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«Sempre qui con la penna in mano Mentre gioco strano Questa sarà diversa Il mio demone vuole acqua fresca Tutto iniziò a 13 anni Con i miei che si divisero gli spazi da lì è iniziata la ricerca da lì è iniziata la tempesta senza famiglia l’ho cercata in ragazze e bottiglia due storie importanti 7 e 13 sono gli anni Mentre loro cercavano di salvarmi Io distruggevo tutto quello che avevo davanti Lavoravo con mio padre in cantiere Fino alla fatidica notte in cui tagliai nervi tendinei e arterie Dopo sono caduto tra la cenere delle bottiglie E tra piene di scintille 30 mila euro in 2 mesi netti Che hanno strappato i miei progetti È iniziato l’inferno della psichiatria Con dottori che dicevano alla mamma mia Signora, suo figlio non tornerà mai più come prima Ho alle spalle 6 ricoveri fissi 6 volte legato al letto per giorni infiniti La mia mente ha rimosso quei momenti Anche se è evidente che l’anima vive quei tormenti Ora sono qui che scrivo versi Ed ho perso molti interessi Ho 33 anni e non ho niente Ma ho te nel cuore mio serpente»: Marco Pentolini si racconta con sincerità nella sua raccolta poetica “Lettere dall’Inferno Ea13”. La citazione appena menzionata è tratta dalla lirica “Caffè e Winston”, una delle più autobiografiche presenti nell’opera; il tormento dell’autore è il tema principale della raccolta: un tormento esistenziale che lo ha portato diverse volte a deragliare, e a imboccare sentieri autodistruttivi. Marco sa di aver commesso degli errori e non si nasconde dietro a un dito, anzi, queste poesie sono l’occasione per denunciarsi e per iniziare anche un personale processo di guarigione: solo la scrittura riesce a placare la sua anima tormentata, e soprattutto nei giorni di pioggia egli ama scrivere per riversare sul foglio quel dolore acuto e paralizzante, che lo ha fatto allontanare da tutto e da tutti. Il poeta si interroga profondamente sul suo vissuto, e ripercorre i momenti più oscuri e tragici: anche in questo caso non si nasconde e non si censura, e ci parla dei tentativi di suicidio, delle sue dipendenze, dei ricoveri in psichiatria. Dalle liriche emerge tutto il suo sconforto, e a volte la rassegnazione del dolente fa male anche a chi legge, ma l’autore poi ci colpisce e ci sorprende con la sua tenace resistenza alla sofferenza: in alcune poesie troviamo infatti la sua voglia di risalire dal baratro, e di rinascere immerso nella luce.