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(Adnkronos) – A un anno dalla tragedia di Steccato di Cutro, Wahid cammina con passo lento. La barba incolta, tiene gli occhi bassi. Parla a bassa voce mentre cammina per raggiungere il Museo di Pitagora di Crotone, dove viene inaugurata una mostra sulla strage.
Lui era su quel barcone, la ‘Summer Love’, con la moglie e quattro figli. Stavano raggiungendo l’Italia per poi continuare il viaggio in Germania dove vivono i parenti. Ma quella notte, tra il 25 e il 26 febbraio di un anno fa, Wahid ha perso quasi tutta la sua famiglia. La moglie Monika e tre figli, di 12, 8 e 5 anni. Il corpo del più piccolo non è mai stato restituito dal mare. L’unico sopravvissuto è Maidan, che oggi ha 14 anni. Padre e figlio vivono ad Amburgo, in un campo per i profughi. In attesa di una sistemazione. Wahid sta facendo un corso di tedesco per potere imparare la lingua. “Vorrei potere incominciare a lavorare – dice in una intervista all’Adnkronos – Ma ancora sto imparando”. E’ dura la vita senza la sua famiglia. “La forza per continuare me la da mio figlio, vivo per lui. Solo per lui”, dice Wahid. Ad accompagnarlo in Italia è il nipote Alauddin, che vive in Germania. L’anno scorso, dopo avere saputo della tragedia, si mise in macchina e in 25 ore arrivò a Crotone per cercare la zia e le cuginette. I corpi delle ragazze furono ritrovate, insieme con la zia, ma del bambino si persero le tracce. Il piccolo Maidan, che oggi va a scuola, e ha già imparato il tedesco, è rimasto ad Amburgo. “Non è voluto venire – dice il padre –. Non se la sentiva di ripercorrere di nuovo quei momenti terribili. Per lui, come per me, è stato un trauma”. Il ragazzo oggi ha amici tedeschi, afghani, e turchi. “Perché parla il turco – dice il padre – è un ragazzino sereno, anche se la mancanza della madre e dei fratellini la sente, eccome”. Wahid oltre a seguire le lezioni di tedesco prega molto e trascorre il tempo con il figlio. “Ma se mi fermo a pensare è la fine”, dice. “Non voglio pensare a quello che mi è successo, altrimenti non riesco ad andare avanti”. Quella notte maledetta, Wahid chiamò alle 3.45 il nipote Alauddin per avvertirlo che sarebbe arrivato a Crotone poco dopo. Lui, la moglie Monika, e i quattro bambini. Poi, la tragedia. Quando un anno fa mostrarono le foto dei corpi ritrovati a Wahid, lui non riconobbe né la moglie Monika, di 35 anni, né le due figlie. I loro corpi erano devastati dal mare. Irriconoscibili. Il viaggio della famiglia di Wahid è iniziato da Smirne pochi giorni prima di quel 26 febbraio di un anno fa. Per sei persone hanno pagato 30mila euro. “Tutti i risparmi della nostra vita”, dice sussurrando. Sabato notte, 25 febbraio 2023, l'avvicinamento alle coste di Crotone. "Alle 3.45 del 26 febbraio è arrivato il messaggio audio su whatsapp – ricorda oggi il nipote Alauddin – e mio zio era tutto contento perché ormai il peggio era alle spalle". Poi il ricordo di quella tragedia. Wahid inizia a piangere. "La barca ha sbattuto contro qualcosa di duro – dice – e in pochi secondi si è spezzata ed è entrata tanta acqua. In dieci secondo la barca era invasa di acqua. Non abbiamo fatto in tempo a uscire dalla stiva. Io ho preso in braccio i tre figli più piccoli, tutti insieme, per salvarli, ma era difficile uscire da quel maledetto buco". Poi sono finiti tutti in acqua. E Monika è morta con i suoi tre figli. Dalla Germania sono venuti in nove per ricordare la tragedia di un anno fa. Fanno parte del gruppo di 30 accolti dal governo tedesco un anno fa, sulla base di un accordo con quello italiano, e che però dopo un anno ancora vivono in un campo di accoglienza ad Amburgo, in 3-4 per stanza. Ma, soprattutto, non hanno ancora i documenti che gli permettano di muoversi liberamente. Solo l’impegno delle associazioni calabresi è riuscito a far ottenere, ma solo a 9, un passaporto di viaggio tedesco e un permesso di soggiorno che ha permesso loro di raggiungere Crotone e Cutro e poi tornare ad Amburgo. (dall'inviata Elvira Terranova) —cronacawebinfo@adnkronos.com (Web Info)