Tempo di lettura: 1 minuto

(Adnkronos) –
Dahomey di Mati Diop vince l'Orso d'Oro per il miglior film alla 74esima edizione della Berlinale. La Giuria internazionale, presieduta da Lupita Nyong'o e composta da Brady Corbet, Ann Hui, Christian Petzold, Albert Serra, Jasmine Trinca e Oksana Zabuzhko, incorona così la regista francese di origini senegalesi, che ha dedicato il suo documentario alla restituzione al Benin di ventisei oggetti trafugati del Regno di Dahomey durante la guerra di colonizzazione e conservati al Musée du quai Branly di Parigi. Hong San-soo manca ancora una volta l'Orso d'Oro e conquista il quarto Orso d'Argento in carriera. Premio della Giuria a L'empire di Bruno Dumont. Sebastian Stan, noto come il Winter Soldier del Marvel Cinematic Universe, vince il suo primo premio a un Festival: con A Different Man, in cui interpreta un aspirante attore affetto da una malformazione al viso, ottiene l'Orso d'Argento per la miglior interpretazione da protagonista. Emily Watson riceve il premio per la miglior interpretazione non protagonista nel film d'apertura del Festival, Small Things Like These, nel ruolo di una suore coinvolta nel caso delle Magdalene Houses. Niente da fare per i due film italiani in concorso, Antoher End e Gloria!. 
Tra i documentari vince No Other Land, incentrato su un attivista palestinese, diretto da un collettivo israelo-palestinese formato da quattro giovani attivisti e realizzato come "un atto di resistenza creativa nella speranza di una maggiore giustizia". Nella sezione Encounters, dedicata ai lavori più pionieristici, s’impone Direct Action, fluviale documentario che racconta le vicende di un collettivo rurale di centocinquanta persone che ha resistito con successo al progetto di espansione di un aeroporto internazionale nel 2018, che dal 2021 ha dato vita a un nuovo movimento ecologista. —spettacoliwebinfo@adnkronos.com (Web Info)

Redazione

Lsd sta per Last smart day, ovvero ultimo giorno intelligente, ultima speranza di una fuga da una cultura ormai completamente omologata, massificata, banalizzata. Il riferimento all'acido lisergico del nostro padre spirituale, Albert Hofmann, non è casuale, anzi tutto parte di lì perché LSDmagazine si propone come cura culturale per menti deviate dalla televisione e dalla pubblicità. Nel concreto il quotidiano diretto da Michele Traversa si offre anzitutto come enorme contenitore dell'espressività di chiunque voglia far sentire la propria opinione o menzionare fatti e notizie al di fuori dei canonici mezzi di comunicazione. Lsd pone la sua attenzione su ciò che solletica l'interesse dei suoi scrittori, indipendente dal fatto che quanto scritto sia popolare o meno, perciò riflette un sentire libero e sincero, assolutamente non vincolato e mosso dalla sola curiosità (o passione) dei suoi collaboratori. In conseguenza di ciò, hanno spazio molteplici interviste condotte a personaggi di sicuro spessore ma che non trovano spazio nei salotti televisivi, recensioni di gruppi musicali, dischi e libri non riconosciuti come best sellers, cronache e resoconti di sport minori, fatti ed iniziative locali che solitamente non hanno il risalto che meritano. Ma Lsd è anche fuga dal quotidiano, i vari resoconti dai luoghi più suggestivi del pianeta rendono il nostro magazine punto di riferimento per odeporici lettori.