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“Non possiamo stare fermi a guardare la vita scorrerci davanti”. Così annotava, nel 2015, nel suo libro “la vita è un viaggio”, Beppe Severgnini, giornalista del Corriere della Sera. Il libro del materano Giovanni Caserta “Viaggiatori stranieri in terra di Lucania Basilicata” edito da Osanna editore, fonda il proprio narrare sul principio che non si può restare fermi, ma viaggiare ti porta a scoprire luoghi remoti, che non avresti creduto esistessero. Viaggiare è come il sale, è come le spezie, cambia il sapore di tutto ciò che tocchi, ti lascia profumi e fragranze impigliate nel cuore. Vite nuove o vecchie che permettono di vedere non è ciò che vediamo, ma ciò che siamo. Quello di Giovanni Caserta è un libro per studiosi e appassionati o semplici lettori della storia, della cultura, delle tradizioni, dei costumi del Mezzogiorno d’Italia e, più in generale, di coloro che amano i racconti di viaggio. Un viaggio particolare fatto da esploratori stranieri che mettono piede in Lucania a partire dal 1700 e fino agli anni sessanta del 1900. Duecento settantadue pagine ben scritte di esplorazioni di luoghi, all’epoca “terre incognite”, non immuni da pericoli con viaggi che potevano essere senza ritorno. Ci sono pagine dove vengono raccontato come questi viaggiatori prima di addentrarsi per le terre pericolose della Lucania Basilicata usavano fare testamento. Quasi tutti si fornivano di lettere di raccomandazione con cui si presentavano a personaggi e autorità delle terre visitate. Un viaggio che ha luogo dalla parte alta dell’area bradanica ricca di risorse archeologiche e più accessibile per le strade e che andavano e venivano da Napoli; un salto nella Val d’Agri, arrivando da Atena, Sala Consilina e Padula, per visitare Tramutola, fino a Grumentum città prima greca, poi romana teatro di un famoso scontro tra Annibale e il console Nerone. Tanti i percorsi e tante le sorprese; un libro da leggere d’un fiato per avere, alla fine, un quadro preciso di una terra che resta ancora misteriosa, sconosciuta, povera ma abitata da gente di grande dignità.
Oreste Roberto Lanza