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(Adnkronos) – Confida che si facciano accertamenti sul presunto accesso ai social del giovane cingalese, reo confesso dell'omicidio di Michelle Causo il Sottosegretario alla Giustizia con delega ai minori Andrea Ostellari. A denunciare i fatti, attraverso l'Adnkronos, erano stati i genitori della 17enne romana uccisa e abbandonata in un carrello, Gianluca e Daniela Causo, che avevano raccontato di presunti accessi a Instagram del ragazzo, ormai maggiorenne e recentemente spostato nell'istituto penale per minorenni di Treviso, che dal carcere avrebbe contattato sul social le amiche di Michelle attraverso diversi profili. Non solo. La famiglia della ragazza aveva anche fatto presente l'inopportunità di far seguire al detenuto, con un passato da hacker secondo i genitori della vittima, un corso di informatica. "Al momento non abbiamo riscontro concreto dei fatti presunti che, se confermati, rappresenterebbero un grave insulto alla memoria della giovane deceduta, ai suoi familiari e a tutto il sistema dell'esecuzione penale – dice Ostellari all'Adnkronos -. Come ha confermato il direttore dell'istituto trevigiano, il soggetto sta svolgendo un corso di informatica utilizzando un computer privo di connessione a internet. Confido, in ogni caso, che saranno effettuati tutti gli accertamenti utili a chiarire questa vicenda". "Mi fa piacere che il sottosegretario alla Giustizia si pronunci su questo scandalo. Ma gli accertamenti sui computer, utilizzati per i corsi di informatica nel carcere, dovrebbero esser fatti da periti esterni" dichiara all'Adnkronos Gianluca Causo, papà di Michelle, commentando le dichiarazioni del sottosegretario alla Giustizia Andrea Ostellari."Chi ha ammazzato mia figlia ha accesso al Pc tutti i giorni, mattina e pomeriggio, spesso senza un professore fisso che controlli la sua attività – sottolinea Causo -. Perché da parte del carcere negare con tanta fermezza la possibilità di un utilizzo illegittimo del computer o di una connessione attraverso un telefono cellulare fatto entrare nella struttura in modo fortuito? Perché ogni volta che ho chiesto chiarimenti all'istituto penale mi hanno attaccato il telefono in faccia invece di predisporre serie verifiche? Come si può escludere che non sia entrato qualche telefono cellulare in carcere?". "Gli incontri in istituto – ragiona il papà di Michelle – non avvengono in una stanza chiusa, sedia contro sedia separati da un tavolo, ma in uno 'spazietto' dedicato, così lo chiamano, dove all'aperto tranquilli ci si può passare tranquillamente di tutto. E' un contatto spesso incontrollato, che non mi dà alcuna rassicurazione. Non so se gli accessi al social siano stati fatti da un computer o da un telefono, ma sono stati fatti, me lo hanno detto tanti amici suoi e di Michelle. Tutta questa premura dai vertici a negare la possibilità che questo soggetto si connetta con l'esterno non mi rassicura affatto, anzi. Scommettiamo che se battono palmo a palmo l'istituto penitenziario qualcosa esce?". —cronacawebinfo@adnkronos.com (Web Info)