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(Adnkronos) – "Abbiamo notato che parlare di olio di palma sostenibile apre di nuovo a una disponibilità di dialogo con il consumatore che oggi è anche molto preoccupato rispetto a questo prodotto in ambito alimentare. La priorità è quella di riaprire ad uno spazio di dialogo e di ascolto verso questo tipo di prodotto e soprattutto verso i diversi processi di produzione”. Così Guendalina Graffigna, professore ordinario di Psicologia dei Consumi e della Salute presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza, in occasione della giornata dedicata alla sostenibilità nell’ambito del Capalbio Film Festival che ieri ha visto la proiezione del film di Tim Harper, prodotto da Leonardo Di Caprio, “Ozi, la voce della foresta”. Una pellicola che affronta tematiche importanti come la deforestazione ambientale e la lotta contro lo sfruttamento della natura per il ‘consumo’ umano: “Il film, come tutte le forme di arte e di sensibilizzazione culturale, tocca il cuore delle persone, più ancora della mente, più ancora del cervello. Quindi sicuramente attiverà l'attenzione dei consumatori sull'olio di palma, un’attivazione che rischia di avere anche un trasporto emotivo negativo. C'è quindi davvero bisogno di fare educazione, fare chiarezza al di là dell’emozionalità, per far capire cos'è una produzione sostenibile, che cosa non è una produzione sostenibile”, specifica la professoressa. Quanto sia importante una corretta informazione per il consumatore lo dimostra anche uno studio sperimentale condotto nel 2023 da EngageMinds Hub, Centro di ricerca in psicologia dei consumi dell’Università Cattolica di Cremona, che ha cercato di approfondire e comprendere come l’etichettatura 'senza' modelli la percezione dei consumatori relativamente alla qualità dei prodotti alimentari e intenzione all’acquisto: “L'esperimento che abbiamo fatto ha dimostrato come riportare l'etichetta senza in fronte pacco di un prodotto da forno, anche associandolo non solo a l'olio di palma ma anche ad ingredienti fittizi, porta il consumatore a percepire quel prodotto ‘senza’ come migliore del prodotto convenzionale – illustra la professoressa Graffigna che ha diretto lo studio – Questo anche sulla base di un battage mediatico che induce a pensare che la parola ‘senza’ elimini qualcosa di nocivo". "Nel caso dell'olio di palma c'è stata una sensibilizzazione ancora maggiore. Questo studio ha dimostrato non solo l'irrazionalità delle nostre valutazioni come consumatori, ma anche e soprattutto la pericolosità di alcune semplificazioni che molto spesso nel marketing e nella commercializzazione dei prodotti vengono fatte. Se da una parte facilitano il consumatore nell’orientarsi, dall'altra, nel lungo termine, possono portare a fare degli errori di valutazione controproducenti”, conclude. —sostenibilitawebinfo@adnkronos.com (Web Info)

Redazione

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