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Il Petrolio in Basilicata. Avete provato a leggere le quattrocento otto pagine di un interessante libro del professore Enzo Vinicio Alliegro Il Totem Nero?. Personalmente l’ho riletto due volte sembra ancora attuale. Il petrolio avrebbe trasformato la Basilicata in terra depressa a luogo di opportunità. Ai primi dell’ottocento, l’idea in voga da parte della politica e degli enti del luogo era propria questa. Sono parole che sintetizzano, in maniera chiara e netta, la lunga, dolorosa e attuale storia del petrolio in Basilicata. A dare voce su quest’annosa vicenda è il professor Enzo Vinicio Alliegro, insegnante di scienze demo-etnoantropologiche, presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II.
Il Totem Nero- Petrolio e conflitti in Basilicata, edito da CISU- 2012, è un racconto preciso, ormai storia, di come il petrolio sia arrivato nelle comunità lucane diventando artefice d’incontro e di scontro nel tempo tra diversi modi di pensare. In passato, dichiara l’autore, il luogo icona del petrolio, più in generale, degli idrocarburi del sud dell’Italia, non era Viggiano, piuttosto Tramutola. Proprio in prossimità del torrente Cavolo, a Tramutola, in alta Valle dell’Agri, si avvertì, nell’ottocento, la presenza di una sostanza nerastra che sembrava nascondersi tra i numerosi rigagnoli e le innumerevoli sorgenti. Una sostanza che le genti lucane dell’epoca nella loro formazione culturale del tempo convertirono in materia utile per la cura degli armenti. Sul finire dell’ottocento, la sostanza nerastra, con il nuovo nome di Petrolio, non fu più affare per i così chiamati rozzi campagnoli custodi di animali ma materia lasciata a colti geologi e prospettori. Agli inizi del novecento, però anche la politica s’impossessò di questa sostanza ormai definita petrolio per determinare nuovi destini al proprio tempo, e contribuire a un risveglio economico delle proprie genti. Fu cosi che l’11 maggio 1901, si annota nel libro, apparve una deliberazione del consiglio comunale di Tramutola in cui si chiedeva al Re la presenza di un ingegnere delle Miniere, si dice “con l’incarico di osservare la zona petrolifera esistente in questo territorio”. E’ l’autunno 1901, quando da un ente pubblico preposto allo studio e al controllo del sottosuolo, arriva a Tramutola, l’ing Camillo Crea, il quale poco tempo dopo, comunica i risultati della sua ricerca alla comunità scientifica nazionale ponendo l’accento che “la piccola estensione della zona petrolifera di Tramutola, la scarsezza delle manifestazioni alle quali dà luogo e la potenza dei terreni eocenici che verosimilmente racchiudono il petrolio non permette di nutrir grandi speranze. Sarebbe desiderabile un’esplorazione in profondità mostrasse definitivamente l’entità del giacimento”. Il Comune di Tramutola non si ferma e il 25 maggio 1909, con un nuovo voto consiliare, chiede al Re che siano eseguiti saggi di trivellazione nel bacino petrolifero del comune. Atto che si arenò nel percorso tra prefetto e ministero competente evidenziando una presumibile non condivisione della volontà del Comune. Poi venne il tempo della legge n.250 del 19 marzo 1911 dove il Ministero dell’Agricoltura, Industria, e Commercio, concesse, sotto forma di premi specifici, sussidi per ogni perforazione effettuata. Da qui nascono i primi accordi con i proprietari terrieri per acquisire da parte delle società petrolifere del tempo, la possibilità dello sfruttamento minerario del posto. È il 1927 quando con il RD 1443 è istituita la demanialità dei terreni sottoposta a estrazione; il petrolio diventa per il governo nazionale una risorsa per la collettività. (Art 7 per ogni ettaro di terreno lo Stato concedeva il permesso di ricerca in cambio di 160 lire.) Nel 1929, si legge nelle pagine limpide e scorrevoli del testo, che lo Stato acquisisce la consapevolezza dell’esistenza del petrolio nella zona di Tramutola. Il 1933, l’Agip, visti i risultati, dà avvio a un programma di perforazioni. Scartati Cersosimo (non facilmente raggiungibile) Rapolla, San Paolo Albanese, Tramutola ancora una volta diventa la priorità giacché oltre ad essere di facile raggiungibilità, aveva una centrale idroelettrica capace di dare impulso all’azione delle trivelle. Nel 1940 il Comune di Tramutola approva una delibera per l’istituzione di una scuola di avviamento professionale a tipo industriale con finanziamento dell’Agip. L’atto sancisce il grande esodo, così chiamato, rurale verso il petrolio. La guerra interrompe qualsiasi altra iniziativa e programmazione. Nel1959 iniziano le prime perforazioni fino a 2000 metri e che si rivelano sterili ma s’interrompono, tanto che l’idea petrolio viene abbonata. Sono anni in cui Viggiano si avvia verso l’industrializzazione e Tramutola ritorna sui suoi passi verso l’agricoltura con la costruzione della centrale del latte mai entrata in funzione. Si ritorna a parlare di Petrolio nel lontano 1975 e nel 2005 il Ministero dello Sviluppo rilascia la concessione in Val D’Agri con validità fino al 26 ottobre 2019 all’ENI Spa. In questo spazio temporale l’autore mette in luce scontri di diversa natura.
Da quello di diritto naturale e quello di maggiorascato (nell’antico sistema, il diritto del primogenito di ereditare tutto il patrimonio famigliare) entrambi che legano gli uomini alla propria terra fino a quelle strettamente ambientale e alle vite delle persone residenti sul territorio. Da qui le questioni che il beneficio derivante dal petrolio dovesse essere dato alle popolazioni e non fosse un lucro soltanto per le aziende petrolifere. Qui vale la pena leggersi alcune pagine (232/233 e segg.) relative alle cosiddette royalties che, di fatto, furono introdotte con la relazione previsionale e programmatica per il bilancio annuale e pluriennale 1996/1998 e dalla legge n° 40 del 1995. Un fiume di denaro da destinare alle infrastrutture, interventi a sostegno all’occupazione, alla formazione, ai centri storici, alle famiglie indigenti, alla sanità, all’ambiente. Tra il 2008 e il 2012 la Regione Basilicata, precisa l’autore, vedrà affluire nelle sue casse oltre 500 milioni di Euro, di cui soltanto 141,452,635,84 per l’anno 2012 Denaro che a parere dell’autore mai ha ricevuto una destinazione di concretizzazione. Sono pagine di fatti che mettono in luce una verità forse diversa da quella raccontata in questo periodo. Forse sono stati i lucani che hanno voluto il Totem Nero, pensando a una successiva opportunità di vita ma che, sottolinea l’autore nelle sue pagine : “Si è rivelata un’icona ambigua che attrae e al tempo stesso respinge; che appare più morte che vita”. Doveva essere un alba di un nuovo giorno rivelatasi la notte più oscura della Lucania. Un libro ricco di analisi e visioni di sviluppo prodotte dall’evento che nelle ultime pagine appaiono affievolirsi lasciando emergere una triste nostalgia …forse era meglio tenersi solo l’acqua…
Oreste Roberto Lanza