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E’ da tempo in  librerie il libro “La Banda Franco” di Daniele Palazzo lucano da parte dei genitori, entrambi nati a Viggianello in provincia di Potenza. Attualmente residente a Vairano Patenora in provincia di Caserta dove insegna storia e filosofia nelle scuole superiori. Nove capitoli per parlare di un fenomeno che resta ancora da decifrare nella sua complessità: il brigantaggio. Una questione studiata come politico, poi sociale e in molti casi definito come una forma delinquenziale accostandola addirittura alla camorra. Partendo dalle reazioni borboniche che scoppiarono nel lagonegrese in concomitanza del plebiscito del 1860, il saggio esamina le radici politiche che portarono alla formazione delle bande, rintracciando una linea di continuità tra fallimento dei tentativi reazionari e nascita del brigantaggio post-unitario. Pagine che raccontano il brigantaggio da una prospettiva territoriale periferica, quella del circondario di Lagonegro dove l’autore incrocia la banda del francavillese Antonio Franco. Una banda che imperversò per circa quattro anni nel circondario lucano di Lagonegro. Sotto il comando di Antonio Franco, un ex soldato dell’esercito borbonico, la banda commise almeno 164 reati, tra cui 38 omicidi. Il libro, per un verso, analizza il modus operandi della banda ricostruendone il ciclo operativo; dall’altro verso, si passano in esame le politiche messe in atto dagli unitari nella lotta al brigantaggio, dando ampio spazio sia alle misure di contro-insorgenza sia al tentativo di creare consenso e ampia mobilitazione intorno a questa guerra. Misure che con il passare del tempo portarono ad un crescente isolamento della banda. Una di queste fu la famosa e famigerata legge Pica che introducendo il reato di brigantaggio e di favoreggiamento nel codice penale cercò di isolare le famiglie di briganti per farli uscire allo scoperto, arrestarli e processarli. Una legge che creò non pochi problemi all’indipendenza del potere giudiziario sottraendo gli imputati dal giudice naturale. Raccontare un brigantaggio criminale e non politico. La domanda all’autore pare spontanea. Perché di questa diversa impostazione? Il brigantaggio, in realtà, assume una sfumatura politica sia nel decennio francese che nel periodo post-unitario. La politicità del brigantaggio emerge in maniera diversa a seconda dei territori e della banda a cui si fa riferimento. Nello specifico, per la banda Franco la politicità, seppur debole, emerge anche dal tentativo, ad esempio, di Antonio Franco di autolegittimazione, rivendicando le proprie azioni definendosi “soldato di Francesco II”. Questa lettura del brigantaggio vale per la banda Franco, così come per altre attive nel lagonegrese, come ad esempio, la banda di Alessandro Marino e quella di Antonio Maria De Luca, alias Scaliero. Uomini di onore, che non tradiscono se lo fanno vanno incontro alla morte. Poi tante convenienze di circostanze e le omissioni a tratti anche dell’autorità giudiziaria verso i briganti. Che idea vera si è fatta? Il brigantaggio resta pur sempre un banditismo? Il collante della fedeltà al capobanda nelle bande era fondamentale ai fini della stessa sopravvivenza della compagine ed era dovuta alla capacità di leadership dello stesso capobanda. Complesso il ruolo della magistratura. I tribunali ordinari furono oberati di lavoro; il personale giudiziario fu oggetto di cambi ed epurazioni; le prove, in relazione, ai reati di brigantaggio, per una serie di ragioni, non sempre facili da individuare. Alla fine brigantaggio e banditismo indicano entrambi un fenomeno presente nelle società rurali legato all’uso della violenza, all’uso e alla gestione privatistica, di singoli o gruppi, della violenza lì dove ancora lo stato non ha imposto il monopolio della violenza. Il libro di Daniele Palazzo è un piccolo viaggio per esplorare persone e scoprire personalità nascoste presenti nel territorio del sud della Lucania in un tempo in cui le condizioni sociali avrebbero bisogno di una chiarificazione migliore rispetto a quello politico e militare.

Oreste Roberto Lanza

 

 

 

 

Oreste Roberto Lanza

Oreste Roberto Lanza è di Francavilla Sul Sinni (Potenza), classe 1964. Giornalista pubblicista è laureato in Giurisprudenza all’Università di Salerno è attivo nel mondo del giornalismo sin dal 1983 collaborando inizialmente con alcune delle testate del suo territorio per poi allargarsi all'intero territorio italiano. Tanti e diversi gli scritti, in vari settori giornalistici, dalla politica, alla cultura allo spettacolo e al sociale in particolare, con un’attenzione peculiare sulla comunità lucana. Ha viaggiato per tutti i 131 borghi lucani conservando tanti e diversi contatti con varie istituzioni: regionali, provinciali e locali. Ha promozionato i prodotti della gastronomia lucana di cui conosce particolarità e non solo.