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Va detto che Silvio Orlando è bravo, e saprebbe rendere interessante anche la lettura più noiosa. Va anche detto che è un attore di tale maturità da aver piena padronanza della scena, che adopera per coltivare la sua passione di sempre: la musica. Una piccola, ma considerevole banda di musicisti, accompagna questo monologo sulla vita, sul suo inesorabile scorrere e sulle vicende personali e della storia.
La Vita davanti a sé è tratto dal romanzo dell’autore francese Romain Gary. E’ una storia sull’amore e sulla sua ricerca. Momò, piccolo orfano, figlio di una prostituta, viene cresciuto, con tanti altri bambini come lui, da madama Rosà.
Vivono tutti insieme in una realtà multi-etnica e di variegata umanità, in cui, tuttavia, c’è coesione sociale, empatia, aiuto reciproco.
Momò cerca l’amore della madre, che non va mai a trovarlo. Cerca la madre in ogni donna giovane che incontra, fa di tutto per farsi notare, vuole attirare l’attenzione, cerca un riconoscimento, ha fame di affetto. Ruba, fa il pagliaccio, provoca.
Scoprirà che sua madre è morta, uccisa dal suo protettore.
Momò racconta sé stesso e la storia di tutti gli uomini: tutti alla ricerca d’amore, ignari, spesso di essere amati lì dove non sembrerebbe.
Momò scoprirà che madame Rosà lo ha sempre prediletto tra tutti i bambini affidatele, sino a mentirgli, omettergli la triste storia familiare, da ultimo, sottrarlo ad un padre pappone ed assassino.
Alla storia individuale si intrecciano le storie di ebrei e musulmani, dei persecutori e dei perseguitati.
La narrazione di Momò, un’ora e mezza in cui si dipana il racconto di una vita, è però anche la storia della vita medesima.
Nel suo girovagare Momò incontra una doppiatrice e scopre la magia del cinema, che consente di far tornare indietro la narrazione.
Il gioco del riavvolgere la pellicola e della ripetizione degli accadimenti dell’esistenza, sposta dalla narrazione di un susseguirsi di fatti tristi, ma che mai inducono alla tristezza, al senso assoluto della vita, gioco e recitazione.
Non a caso Silvio Orlando chiude lo spettacolo suonando insieme al suo gruppo, perché dopo aver regalato al pubblico momenti di grande arte, concede a sé stesso il piacere di coltivare il proprio amore per la musica.
Testo e foto di Rossana Rignani