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«La Vita è bella, io la mia l’ho vissuta in tanti modi. Ho accettato il bene e il male. Ho accettato di essere quella che Sono. Io semplicemente io Angela. Senza mai assomigliare a nessuno. Senza giudicare. Senza invidia. Ho sempre pensato che la vita è un palcoscenico dove io sono la protagonista insieme a tutti voi chi più chi meno, chi diversi e chi uguali. Ma… La mia chiamata finale è uguale a tutte le altre persone. Quando arriva non fa distinzioni di colore o persona. Ho capito che io e tutto il mondo siamo solo di passaggio qui in terra fino alla chiusura del Sipario»: Angela Pedrola presenta la sua autobiografia “La Favola di una persona diversamente abile”, elargendo piccole perle di saggezza e facendo riflettere il lettore su una tematica che a volte si lascia da parte, non rendendosi conto dell’ingiustizia che ne deriva. Le persone diversamente abili sono spesso emarginate, e non hanno quindi modo di accedere ai servizi basilari o ad attività lavorative o addirittura a una normale vita sociale; l’autrice fa parte di questa categoria, e ne rivendica orgogliosamente l’appartenenza in quest’opera che parla della disabilità con onestà, esprimendo i sentimenti di chi non vuole sentirsi discriminata ma accolta, accettata e amata per quella che è. E chi è Angela Pedrola? Semplicemente una donna che vuole essere sé stessa, che desidera amare e aiutare il prossimo, e che ha scelto di utilizzare il mezzo letterario non solo per ringraziare tutti coloro che non l’hanno fatta sentire emarginata ma anche per puntare l’attenzione sulla condizione dei diversamente abili, e per fare quindi qualcosa di concreto per migliorare la loro esistenza. Angela è stata abbandonata in fasce da dei genitori che probabilmente non accettavano la sua disabilità; dopo aver trascorso più di due anni in un brefotrofio, è stata finalmente adottata da una famiglia che le ha dato tutto il suo amore, e che non l’ha mai fatta sentire diversa – nel senso spregiativo del termine. È importante sottolinearlo perché essere diversi può e deve essere un valore, e non un limite o una vergogna; Angela ne è pienamente cosciente e nell’opera, raccontando della sua vita, ribadisce più volte che noi esseri umani siamo tutti uguali, non importa se con una gamba in meno o senza la possibilità di vedere o, ancora, con un cervello che funziona in un modo differente da quello altrui. Quello che conta è il cuore, è l’amore che riusciamo a donare, è la generosità di accettare anche chi è diverso da noi.