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(Adnkronos) – "Dopo 55 anni di impegno per le malattie del sangue, comprese le neoplasie mieloproliferative croniche, dobbiamo dire che Ail ha contribuito in modo diverso all'avanzamento delle conoscenze, ma anche e soprattutto al trasferimento di queste conoscenze per la ottimale gestione dei pazienti. E mi ferisco in particolare al fatto che Ail ha contribuito a finanziare progetti che sono andati proprio nella direzione di migliorare le conoscenze e al tempo stesso di trasferirle. Questo vuol dire che Ail ha finanziato progetti che hanno contribuito all'identificazione delle più comuni mutazioni del Dna che si manifestano in questi pazienti. Ail si sta impegnando, ovviamente non da sola, nel capire in grandi studi su numeri elevati di pazienti trattati in 'real life' qual è l'impatto di questi nuovi farmaci nei pazienti con neoplasie mieloproliferative croniche".  Lo ha detto all'Adnkronos Salute Alessandro Maria Vannucchi, professore di ematologia all'Università degli Studi di Firenze, direttore della SOD complessa di Ematologia dell'azienda ospedaliera universitaria Careggi di Firenze e presidente della Società italiana di ematologia sperimentale in occasione della conferenza per i 55 anni di Ail, oggi a Roma. "Ail e Gemema – continua Vannucchi – stanno lavorando assieme ormai da anni per tessere e rafforzare una rete fra i diversi centri di ematologia sul territorio nazionale non solo per ottimizzare la gestione dei pazienti con queste malattie ma soprattutto per migliorare la diagnostica molecolare". L'incontro per i 55 anni di Ail e di sostegno alla ricerca scientifica per la lotta ai tumori del sangue dal titolo 'Tecnologie biomolecorali e terapie innovative sono le nuove sfide della ricerca in Ematologia' è stata per gli esperti un'occasione per fare il punto sulle nuove terapie per le malattie del sangue, tra cui le neoplasie mieloproliferative croniche, che "sono una famiglia di malattie. Le tre forme principali sono la trombocitemia essenziale, la policitemia vera e la mielofibrosi primaria – spiega Vannucchi – Parliamo di malattie croniche perché hanno una lunga sopravvivenza, ma molto diversa. Infatti, mentre la trombocitemia essenziale è una sopravvivenza che potrebbe essere considerata quasi simile a quella della popolazione normale, ancora oggi purtroppo la sopravvivenza mediana dei pazienti con mielofibrosi è attorno ai 6-7 anni. Quindi questo rappresenta un bisogno clinico estremamente impellente".  Negli "ultimi anni ci sono stati grandi progressi dal punto di vista dei farmaci che hanno fatto seguito alla scoperta di mutazioni, che hanno permesso di sviluppare degli inibitori selettivi, quelli che si chiamano i Jak inibitori, che sono attivi sul principale meccanismo alterato nelle cellule neoplastiche". E di questi "farmaci ne abbiamo già due approvati in Italia, ce ne sono 4 approvati dalla statunitense Fda. Si tratta di farmaci capaci di migliorare i sintomi della malattia, di migliorare la qualità di vita e quindi hanno un impatto sicuramente positivo soprattutto per i pazienti". Tuttavia, "quello che ancora manca, con certezza, è la capacità di questi farmaci di essere attivi alla radice della malattia, capaci di portare a guarigione. Ecco, oggi la guarigione non è ottenibile con i farmaci, in alcuni pazienti con mielofibrosi si può ottenere con il trapianto di cellule staminali" conclude. —salutewebinfo@adnkronos.com (Web Info)

Redazione

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