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La violenza sugli operatori sanitari rappresenta un fenomeno in forte crescita e piuttosto allarmante. Il rianimatore Fausto D’Agostino, ospite presso il programma tv Unomattina, ha parlato sule tema delle violenze nei confronti degli operatori sanitari
Intervista al Dott. Fausto D’Agostino, medico brindisino, anestesista rianimatore al Policlinico Campus Bio-Medico di Roma su RAI1 nella trasmissione Unomattina.
Si è parlato della violenza degli operatori sanitari e del rapporto medico paziente, ad intervistarlo Daniela Ferolla ex Miss Italia.
Dottore, purtroppo le aggressioni al personale sanitario sono in aumento. Qual è la portata del fenomeno?
Questo è un tema fondamentale. La violenza sul luogo di lavoro per le professioni sanitarie rappresenta un fenomeno in forte crescita e piuttosto allarmante.
Dai dati di ieri, che è stata la Giornata contro la violenza nei confronti degli operatori sanitari, è emerso che nel 2023 ci sono state oltre 16.000 segnalazioni di violenze e che ad essere aggredite sono soprattutto le donne e gli operatori sanitari tra i 35 e 49 anni.
Cosa è che fa scattare la rabbia e la reazione violenta?
Le motivazioni sono molteplici, ma primo tra tutti è da considerare la carenza di personale, soprattutto nei Pronto Soccorso, che causa disservizi in sanità e di conseguenza possibili episodi di aggressione.
Da una parte, infatti c’è la frustrazione dei pazienti e dei loro parenti, dall’altra turni sfiancanti e carenza di personale.
Inoltre, anche la cattiva informazione può causare incomprensioni, perché i pazienti vengono già documentati da google mettendo in discussione la nostra diagnosi, pensando che siano più corrette le loro informazioni.
Il rapporto paziente–medico è estremamente delicato. Quali sono, dal punto di vista emotivo, gli aspetti più difficili da affrontare?
Diciamo subito che oggi per essere un buon medico sono richieste doti straordinarie, oltre alla formazione di base. Ad esempio è importante una buona comunicazione che riduca al massimo l’equivoco con i pazienti che sono diventati sempre più esigenti e diffidenti.
Dal punto di vista delle emozioni, se si crea troppa empatia si rischia di distruggersi emotivamente se al contrario si trattano i pazienti con distacco si rischia di non sembrare un buon medico.
È una professione difficile anche per questo.
Ritiene che ci sia una formazione adeguata, per gli operatori sanitari, riguardo il rapporto con il paziente?
Non abbastanza, anche se negli ultimi anni ci si sta muovendo su questa direzione perché molti enti hanno capito l’importanza della formazione sul tema rapporto medico-paziente ed hanno attivato corsi specifici.
Le dirò di più, la formazione sarebbe importante non solo per il professionista sanitario ma anche per la cittadinanza che attraverso la scuola e la famiglia potrebbe essere sensibilizzata sul ruolo prezioso che svolgono tutti gli operatori sanitari.
E’ partita da pochi giorni la campagna: La violenza non cura, promossa dal Ministero della Salute. Quali sono gli strumenti che sono stati messi in campo?
Gli strumenti messi in campo sono diversi: sensibilizzare la popolazione sul fenomeno, promuovere un sentimento positivo nei confronti degli operatori sanitari, ricostruire il rapporto di fiducia con la popolazione, perché a mio avviso solo collaborando è possibile superare le difficoltà.
Ascoltare le esigenze dei pazienti e quelle degli operatori sanitari è la base da cui ripartire per garantire cure migliori a tutti.
Non dimentichiamoci mai che un medico sereno è anche un medico più efficiente, perché, dialogo e fiducia creano armonia e progresso.