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E poi ci sono le donne, assenti o quasi tra gli chef stellati, protagoniste troppo spesso in ombra lungo tutta la filiera alimentare. Eppure il cibo è donna: da sempre infatti sono loro a selezionare e conservare le sementi e a tramandare i ‘segreti’ delle ricette, angeli del focolare e ‘custodi della biodiversità agraria’. Garantir loro pari opportunità e condizioni di accesso alle risorse non è solo una questione di equità sociale. Secondo le Nazioni Unite, l’emancipazione delle donne aumenterebbe la produttività agricola e la diversità – quindi la qualità – di ciò che mangiamo, contribuendo alla sicurezza alimentare e nutrizionale del pianeta.
Women empowerment, ovvero come rafforzare il ruolo delle donne grazie alla biodiversità agraria e alla creazione di catene a valore aggiunto. Se ne è discusso lo scorso 17 settembre a Milano, in una giornata-evento organizzata da Bioversity International e dalla Cooperazione Italiana allo Sviluppo nel quadro di Expo Milano 2015 e dell’Anno europeo per lo sviluppo, tra istituzioni e organizzazioni internazionali impegnate sul campo (Bioversity International, FAO, IFAD, Oxfam, SlowFood, CIHEAM e Fairtrade) e con le donne protagoniste di progetti che funzionano e migliorano le condizioni di vita delle loro famiglie e di intere comunità. Perchè tutelare la biodiversità agraria vuol dire nutrire il pianeta in maniera sostenibile, e poter far fronte ai cambiamenti climatici.
Riconoscere e valorizzare il ruolo delle donne nelle attività agricole non è un’impresa semplice: è necessario coinvolgere gli stakeholder a tutti i livelli, occorrono investimenti per politiche e prima ancora studi di genere, serve il supporto di una ricerca scientifica mirata. Ma dà risultati, come dimostrano i progetti sul campo. In India, dove il miglio era scomparso dai campi e dalle diete per fare spazio al riso, Bioversity International ha aiutato le donne dei villaggi a reintrodurre e a commercializzare varietà minori: il loro reddito netto è aumentato del 50%, e il miglio è tornato nelle mense scolastiche con benefici sorprendenti, e documentati, per la salute dei bambini.
In Bolivia le agricoltrici – insieme ai loro uomini – sono state ufficialmente riconosciute come ‘custodi della biodiversità agraria’ per l’importante lavoro di conservazione che svolgono. I grani andini, un patrimonio dell’intera umanità in virtù dell’alto valore nutritivo e della resistenza a eventi meteorologici estremi, sono tornati ad essere coltivati e consumati potenziando le conoscenze delle donne e grazie all’introduzione di macchinari che hanno ridotto i tempi per processarli, al miglioramento delle connessioni con i canali di distribuzione e i consumatori urbani.
In Mali un’associazione di erboriste ha ritrovato spazio nei mercati cittadini, assicurando così un futuro anche alle piante e alla medicina tradizionale. Ancora una volta, grazie ad un progetto mirato. In contesti differenti, e con portate differenti, puntare sulle donne per tutelare la biodiversità agraria da’ i propri frutti. Anche da noi, come testimoniato dall’esperienza del Parco Nazionale della Majella che ha salvato dall’estinzione l’autoctono grano solina.