Tempo di lettura: 3 minuti
Possiamo dirlo con tutta franchezza: un piatto di pasta ben cucinato può addirittura arrivare ad avere la priorità per una preghiera ad un Santo. Per noi italiani, la pasta a tavola va oltre ogni considerazione o opinioni diversa che si può avere. Un piatto di pasta per dirla con un napoletano: “squaglia ‘o sanghe dint ‘e vene”. Il prossimo ottobre ricorre la ventiseiesima giornata mondiale della pasta , World Pasta Day, e i golosi di palato e di mente stanno da tempo pensando in maniera scherzosa: finalmente la mia festa. Un momento dedicato a uno dei piatti più amati al mondo istituita nel lontano 1995 dall’Unione Italiana Food e l’Ipo – International Pasta Organization, dove ben 40 produttori d’eccellenza organizzarono il primo congresso mondiale della Pasta. Nata per celebrare le eccellenze culinarie italiane ed estere, nel tempo la giornata si è trasformata anche in un’occasione sociale per aiutare i meno fortunati come nel 2021 dedicato appunto a chi un piatto di pasta non può permetterselo. La pasta ha una lunga e importante storia nel territorio italico risale ai tempi degli antichi etruschi e dove le prime lavorazioni manifatturiere della pasta secca trovano testimonianze a partire dal IX in Sicilia per poi allargarsi in zone dal clima secco e ventilate come Gragnano, Torre Annunziata e diverse aree della Puglia. L’accoppiata vincente con la salsa di pomodoro, dice la storia, è napoletana e risale alla fine del settecento. L’abbinamento vincente è pasta e Sud: l’abito migliore si può trovare nelle cucine e sulle tavole della Sicilia, della Calabria, della Puglia e della Lucania. Almeno una volta al giorno (su alcune tavole anche due volte) la pasta diventa compagna di viaggio per un incontro di sapori che termina con il dolce del posto. Nella terra di Lucania la storia racconta che la pasta ha trovato domicilio oltre duemila anni fa, gli antichi romani la chiamavano “Lacane” e sembra che il poeta Orazio, quando tornava dal mercato, si preparasse gustosi piatti di Lacane con ceci e lampascioni (cipolle selvatiche). Nell’attualità, il territorio lucano per tanti è definito luogo dove si preparare “la pasta più buona del mondo”: sempre senza uova e fatta a mano, grazie al saporito grano della piana di Metaponto. In questa terra povera, di pasta se ne trova di tutti i tipi e cucinata in varie forme: cavatelli, cazini, farfalle, fischietti, fusilli, lagane, maccheroni a ferretti, orecchiette, perciatelli, ricci. Di tanti piatti dove poter dare vita al buon palato sembrano che i raskatiell di Mischiglio con Ragù di Coniglio, Pezzente, Rafano e peperone crusco e i Laghn, cic’r e zafaran”, tagliatelle, ceci e peperoni cruschi, siano piatti a cui dare priorità e attenzione. Resta il piatto principe lucano da non dimenticare mai di mettere in tavola: raskatiell con u’ zafaren crusk e mollica fritta. Il discorso diventa lungo se parliamo per un attimo dei cosiddetti ferriciedd, fusilli che si ricavano avvolgendo pezzi di sfoglia di grano duro intorno a un ferro filiforme. Si preparano per Carnevale. Senza escludere Lagane, Manate, calzoncelli ( tagliati con la rutedd ( rotella) pieni di ricotta. Insomma buon piatto di pasta, adeguatamente condito, è una poesia. È un’arte raffinata, sottile. Certo resta un punto a sfavore: tante volte si fa prima a trovare il significato della vita che a trovare il tempo di cottura su un pacco di pasta. In Lucania grazie a Dio il tempo ha sapore unico e sostanzioso. Per questo che tutto qui si ferma tra le 12,30 e le 14,00 circa.
Oreste Roberto Lanza