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(Adnkronos) – La foto del sindaco di Bari Antonio Decaro con una parente del boss Antonio Capriati sta facendo discutere da giorni. Con tutti i detrattori dell'esponente Pd a farne un indizio sufficiente a ipotizzare un legame, o anche solo una conoscenza inopportuna. Stessa associazione, sul fronte politico opposto, è stata fatta più volte in passato. Il problema però è più largo della politica o delle polemiche di parte.  Stessa sorte è toccata, approdando al mondo dello spettacolo, a celebri attori come Pierfrancesco Favino e Claudio Amendola, ironia della sorte anche loro fotografati in compagnia di uno Spada. E l'elenco può allungarsi con altri casi eclatanti, partendo dai calciatori che, fin dai tempi di Maradona, spesso diventano involontari testimonial di pluripregiudicati e membri di clan malavitosi in cerca di visibilità.  Il tema è sempre lo stesso. I selfie dei personaggi pubblici, richiesti in ogni occasione e in qualsiasi contesto, espongono al rischio di finire nello scatto sbagliato. Rischio difficile da azzerare, anche con tutte le precauzioni possibili, e praticamente 'imparabile' a meno che non si rinunci a qualsiasi occasione in cui la propria immagine può essere accostata a quella 'compromettente' di un'altra persona.  Le occasioni a rischio si sono moltiplicate esponenzialmente nel tempo con la diffusione degli smartphone, che moltiplicano gli obiettivi sempre pronti a catturare immagini, e dei social network, che hanno la forza di rendere virale qualsiasi contenuto. Quello che una volta potevano fare i paparazzi con le 'foto rubate' oggi è praticamente alla portata di tutti. Con la conseguenza che qualsiasi fotogramma può diventare imbarazzante a prescindere dal contesto e dai rapporti, reali o presunti, di chi compare in una foto. Senza neanche aprire il capitolo intelligenza artificiale, che espone al rischio ulteriore della contraffazione e che sconfina oltre la dimensione del selfie, l'attenzione si può spostare sull'utilizzo che si fa delle immagini scattate in pubblico: si possono utilizzare, commentare, e portare da una parte all'altra della discussione ma farne la prova, o anche solo l'indizio, di una frequentazione compromettente è nel contesto attuale un azzardo che diventa inevitabilmente strumentalizzazione. (Di Fabio Insenga)  —politicawebinfo@adnkronos.com (Web Info)

Redazione

Lsd sta per Last smart day, ovvero ultimo giorno intelligente, ultima speranza di una fuga da una cultura ormai completamente omologata, massificata, banalizzata. Il riferimento all'acido lisergico del nostro padre spirituale, Albert Hofmann, non è casuale, anzi tutto parte di lì perché LSDmagazine si propone come cura culturale per menti deviate dalla televisione e dalla pubblicità. Nel concreto il quotidiano diretto da Michele Traversa si offre anzitutto come enorme contenitore dell'espressività di chiunque voglia far sentire la propria opinione o menzionare fatti e notizie al di fuori dei canonici mezzi di comunicazione. Lsd pone la sua attenzione su ciò che solletica l'interesse dei suoi scrittori, indipendente dal fatto che quanto scritto sia popolare o meno, perciò riflette un sentire libero e sincero, assolutamente non vincolato e mosso dalla sola curiosità (o passione) dei suoi collaboratori. In conseguenza di ciò, hanno spazio molteplici interviste condotte a personaggi di sicuro spessore ma che non trovano spazio nei salotti televisivi, recensioni di gruppi musicali, dischi e libri non riconosciuti come best sellers, cronache e resoconti di sport minori, fatti ed iniziative locali che solitamente non hanno il risalto che meritano. Ma Lsd è anche fuga dal quotidiano, i vari resoconti dai luoghi più suggestivi del pianeta rendono il nostro magazine punto di riferimento per odeporici lettori.