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Un giornalista deve tenerlo tra le sue cose, tra i propri scritti, tra i propri pensieri. La storia è quella raccontata da un giornalista del tempo, sempre controcorrente. Un giornalista lucano non allineato, con la pretesa di essere onesto. I Moribondi del palazzo Carignano, edito da Francesco D’Amato editore, è il libro più rappresentativo del giornalista e romanziere di Moliterno, Ferdinando Petruccelli della Gattina. Le pagine raccolgono la versione italiana delle corrispondenze che l’autore fece uscire in francese sul giornale parigino “La Presse” tra 1861 e il 1862, periodo in cui fu membro del neonato Parlamento italiano. La prefazione, ben curata dal professore e direttore della Fondazione Sinisgalli, Luigi Beneduci, attraverso un preciso profilo biografico, descrive l’autore della famosa opera di un giornalista che non fece sconti a nessuno restando coerente a due assunti: l’amore per la patria indipendente, unità democratica e l’odio per un potere clericale inteso come strumento delle forze reazionarie, impedimento ad un’evoluzione laica, moderna equa dell’intera civiltà italiana. Un giornalista modello definito dal grande giornalista Montanelli: “il più brillante giornalista italiano dell’ottocento le cui cronache ancora incanterebbero per la loro freschezza e modernità”. Un’opera di pieno respiro, dove il lettore, ancora oggi, ha la sensazione di essere osservatore speciale per rivivere dall’interno la vita e i personaggi della prima assemblea legislativa italiana, inaugurata a Torino da Vittorio Emanuele II all’indomani dell’Unità. Una impietosa webcam puntata nell’aula di Palazzo Carignano per descrivere i protagonisti della vita politica italiana senza filtri e a volte senza sconti per nessuno: vizi e virtù di parlamentari poco dediti alle necessità della nazione molto più legati ai propri interessi. L’inettitudine o la corruzione diffuse, fin dalla prima legislatura postunitaria, in entrambe le ali dell’emiciclo, soprattutto di quel Meridione, liberato dall’assolutismo borbonico, ma non dai vizi delle sue classi dirigenti. Con Ferdinando Petruccelli della Gattina ( deriva da un piccolo feudo appartenuto al patrimonio paterno con annesso titolo di barone ceduto in seguito al giornalista moliternese) nasce il romanzo parlamentare un genere letterario narrativo con il quale nella prima legislatura del Parlamento d’Italia (VIII di quello Subalpino), seduto come deputato , eletto nel collegio di Brienza, produrrà dei veri reportage che alla fine diventeranno una vera galleria immortale di figure di italiani di tutte le stature rilegate appunto nella sua grande opera di uomini politici moribondi, nati da una ridotta rappresentanza popolare. Il professore Beneduci ne fa, alla fine, una sintesi molto chiara: il ruolo che assume il Petruccelli con queste cronache, non è di liquidare l’istituzione parlamentare, ma quello di praticare una terapia d’urto”. Una terapia necessaria perché i moribondi ritornino vivi tra i vivi cercando di adempiere alla loro missione per cui sono stati eletti. Un’istituzione nata già morta soprattutto per il suo carattere ristretto e poco rappresentativo con un vizio nell’attualità sempre vivo: “vi sono parecchi deputati che seggono a sinistra e votano costantemente con la destra; altri che, sedendo alla destra, votano talvolta con la sinistra (pagina 104)”. Un giornalista vero, non allineato: “non pretendo di essere infallibile, pretendo di essere onesto” (tratto dalla lettera a Martini da Genova del 18 ottobre 1882).
Oreste Roberto Lanza