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(Adnkronos) – Da qualche settimana assistiamo a un aumento dei contagi diagnosticati di infezione da covid. Sono 13.672 i casi registrati in Italia nella settimana tra il 18 e il 24 luglio, quasi il 53% in più rispetto ai 7 giorni precedenti quando i casi erano 8.942. "Un rialzo simile è stato osservato anche nel resto d’Europa e in altri Paesi del mondo e rispecchia, anche se con tempistiche leggermente diverse, quanto avvenuto nello stesso periodo dello scorso anno. Quello a cui stiamo assistendo, però, non è un evento inaspettato. Il virus continua a circolare nella popolazione generando sempre nuove varianti che possono differire in termini di capacità di trasmissione anche in relazione alle risposte immunitarie della popolazione". A fare il punto sui dati Covid nel nostro Paese è, per l'Adnkronos Salute, Anna Teresa Palamara, direttrice del Dipartimento Malattie infettive dell'Istituto Superiore di Sanità.  Questo quadro conferma che, continua Palamara, "Sars-Cov-2 non ha un chiaro andamento stagionale, come altri virus respiratori che infettano con più facilità in inverno, l'influenza per esempio. Diversi fattori sembrano contribuire a questo fenomeno, incluse le caratteristiche del virus stesso in rapporto all’ambiente, ma anche la natura della risposta immunitaria che sviluppiamo. Alcuni dati infatti mostrano che, mentre la protezione contro la malattia grave, legata all'infezione e/o alla vaccinazione si mantiene nel tempo, l’immunità verso l’infezione sia più 'labile'. Questo significa che, a breve distanza dall’infezione, si può essere nuovamente suscettibili, come succede per il raffreddore'.  Oggi, inoltre, "con grande probabilità, il numero dei casi segnalati è sottostimato, anche a causa della sottodiagnosi dovuta al fatto che, fortunatamente, in gran parte delle persone l’infezione decorre con sintomi simil-influenzali che possono essere confusi con altre infezioni respiratorie. Nelle stesse settimane, registriamo anche un aumento contenuto ma costante dei ricoveri che si osservano soprattutto nelle persone più anziane (oltre gli 80 anni). In generale, comunque, ad oggi l’impatto di questo incremento dei casi sugli ospedali rimane limitato".  "Al momento non ci sono ragioni per pensare che le varianti attualmente circolanti di Sars-Cov-2 causino dei sintomi diversi o più gravi rispetto alle precedenti. Oggi, fortunatamente, esiste una immunità diffusa nella popolazione che, per questo, risulta protetta dalle complicanze più gravi. Ovviamente lo stato di salute della persona gioca un ruolo molto importante nel determinare un quadro clinico severo. Per questo le persone anziane e quelle più vulnerabili per condizioni particolari o altre malattie devono essere più attente e proteggersi", ha detto ancora Palamara che fa il punto sui dati Covid in Italia ricordando che "la variante JN.1, derivante da Omicron, è largamente prevalente con tutti i suoi sottolignaggi, come KP.2.3, KP.3, KP.3.1.1" Attualmente "non si teme più il virus come nel corso della pandemia, ma bisogna con realismo tutelare le persone più vulnerabili da questa come da altre infezioni respiratorie le cui conseguenze possono essere prevenute. Vale la pena, ricordare che le più semplici azioni come il frequente lavaggio delle mani e l’aerazione degli ambienti sono le prime e più semplici misure di prevenzione", aggiunge Palamara. Sempre in tema di prevenzione "sono in corso di valutazione, per la campagna vaccinale autunnale, diverse tipologie di vaccini aggiornati contro le varianti circolanti di Sars-Cov-2. L’Ema ha approvato o ha in via di approvazione diversi vaccini che riconoscono la variante JN.1. Ormai non ha più senso parlare di terza, quarta o quinta dose. Prima della stagione invernale nella quale come quest’anno circoleranno molti virus respiratori, è bene che le persone anziane e vulnerabili si proteggano dal Covid e dall’influenza stagionale", conclude. —cronacawebinfo@adnkronos.com (Web Info)

Redazione

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