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Ha scritto ben cinquantacinque commedie. È stato definito un orso con un carattere spinoso, sfuggente. Invece si è rivelato una eccellenza autentica nel panorama nazionale e teatrale. Vera e unica luce di un teatro come ebbe a dire a Taormina il 15 settembre 1984: “Quando sono in palcoscenico a provare…quando ero in palcoscenico a recitare…è stata tutta una vita di sacrifici. E di gelo. Così si fa il Teatro. Così ho fatto!”. Il teatro fatto seriamente diceva: “È altruistico non egoistico; l’altruismo ritorna, l’egoismo…ti manda all’altro mondo”. Quarant’anni fa, il 31 ottobre 1984, ci lasciava il grande maestro (termine appropriato) Eduardo De Filippo, attore italiano, regista, sceneggiatore, soprattutto un grande drammaturgo; uno scrittore di drammi con i quali con semplicità e grande raffinatezza è riuscito a raccontare quelle verità e debolezze ancora vive nel nostro tempo che scorre. Quel teatro che fluiva nel suo sangue in tutti i momenti della sua vita. Quel luogo che gli è sempre appartenuto, quell’abito buono che indossava tutti i giorni che toglieva solo al calar delle tenebre: “Voglio, voglio vedere anch’io il teatro dalla platea, voglio anch’io vedere il teatro che cammina, voglio vedere il teatro che non si arrende, che va avanti con i giovani, con gli anziani, con i vecchi come me, che va avanti”. Un teatro che va avanti che diventi a dire del grande Eduardo il trono dell’arte: quel posto autentico, buono, genuino che sappia raccontare e consigliare. Il Teatro e Eduardo un’unica cosa. Si racconta che anche durante il servizio militare Eduardo, nelle ore libere, si recava in teatro a recitare. Finito il servizio militare nel 1922 Eduardo De Filippo lasciò la compagnia di Vincenzo Scarpetta passando a quella di Francesco Corbinci, con il quale esordì al teatro Partenope di via Foria a Napoli con Surriento gentile di Enzo Lucio Murolo; fu in questo lavoro che Eduardo si cimentò per la prima volta in una regia impegnata. Nel 1922 nacque “Uomo e galantuomo” per poi arrivare al 1931 al famoso “Natale in casa Cupiello” all’epoca atto unico messo in scena al teatro Kursaal. Fu il momento con cui si festeggiò la nascita della compagnia del Teatro Umoristico insieme alla sorella Titina e il fratello Peppino. Poi, nel 1946, venne Filumena Marturano in tre atti. Memorabile l’interpretazione di Regina Bianchi: Donna matura e con un passato da prostituta, si finge moribonda per farsi sposare, in punto di morte, da don Mimì Soriano, impenitente donnaiolo, col quale, dopo una relazione iniziata nelle case di tolleranza, vive da trent’anni vigilando sui suoi affari e amministrandone la casa. Un anno prima, 1945, c’è “Napoli milionaria” scritta in poche settimana che debutto al Teatro di San Carlo a Napoli: “La popolazione vive una profonda crisi a causa della Seconda Guerra Mondiale. Gennaro gestisce un caffè e spera di ottenere l’aiuto della famiglia intera per poter pagare le spese e mettere da parte un po’ di soldi”. Senza dimenticare “Questi Fantasmi”. Prima commedia ad essere rappresentata all’estero. Meglio “Il Sindaco del Rione Sanità”,” Non ti pago” e “Le voci di dentro” del 1978. Quando si parlava di teatro il grande Eduardo diceva: Teatro significa vivere sul serio quello che gli altri, nella vita , recitano male”. Un pensiero che continua ad avere una profonda verità in una pagina della nostra contemporaneità che non perderà mai di colore. Del resto Eduardo ha insegnato che il Teatro oltre a riconoscere e capire le proprie emozioni insegna anche a controllarle e con il tempo la persona diventa più sicura di sé stessa. Una grande lezione di vita e che lezione.
Oreste RobertoLanza