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Fontane e fontanine. In Lucania il numero pare ancora in piena quantificazione. Esse continuano a rappresentare la storia dei borghi lucani. L’autentica memoria dove è depositato il passato di ogni lucano; dove vengono alla mente storie uniche di persone ormai diventate respiri, di amicizie perse e dimenticate ma anche ritrovate. La Fontana era il punto d’incontro di un sabato mattina per pensare come fare nella tarda ora, di come organizzare una domenica uggiosa o di una giornata invernale irritante e insopportabile. Oggi è un luogo per ritrovare quel passato dimenticato essenziale e necessario per sapere dove andare di preciso. Al seguito c’è una interessante pubblicazione del 1988, dello scrittore e giornalista lucano Emilio D’Andrea da citare “Le Fontane dei Ricordi” per i tipi di Romeo Porfidio Editore, un saggio racconto di 160 pagine che attraverso il flusso delle fontane narra vita, usi e costumi dei nostri antichi borghi rurali e contadini. Pagine interessanti veramente tanto all’epoca fu adottato da diverse Scuole Media come testo di studio, approfondimento, ricerca e conoscenza del proprio territorio. Coinvolgenti i temi affrontati dall’autore sempre legati al tema principale: i lavori nei campi, la vendemmia, le cantine, il frantoio, la scannatura del maiale, i falò di San Giuseppe, il Carnevale, la Festa Patronale, i giochi dei bambini, il vicinato, il bucato delle donne alla fontana. È il racconto di un mondo semplice ma al tempo stesso intriso di umana solidarietà e valori inalienabili come famiglia, amicizia, memoria, radici e rispetto di natura e propri simili. Un testo che successivamente alla pubblicazione riuscì a raccogliere molte attenzioni e apprezzamenti come quello del giornalista Tonio Galotta su L’Osservatore Lucano dell’agosto 1989scriveva: “L’originale e ben articolata opera di D’Andrea tratta una miscellanea di autobiografia, dati storici e tradizioni di un’intera comunità. In una descrizione chiara e scorrevole di un mondo e di generazioni passate affiorano toni poetici di grande trasporto attraverso. All’odore delle stoppie accese, alla raccolta di uva, olive e castagne, ai greggi vaganti nei pascoli si alternano suoni, colori e immagini del tipico paesaggio meridionale: il fischio del treno, i panni appesi sulla strada, le luminarie, i fuochi d’artificio, la banda, processioni e fiaccolate, l’afrore della vinaccia, la fragranza del pane fatto in casa e file di peperoni, agli, cipolle, pomodori e fichi da esiccare al sole sui bianchi muri esterni delle nostre case basse”. Pagine che posseggono una forte suggestione rievocativa. Un testo che dopo trentasei anni dalla pubblicazione si rivela ancora di grande interesse e attualità per le gravi e insolute tematiche e problematiche inerenti la raccolta, la distribuzione e l’ottimale utilizzo di una risorsa come l’acqua, bene primario e indispensabile per la vita di uomini, flora e fauna. Insomma un libro da acquistare e leggere perché in tuffo nel passato si può capire il presente e programmare e organizzare al meglio il futuro.
Oreste Roberto Lanza