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(Adnkronos) – E' boom di gastroenteriti con sintomi che sembrano non finire mai. In questo periodo negli studi dei medici di famiglia "vediamo ancora molti casi di una forma gastrointestinale persistente, di tipo virale. E se negli anni precedenti queste infezioni si risolvevano in 2 o 3 giorni, in questa fase notiamo che tendono a rimanere attive per 7-10 giorni. Alcuni pazienti, inoltre, hanno una reattività che ne aumenta la durata e hanno spesso delle recidive". A tracciare il quadro è Silvestro Scotti, segretario generale della Federazione dei medici di medicina generale (Fimmg), che rileva come "tutte le virosi di questo periodo, anche quelle parainfluenzali, quelle da raffreddamento, sembrano più aggressive. E lo stress le favorisce".  Un circolo che diventa rapidamente vizioso. "Abbiamo una popolazione – spiega Scotti – che è diventata più ipocondriaca dopo il Covid. La gastroenterite e i fenomeni da colon irritabile risentono molto dello stress emotivo. E se la virosi di per sé ha una durata più lunga, a questa si aggiunge, di conseguenza, lo stress e la paura di altre malattie. L'assistito entra in un circuito di malessere con sintomi che vanno trattati, in qualche caso, anche con farmaci per ridurre l'ansia che ne deriva e che si scarica nella somatizzazione a livello gastroenterico. Un cane che si morde la coda. Non solo. Quando un sintomo che si è abituati a vedere svanire in pochi giorni ne dura poi 7-10 cominciano le richieste di tutti gli esami possibili, di visite gastroenterologiche, di ecoaddome. Si cade quindi in un eccesso di medicalizzazione oltre che di ansia e paura".  In questo contesto, per Scotti, l'appello ai cittadini "è di non automedicarsi con gli antibiotici. Se c'è una complicanza va valutata sempre da un medico. L'uso indiscriminato di questi farmaci li rende inefficaci e vediamo crescere sempre di più la resistenza dei patogeni. Ricordiamo che in questo periodo la maggior parte delle infezioni sono di tipo virale, l'antibiotico non serve. Anzi, utilizzarlo a sproposito può determinare il rischio che, se poi interviene una vera complicanza, quello stesso antibiotico non funzionerà".  Per quanto riguarda l'influenza, "siamo ancora in una fase di 'calma relativa'. Il maggior numero di casi, al momento, riguarda i giovani mentre abbiamo poco impatto sugli anziani", spiega Scotti che sottolinea come, in questo momento, l'impegno dei medici di famiglia, rispetto all'influenza, è soprattutto legato alle vaccinazioni, che riguardano un numero di pazienti sempre più elevato dal momento che "nei nostri studi la popolazione di anziani e di cronici è sempre maggiore e la vaccinazione si concentra in pochi mesi".  L'impatto dell'influenza, in questi giorni, dunque "riguarda i giovani adulti. Lo vediamo anche dall'aumento delle richieste delle certificazioni di malattia. Questo ha sicuramente un peso sulla produttività. Credo che sarebbe utile riflettere sulla possibilità di promuovere di più la vaccinazione antinfluenzale nell'età lavorativa". —cronacawebinfo@adnkronos.com (Web Info)

Redazione

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