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L’ipotesi che, ben prima di Cristoforo Colombo, i Romani navigassero nelle acque delle Americhe, era stata formulata dal divulgatore scientifico Elio Cadelo nel suo libro ‘Quando i Romani andavano in America‘.
Ora emergono nuovi indizi archeologici sulle frequentazioni commerciali Oltreoceano da parte di navi romane: è lo stesso Cadelo a illustrarli, a margine della rassegna bolognese di cinema archeologico ‘Storie dal Passato‘ con una anteprima della nuova edizione del suo volume ricco di rivelazioni sulle antichissime navigazioni dell’umanità. Romane e non solo.
In particolare, viene osservato, «un indizio forte si deve alle nuove analisi del Dna dei farmaci fitoterapici rinvenuti in un relitto romano davanti alle coste toscane». Su quella nave, infatti, viaggiava anche un medico, del quale il relitto ha restituito il corredo: «fiale, bende, ferri chirurgici e scatolette chiuse contenenti pastiglie molto ben conservate, preziosissime per la conoscenza della farmacopea nell’antichità classica».
Le nuove analisi dei frammenti di Dna dei vegetali contenuti in quelle pastiglie, infatti, «hanno confermato l’uso, già noto, di molte piante officinali, tranne due che – ha spiegato Cadelo – hanno destato forte perplessità: l’ibisco, che poteva solo provenire da India o Etiopia e, soprattutto, i semi di girasole». Girasole che, secondo le cognizioni fino ad ora accettate «arrivò in Europa solo dopo la conquista spagnola delle Americhe».
Un tassello importante – viene spiegato nuovamente – che si aggiunge agli altri, evidenziati nel libro di Cadelo e che documentano traffici commerciali insospettati «come il rinvenimento di raffinati gioielli in vetro con foglie d’oro, provenienti da botteghe romane di età imperiale: erano in una tomba principesca giapponese, non lontano da Kyoto». Questi oggetti, utilizzati dai navigatori romani come merce di scambio, potrebbero non essere stati portati in Giappone da mercanti romani: «quei gioielli potrebbero essere stati scambiati anche su altri approdi, prima di arrivare in Estremo Oriente. Peraltro monete romane sono state restituite da scavi effettuati anche in Corea e perfino in Nuova Zelanda».
Altre prove delle antiche frequentazioni navali americane di Fenici e Romani, già descritte nella prima edizione del libro di Cadelo, in cui – viene sottolineato – si sfatano pure «alcune ignoranze sulle cognizioni astronomiche dei nostri antenati: per esempio, c’è una poco frequentata pagina della ‘Naturalis Historià di Plinio il Vecchio dove si spiega che il moto di rotazione della Terra attorno al proprio asse è dimostrato dal sorgere e tramontare del Sole ogni 24 ore». Lo stesso Aristotele, ipotizza il volume, «si diceva certo che fosse possibile raggiungere l’India navigando verso Ovest’’.