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La politica è una cosa seria. Fare politica significa impegnarsi al fianco della comunità, non del singolo cittadino, affinché tutta insieme possa ritrovare la voglia di fare, di dare, donare alle proprie future generazioni la speranza di una vita migliore, essenziale senza entrare in quelle spirali di precariato mentale che portano alla sua degenerazione e distruzione. Se abbiamo il buon gusto e forse la tendenza alla lettura della nostra storia potremo intendere meglio e capire che, se lasciano la politica, agli orgogliosi, agli illusi a gente che del soldo ne fa mestiere per arricchirsi ancor di più potremo dire che ci stiamo avviando ad un certo default mentale o chiamatolo pure al fallimento della nostra convivenza. L’aspetto drammatico sarà quando questo virus colpirà i nostri figli o i nostri nipoti, specchio reale della nostra esistenza. Ci guarderemo e ci diremo : “Nella mia vita ho fallito”. Lo spunto sono le elezioni del prossimo maggio che si svolgeranno in otto comuni della Basilicata: Bernalda, Montalbano Jonico, Irsina, Tolve, Lavello, Atella , Senise, e in particolare nel nostro salotto buono che è Matera. In totale poco più di cento mila elettori si troveranno ad andare alle urne nei comuni dove i propri sindaci sono decaduti per l’entrata in Consiglio regionale oppure commissariati. In generale nessuno è arrivato alla scadenza naturale. A queste elezioni bisogna poi aggiungere le date dell’8 e 9 giugno per il voto per i cinque referendum, quattro su temi del lavoro e uno sulla cittadinanza italiana per gli stranieri. Insomma, c’è della buona “minestra”, da assaporare e gustare per parlare chiaro ai cittadini e non ai sudditi quelli ritenuti tali fino a prima della Rivoluzione francese. Nella nostra Lucania è ben evidente lo stato di precariato. Una realtà che non è solo lavorativa, di mancanze di opportunità dove lo spopolamento a sensazione sia stato creato per portare via le migliori nostre energie, ma mentale, virus forse ancora più grave e difficilmente debellabile allorquando si prospetta la possibilità di migliorare la propria esistenza passando da una povertà mentale a risorsa piena di grande dignità per sé stesso e per i propri conviventi. Del resto, un precariato mentale serve a certi politici. Alla politica liquida, quella che concepisce la politica come posto del lavoro e non atto di carità, quello dal soldo facile, per poter mantenere certe posizioni di riguardo e continuare a fare cassa per la sua tasca promettendo o sventolando l’arrivo di denaro in breve tempo e donando al semplice cittadino speranze nettamente vuote. Se fossimo tutti colti, almeno che leggessimo qualche buon racconto di un buon autore, cosa sarebbe la nostra società? Probabilmente il senso critico sarebbe più alto, potremo emarginare quelli che ci inondano di parole senza senso, eviteremo di sentire dolore al nostro deretano e tutti insieme potremo scegliere le migliori persone per gestire l’interesse della comunità. Ecco quando si va a votare non conta la matita buona, ma la capacità critica di valutare la persona ricercando anche nel suo privato le cose buone fatte, se ne ha fatte. Proprio come nei nostri paesi hanno abituato le nostre coscienze ponendoci delle giuste domande: A quale famiglia appartiene? I genitori chi erano e cosa hanno fatto per il bene della propria famiglia? I figli lavorano e che lavoro fanno? Insomma, amministrare una comunità non è cosa semplice ma almeno cerchiamo di scegliere il buono di quello rimasto. Poi la cultura e la conoscenza fanno molto di più. Non esprimere il proprio pensiero nelle urne fa il gioco di chi non guarda alle coscienze e la disperazione della gente. Al contrario votare con conoscenza oltre che con coraggio incentiva l’idea di cambiare il modo di esistere. È tempo di votare e farlo con un intendimento chiaro senza più nascondersi ma soprattutto di allontanarsi dalle proprie responsabilità. Facciamolo per la politica seria e soprattutto per i nostri figli che un domani non verranno a trovarci al cimitero se non li abbiamo educati con il buon gusto della verità e dell’impegno civile onesto. Allontaniamo da noi gli inutili e diamo spazio alle persone vere e giuste.

 

Oreste Roberto Lanza

 

Oreste Roberto Lanza

Oreste Roberto Lanza è di Francavilla Sul Sinni (Potenza), classe 1964. Giornalista pubblicista è laureato in Giurisprudenza all’Università di Salerno è attivo nel mondo del giornalismo sin dal 1983 collaborando inizialmente con alcune delle testate del suo territorio per poi allargarsi all'intero territorio italiano. Tanti e diversi gli scritti, in vari settori giornalistici, dalla politica, alla cultura allo spettacolo e al sociale in particolare, con un’attenzione peculiare sulla comunità lucana. Ha viaggiato per tutti i 131 borghi lucani conservando tanti e diversi contatti con varie istituzioni: regionali, provinciali e locali. Ha promozionato i prodotti della gastronomia lucana di cui conosce particolarità e non solo.