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Il 3 gennaio del 1954 la Rai inizia il regolare servizio di trasmissione su tutto il territorio nazionale. Nel giro di pochi anni la televisione entrerà nelle case degli italiani. Nel 1965 gli abbonati saranno oltre 6 milioni.
“La luce nella masseria”, film tv in prima visione domenica 7 gennaio in prima serata su Rai 1 – una produzione Èliseo Entertainment in collaborazione con Rai Fiction, prodotto da Luca Barbareschi per la regia di Riccardo Donna e Tiziana Aristarco – si colloca nell’ambito delle celebrazioni per i settanta anni della televisione e racconta l’arrivo del nuovo medium in una famiglia del Sud Italia negli anni ‘60. Più precisamente in una famiglia di Matera, città della Basilicata che una quindicina di anni prima era stata definita da Palmiro Togliatti “vergogna nazionale” per le misere condizioni di vita degli abitanti. Si tratta di una popolazione che per il 95% si sostiene con l’agricoltura e che ha un’emigrazione (verso il nord e verso l’estero) ancora piuttosto significativa.
Il racconto si colloca proprio nel momento in cui il progresso, portato anche dalle prime fabbriche, causa lo svuotamento delle campagne. La gente vive il disorientamento dovuto alle implicazioni che questo processo innesca nelle relazioni sociali di tradizione millenaria. Quella narrata è una famiglia come tante, in cui l’avvento della modernità provoca una frattura all’interno della civiltà contadina e compromette quei momenti di condivisione e di socialità che da sempre le erano connaturati. La vita nelle campagne era faticosa e difficile, ma la famiglia era aggregata e, agli occhi dei bambini, vivere tutti insieme era una felicità.
Eppure, sarà proprio la televisione a mantenere viva quella socialità. Raccogliersi intorno al televisore diventa un’esperienza collettiva e sociale grazie alla forza aggregatrice dei programmi dell’epoca.
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