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(Adnkronos) – L'Unifil, la forza militare di interposizione dell'Onu, nelle ultime settimane è sotto attacco da parte delle forze armate israeliane. "La richiesta di Netanyahu di ritirare i contingenti dal sud del Libano si è scontrata con un Consiglio di sicurezza, un segretario generale, un'opinione pubblica internazionale compatta" dice all'Adnkronos è Andrea Tenenti, portavoce Unifil. "Non è possibile che un Paese singolo, membro delle Nazioni Unite, detti il futuro di una missione che è stata voluta dalla comunità internazionale". "L'Unifil resta qui per il momento. Almeno fino a quando non ci sarà un avvenimento più grave, che determini un effetto domino per cui un Paese lascia e gli altri lo seguono in fila". "Al momento, con un livello 2 di media sicurezza, i soldati possono stare anche fuori dai bunker, fare delle operazioni, seppur limitate e con giubbotti, elmetti e gap – spiega -. Ieri c'è stato un incontro del Consiglio di Sicurezza che è stato abbastanza diretto nell'esprimere il supporto alla missione per la sua permanenza e una condanna agli attacchi contro i Caschi blu. Anche gli Stati Uniti hanno detto che i peacekeeper non possono e non devono essere soggetti ad attacchi da parte di nessuno. C'è, quindi, una comunità internazionale compatta su questo. Tuttavia, quanto al trovare una risoluzione al problema, una mediazione, ce ne vuole. Un cessate il fuoco sembra lontano". In questi giorni si è tornati con forza a discutere della necessità di cambiare le regole di ingaggio di Unifil, ritenute inadeguate. "E' una opzione abbastanza poco specifica – dice Tenenti -. La regola d'ingaggio non cambia la missione o la situazione sul terreno o fa sì che all'improvviso i peacekeeper diventino armati e vadano loro a disarmare Hezbollah. La soluzione deve essere politica e diplomatica: l'uso della forza non so quanto possa funzionare in questa regione. Ci vuole una chiara decisione da parte di tutti i paesi di implementare la 1701. Quanto facile sia non lo so, ma usare la forza e portare dei soldati all'interno del Libano che neanche il Libano vuole, perché non ci sarebbe l'autorizzazione del governo, esporrebbe i caschi blu a possibili ritorsioni". Ieri, lungo la Blue Line, i soldati impegnati in un giro di ricognizione, hanno trovato una serie di ordigni esplosivi incendiari lungo la strada che conduce alla base operativa avanzata UNP 1-32A, nel sud del Libano: "Nel video a un certo punto si vede un palazzo completamente distrutto, bombardato, e gli ordigni sono dentro a delle scatole di legno nuove. Facciamoci due domande – dice il portavoce Unifil -. Il palazzo è stato distrutto da esplosioni, bombe, razzi, e all'interno trovi tutto quanto che non è stato toccato. Non lo so. È un po' strano, anche se sicuramente le armi ci sono nel sud del Libano, ed è una cosa che non abbiamo mai negato… L'unica strada è trovare una soluzione politica per riuscire a riportare l'esercito libanese nel sud. Ci deve essere una vera volontà, che certo non si estorce con la forza: deve esserci un lavoro fatto perché entrambe le parti abbiano un qualche cosa, una vittoria, che possa essere sui confini o altro. Al momento però siamo molto lontani da tutto questo". —internazionale/esteriwebinfo@adnkronos.com (Web Info)