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(Adnkronos) – Una guerra totale in Libano? L'Iran non resterà indifferente. Almeno così dichiarano dalla Repubblica Islamica. Ma per Teheran è un dilemma. Tra moderazione e vendetta, proseguono intanto le operazioni israeliane con l'obiettivo dichiarato di colpire gli Hezbollah libanesi e l'incognita sulle sorti del suo leader, Nasrallah, dopo gli ultimi raid su Beirut. La Repubblica Islamica è, storicamente, la principale sostenitrice di Hezbollah, tra i più importanti alleati dell'Iran e un 'cuscinetto' fondamentale per la Repubblica Islamica. Eppure, secondo gli osservatori, è improbabile che Teheran scenda in campo in 'soccorso' del Partito di Dio nel caso di una guerra totale. Teheran sembra riluttante a intervenire. Minacciare ripetutamente Israele, senza seguiti, è un ulteriore danno alla credibilità, ha detto alla Bbc un ex comandante dei Guardiani della Rivoluzione, i Pasdaran iraniani. Perché rischia di far passare il messaggio che in tempi di crisi, Teheran darebbe priorità alla sua sopravvivenza, indebolendo così la sua influenza e le alleanze nella regione. L'Iran non resterà indifferente nel caso di un'ulteriore escalation, ha ribadito il capo della diplomazia della Repubblica Islamica, Abbas Araghchi, a margine dell'Assemblea generale dell'Onu. Ha chiesto sanzioni contro Israele. E non ha risparmiato accuse alla comunità internazionale per il fallimento su un possibile cessate il fuoco.  E' passato quasi un anno dall'avvio delle operazioni militari israeliane contro Hamas nella Striscia di Gaza, in risposta all'attacco del 7 ottobre in Israele. E quasi un anno da quando, il giorno successivo, gli Hezbollah libanesi 'intervenivano' con attacchi oltreconfine, in direzione del nord di Israele, in "solidarietà" con Hamas. L'Iran ha armato, finanziato e addestrato il gruppo palestinese al pari del Partito di Dio.  L'escalation tra Israele e Hezbollah risale forse a dieci giorni fa, all'esplosione dei cercapersone di Hezbollah, seguita da quella di radio e pannelli solari, con l'uccisione e il ferimento "degli occhi e delle orecchie di Hezbollah sul campo", come ha spiegato al Washington Post una fonte vicina al gruppo. E in 11 mesi il gruppo ha subito le peggiori perdite della sua storia, dalla fondazione all'inizio degli anni Ottanta. Una leadership decimata, munizioni distrutte, comunicazioni 'compromesse'. In Iran, ha evidenziato la Bbc parlando di una Repubblica Islamica che si trova in una situazione "precaria", molti conservatori, oltranzisti, sono sempre più 'in agitazione' per la mancata azione, mentre Israele continua a martellare il Libano. L'Iran non vuole la guerra, è Israele che cerca un conflitto più ampio, ha accusato nei giorni scorsi da New York il presidente iraniano Masoud Pezeshkian. Eletto a luglio, ha adottato un approccio che la Bbc legge con un tono più conciliatorio rispetto ai predecessori. "Non vogliamo la guerra, vogliamo vivere in pace – ha scandito il presidente – Non vogliamo essere la causa dell'instabilità. Sappiamo più di chiunque altro che se una guerra più ampia dovesse scoppiare in Medio Oriente, non gioverebbe a nessuno nel mondo". E Pezeshkian, le cui parole sull'allentamento delle tensioni con Israele non sarebbero piaciute ad alcuni tra gli oltranzisti vicini alla Guida Suprema Ali Khamenei, ha anche dichiarato che il suo governo è pronto a riprendere i difficili colloqui sul nucleare con l'Occidente. Hezbollah "è assolutamente in grado di difendersi e di difendere il Libano e i libanesi", ha sentenziato il ministro degli Esteri iraniano. Insolitamente 'moderati', secondo la Bbc, sono sembrati anche altri funzionari e persino comandanti dei Guardiani della Rivoluzione. L'Iran, che fa i conti con le conseguenze delle sanzioni, teme un'evoluzione che rischierebbe di innescare una riposta militare Usa e che un eventuale attacco contro i Pasdaran indebolisca il suo apparato della sicurezza. La scorsa settimana l'agenzia Tasnim, legata ai Pasdaran, ha smentito indiscrezioni arrivate da vicino i Guardiani della Rivoluzione che – riporta la Bbc – citando fonti dell'intelligence iraniana parlavano di una presunta "operazione speciale" di Israele ad agosto, presumibilmente in Iran, in cui sarebbero stati uccisi Pasdaran. Così, ha scritto Barak Ravid per Axios citando due funzionari israeliani e un diplomatico occidentale, Hezbollah ha chiesto all'Iran di attaccare Israele, ma finora Teheran ha "espresso riserve". Anche all'uccisione a luglio a Teheran dell'ormai ex leader di Hamas, Ismail Haniyeh, non è seguita la minacciata reazione iraniana. Un quadro molto diverso rispetto allo scorso aprile, quando Israele colpì il consolato siriano a Damasco e l'Iran rispose con una pioggia di missili e droni.  Secondo analisti e diplomatici citati dal Post, l'esitazione iraniana a intervenire sul campo dimostra le limitate opzioni militari disponibili per ripristinare la deterrenza dopo un anno di ostilità intensificate nella regione. In Libano i raid israeliani hanno fatto centinaia di morti, costretto decine di migliaia di persone a lasciare le proprie case. Crescono le pressioni sul gruppo. Ma avverte Sami Nader, direttore dell'Istituto di Scienze politiche alla St. Joseph University di Beirut, c'è stato "un investimento di tre decenni" su Hezbollah da parte dell'Iran, che "non tradirà" il gruppo "alla prima occasione". Nella Repubblica Islamica a prendere le decisioni strategiche è Khamenei. E i Pasdaran. E finora l'Iran non è andato oltre la retorica. Nel 2006, dopo i 34 giorni di guerra tra Israele e gli Hezbollah, aiutò il gruppo a riarmarsi e riorganizzarsi al termine del conflitto. E, ha detto Khamenei, uccidere gli alti funzionari di Hezbollah non metterà in ginocchio il Partito di Dio. Perché, secondo la fonte del Post, Hezbollah ha già organizzato la successione e "prepara quattro o cinque militanti per ogni comandante di alto grado". Persone "ben addestrate, se non meglio addestrate della prima generazione".  —internazionale/esteriwebinfo@adnkronos.com (Web Info)

Redazione

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