Tempo di lettura: 2 minuti

(Adnkronos) – Una volta sarebbero state solo battute da bar. Oggi sono i tormentoni via social, e perfino i retroscena della stampa, a legare la vita privata di campioni come Jannick Sinner e Matteo Berrettini alle sconfitte e agli infortuni. In ordine temporale, prima c'è stata la relazione tra il tennista romano e Melissa Satta a tenere banco, con l'allusione continua alla coincidenza tra pessimi risultati sul campo e una vita in coppia sotto i riflettori. Ora è la tonsillite di Sinner, che ha causato la rinuncia alle Olimpiadi di Parigi 2024, a essere imputata alla vacanza che si è concesso con la compagna, la tennista russa Anna Kalinskaya.  L'idea che si fa largo, post dopo post, è che il tennis sia uno sport che impone al massimo livello una vita monastica, senza tentazioni e senza spazio per rapporti normali. Una tesi che piace ai complottisti e che viene spesso sorretta da argomentazioni tanto improbabili quanto fantasiose, con il sesso e la vita facile sempre presenti come convitati di pietra.  La stessa storia del tennis la smentisce senza appello guardando a tanti precedenti illustri. Vengono in mente, come primo termine di paragone, Adriano Panatta a Bjorn Borg, che non hanno di certo mai vissuto il campo in alternativa alla vita sociale. Altri tempi, e altro contesto, è la prima obiezione che si può fare. La differenza sostanziale, però, non è nelle abitudini dei tennisti, o di qualunque altro sportivo, ma nella moltiplicazione esponenziale del peso che assumono i giudizi sommari, le banalizzazioni che restavano al bar e che ora rimbalzano fino a diventare verosimili interpretazioni della realtà. E non è solo colpa, o responsabilità, della tanto frequentata deriva social. Anche l'informazione fa la sua parte, nel frullatore delle notizie che diventano facilmente congetture e illazioni. L'allusione sessuale da bar viene nobilitata ad analisi più articolata, attribuendo a un rapporto sentimentale la distrazione dal percorso retto, quello fatto di dedizione assoluta al rettangolo di gioco. Non c'è solo l'acquiescenza al pettegolezzo, c'è anche la presunzione di spiegare come deve funzionare la vita, sportiva e privata, degli altri. E il quadro peggiora. (Di Fabio Insenga)   —sportwebinfo@adnkronos.com (Web Info)

Redazione

Lsd sta per Last smart day, ovvero ultimo giorno intelligente, ultima speranza di una fuga da una cultura ormai completamente omologata, massificata, banalizzata. Il riferimento all'acido lisergico del nostro padre spirituale, Albert Hofmann, non è casuale, anzi tutto parte di lì perché LSDmagazine si propone come cura culturale per menti deviate dalla televisione e dalla pubblicità. Nel concreto il quotidiano diretto da Michele Traversa si offre anzitutto come enorme contenitore dell'espressività di chiunque voglia far sentire la propria opinione o menzionare fatti e notizie al di fuori dei canonici mezzi di comunicazione. Lsd pone la sua attenzione su ciò che solletica l'interesse dei suoi scrittori, indipendente dal fatto che quanto scritto sia popolare o meno, perciò riflette un sentire libero e sincero, assolutamente non vincolato e mosso dalla sola curiosità (o passione) dei suoi collaboratori. In conseguenza di ciò, hanno spazio molteplici interviste condotte a personaggi di sicuro spessore ma che non trovano spazio nei salotti televisivi, recensioni di gruppi musicali, dischi e libri non riconosciuti come best sellers, cronache e resoconti di sport minori, fatti ed iniziative locali che solitamente non hanno il risalto che meritano. Ma Lsd è anche fuga dal quotidiano, i vari resoconti dai luoghi più suggestivi del pianeta rendono il nostro magazine punto di riferimento per odeporici lettori.