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(Adnkronos) – A Treviso prosegue l’appuntamento con StatisticAll, il festival della statistica e della demografia. Un evento unico al mondo per l’offerta innovativa e attuale delle sue proposte e per il suo linguaggio contemporaneo e accessibile a tutti. La seconda giornata di festival si è aperta col panel dal titolo “Economia e industria – i dati utili per costruire un industrial Act Europeo” dove esponenti di alto livello hanno voluto fornire un quadro complessivo delle esigenze e dello stato dell’arte attraverso il punto di vista di investitori, analisti e policy-makers. Livio Romano, responsabile dei progetti industriali e delle iniziative internazionali nella Direzione strategie settoriali e impatto in Cassa Depositi e Prestiti, ha spiegato: "Il contributo che diamo al sistema Italia è di quasi 12 miliardi di euro sotto forma di finanziamenti e di equity. Non c’è consapevolezza da parte delle istituzioni di quanti di noi investono in energia green, quindi serve costruire una metodologia e alla base. Un documento come quello di Draghi, fino a tre anni fa, era impensabile. Il fatto che sia uscito ci fa ben sperare”. Germana Di Domenico, dirigente presso il Ministero dell'Economia e delle Finanze nella Direzione “Relazioni finanziarie europee” ha sottolineato come non siano solo i motivi finanziari a indicare la strada delle politiche industriali: “Le politiche industriali sono influenzate da molteplici fattori, non solo finanziari. È necessario disporre di dati solidi e affidabili, per metodologie condivisibili e il più possibile trasparenti, per assicurare una condizione di equità tra paesi. Serve intanto mettere a sistema i diversi progetti finanziari a lavoro europeo, il che richiede la padronanza nell’uso di questo tipo di modelli”. L'Europa è al centro del dibattito e si ricorda che nacque come comunità del carbone e dell’acciaio. "La prima indagine dell’Istat era proprio riferita a quel tipo di politiche – ha ricordato Stefano Menghinello, dirigente di ricerca dell’Istat – Oggi le statistiche devono essere indipendenti, la politica industriale non può essere basata su un sistema oggettivo. Il rapporto Istat proprio per questo si basa non su opinioni, ma su dati”. La mattinata è proseguita col panel intitolato “Globali e locali: multinazionali in cerca di una nuova strategia tra dazi e sanzioni" per rispondere alla domanda: le imprese multinazionali sono più o meno vulnerabili? “Nel 2023 abbiamo raggiunto un record come registrazione di brevetti, di cui gran parte delle multinazionali. Le multinazionali hanno la capacità di sfruttare la loro dimensione per poter investire in ricerca, sviluppo e conoscenza" ha dichiarato Armando Rungi, professore di economia a IMT – Scuola Alti Studi di Lucca, che poi ha aggiunto: "Se non cambiamo paradigma non possiamo competere, come italiani ed europei, con le grandi economie quali quella americana e quella cinese. Il paradigma sta cambiando, ma a livello mondiale, fra le prime venti imprese, anche multinazionali, che si occupano di informazione e tecnologies, non ce n'è nemmeno una europea”. L'economista Luca Paolazzi ha spiegato: "Le multinazionali devono trovare dei contesti dove andare, e i contesti stanno cambiando notevolmente. Un vantaggio delle multinazionali è la cultura dell'attenzione alle persone che le nostre aziende faticano ad avere. Le imprese italiane, se vogliono, possono imparare dalle multinazionali estere come si seguono e accudiscono i giovani che lavorano per loro". Alessandro Faramondi, dirigente Istat del Servizio statistiche strutturali sulle imprese, istituzioni pubbliche e non-profit, ha concluso: “Sappiamo benissimo che ricerca e formazione sono tra quei fattori che consentono di migliorare le capacità competitiva, elementi fortemente connessi con la capacità di produrre da parte delle imprese. Le multinazionali riescono a ragionare sulle persone e anche in prospettiva puntano sulle persone, impegnandosi non solo in termini di stipendio, ma anche di competenze e formazione". —economiawebinfo@adnkronos.com (Web Info)