Tempo di lettura: 5 minuti
Uno strappo verde nel tessuto urbano, una delle più vaste aree pubbliche nel cuore del quartiere murattiano di Bari, l’ex Caserma Rossani è rimasta per anni ostaggio di visioni contrastanti, di un conflitto fra interessi pubblici e privati, simbolo della evidente difficoltà di conciliare le logiche della politica con quelle di chi vive la città. L’argomento torna oggi più che mai al centro della discussione pubblica, oggetto di dibattito e nuove promesse in questa campagna elettorale per il governo della città di Bari. A fare ordine in questa vicenda complessa ci ha pensato Nicola Signorile, vicecapocronista vicario della «Gazzetta del Mezzogiorno» e critico letterario e d’architettura, autore per la casa editrice barese Caratterimobili dell’instant book “Diario Rossani. La difesa dello spazio pubblico e la privatizzazione della città”. Nella sua ricostruzione Signorile, uno degli sguardi più autorevoli sulle vicende urbanistiche della città di Bari, ripercorre nel dettaglio tutti gli aspetti della affaireRossani, dal 2008 fino alla “liberazione” dello spazio da parte dei cittadini. Una scossa che segna l’inizio di un nuovo modo di concepire lo spazio pubblico, in cui non è più possibile prescindere dalla partecipazione dal basso.
Il caso Caserma Rossani è argomento molto sentito e su cui si discute molto in questo periodo, cosa rappresenta questo spazio per la città?
Oltre otto ettari, al centro della città, a pochi metri dal centro murattiano: uno spazio pubblico ma inaccessibile alla gente, fino allo scorso 1 febbraio, quando un corteo di protesta contro lo sgombero di Villa Roth ne ha aperto i cancelli. È di proprietà del Comune di Bari dal 2008, ma da allora è in attesa di una trasformazione mai avvenuta, perché sulla ex caserma Rossani si concentrano gli appetiti della speculazione edilizia ed è in atto un silenzioso processo di privatizzazione. Nonostante il piano regolatore già oltre trent’anni fa destinasse l’area a verde urbano e servizi per il quartiere.
Il suo libro ha ripercorso tutte le tappe della vicenda Rossani. Cosa è successo dopo il “Patto per Bari”, cosa ne è stato dell’accordo fra Comune e Regione sulla destinazione dello spazio?
Il Patto per Bari, sottoscritto un anno e mezzo fa, è rimasto sulla carta. La Regione Puglia con quell’accordo investe 13 milioni di euro per la realizzazione di una biblioteca pubblica e di un centro per le arti visive, fondi che si aggiungono agli oltre 10 milioni ancora nella disponibilità del Comune. Insomma, i soldi ci sarebbero, ma la Rossani rimane ostaggio del Margherita. Il Comune, in realtà, vorrebbe ottenere il finanziamento regionale senza limitazioni per dirottarlo sul teatro, in cui realizzare una galleria d’arte contemporanea, a gestione privata, ma con fondi pubblici: ecco un altro esempio della privatizzazione degli spazi pubblici in atto a Bari.
La questione apre un dibattito sulla difficoltà evidente di conciliare le logiche della politica e la necessità di partecipazione dei cittadini. Come si risolve questa difficoltà?
La partecipazione dei cittadini alle decisioni urbanistiche è prevista anche dalle leggi regionali ma finora, a Bari, si è risolta in un’azione di propaganda di progetti già confezionati e di programmi già avviati. Questa ricerca del consenso su decisioni prese altrove e a cose fatte assomiglia più alla pubblicità che a una reale partecipazione. Bisogna che la pubblica amministrazione sia disposta a correggere le proprie linee di azione ed eventualmente a cambiare strategia. La progettazione partecipata è un percorso lento e complesso: ci vuole coraggio per mettersi su questa strada e accettare il fatto che, oltre alle imprese, ci sono altri interlocutori che non portano nessun interesse se non la difesa del bene comune. L’alternativa, comunque, è il conflitto sociale.
La caserma Rossani è stata “liberata” da un collettivo che ha avuto il merito di restituire lo spazio alla fruizione dei cittadini. Quale sarà, o dovrebbe essere, il ruolo di questo collettivo nella gestione dello spazio, una volta decisa la sua destinazione d’uso?
Il collettivo, anzi i numerosi gruppi e le singole persone che si sono raccolti attorno ad esso, hanno già un ruolo, che l’amministrazione comunale, nonostante i buoni propositi, stenta a riconoscere. Nella Rossani "liberata" sono già state avviate molte iniziative: la biblioteca sociale, la palestra popolare, il cineteatro, l’orto sociale… e sono stati piantati i primi alberi del bosco urbano. Ben prima che lo decidesse il Comune è stato avviato il laboratorio di progettazione dal basso, che è evidentemente in contraddizione con quello immaginato dall’amministrazione con l’incarico all’archistar Massimiliano Fuksas, che peraltro ha già deciso cosa fare alla Rossani: un parcheggio interrato e un auditorium con un po’ di verde intorno. Ora però, con le attività già avviate sarà necessario a fare i conti. E nessuno potrà sottrarsi o invocare "diritti di precedenza".
Assieme alla Rossani nella nostra città esiste una lunga serie di spazi “irrisolti”, luoghi fermi e sul cui utilizzo si scontrano visioni diverse, uno fra tutti il Teatro Margherita. Come vede la situazione?
Appunto il Margherita, da poco acquisito dal Comune in cambio degli edifici in cui hanno sede la Biblioteca nazionale e l’Archivio di Stato, ha bloccato finora ogni soluzione per la Rossani. L’idea assurda di trasformare un teatro in museo – idea bizzarra per lo stesso architetto consultato per la sua riconversione, David Chipperfield – nasconde dietro le quinte l’intento di cedere a un privato la gestione dell’attività dichiarando la incapacità dell’ente pubblico a provvedere direttamente, in tempi di patto di stabilità. È una affermazione tutta da verificare, ma se così è, allora per il Margherita come per la Manifattura dei tabacchi e per tutti gli altri numerosi immobili pubblici inutilizzati, conviene guardare con interesse alle attività di autogestione che si esprimono oggi nella Rossani e che guardano ad esperienze analoghe in Italia e in Europa. Esiste una terza via, tra il pubblico e il privato? È possibile fare cultura e vivere lo spazio pubblico senza la Partita Iva, senza rinchiudere il nuovo che emerge nella gabbia di una qualche consueta forma giuridica. È questo il tema che spunta fuori dalla vicenda della caserma Rossani.
Poco tempo fa, visitando lo spazio della Rossani, uno dei più importanti paesaggisti europei, Gilles Clèment, ha sostanzialmente detto che la natura spontanea del luogo dovrebbe essere lasciata così come è. Lei cosa ne pensa di questa proposta?
Le teorie di Gilles Clément hanno la forza dell’utopia ma anche tutta l’energia delle opere che egli ha realizzato. Gilles Clément sostiene l’idea di un giardinaggio che assecondi la natura anziché domarla. Peraltro, è una strategia anche molto conveniente, dal punto di vista economico. Il grande paesaggista di Versailles è rimasto molto colpito, durante la sua visita nella ex caserma: "Non c’è nulla di simile in tutta Europa – ha detto – , nessuno spazio così grande e al tempo stesso nel centro della città. I baresi hanno un’occasione straordinaria per realizzare una nuova pedagogia urbana".