: mercoledì 2 dicembre, ore 17.00
Venezia, Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti Campo Santo Stefano 2842, Venezia Ponte dell’Accademia