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Le vicende del ricongiungimento tra Orazio, gentiluomo livornese, e la sua sposa Ginevra, amanti ostacolati dalla famiglia e allontanati dal destino, nel contesto comico di una giornata nel palazzo veneziano in cui le lezioni di musica del maestro Lamberto si alternano a ingaggi teatrali improbabili  – da Teatro alla moda – e a mascherate carnascialesche costituiscono la trama semplice ma efficace de L’Orazio di Pietro Auletta, che va in scena in prima rappresentazione moderna, nell’edizione critica curata da Bernardino Ticci, sabato 22 e martedì 25 luglio 2023, alle ore 21:00, al Teatro Verdi di Martina Franca; terzo titolo, in ordine cronologico, in scena al 49° Festival della Valle d’Itria.

Appone la sua firma creativa all’allestimento il team creativo composto dallo specialista del Barocco Federico Maria Sardelli, alla testa della sua Orchestra Barocca Modo Antiquo, per la regia di Jean Renshaw, con le scene e i costumi di Lisa Moro e il lighting design di Pietro Sperduti. Il cast si compone di Shira Patchornik, soprano (Leandro), Valeria La Grotta, soprano (Giacomina), Martina Licari, soprano (Elisa), Natalia Kawatek, mezzosoprano (Lauretta), Camilo Delgado Díaz, tenore (Colagianni), Matteo Loi, baritono (Lamberto).

 

Basato sul libretto di Antonio Palomba, poi divenuto prolifico librettista napoletano, L’Orazio fu rappresentato per la prima volta a Napoli al Teatro Nuovo nel Carnevale del 1737, quando Auletta è già da diverso tempo maestro di cappella del Principe di Belvedere. Dopo la première, data al Teatro Nuovo di Napoli nel carnevale del 1737, l’opera venne riallestita per ben 20 volte in giro per l’Europa, fino al 1764. Un successo che ne ha determinato la continua metamorfosi, in una girandola d’interpolazioni e di attribuzioni errate che trovarono il culmine quasi due secoli più tardi, quando l’antiscientifica impresa degli Opera Omnia pergolesiani annoverò nel 1942 una versione condensata e mutila dell’opera che fu di Auletta, attribuendola a Pergolesi sotto il titolo de Il maestro di musica.

«Accingersi a dar la prima in tempi moderni dell’Orazio di Pietro Auletta e Antonio Palomba è impresa difficile e piena d’insidie» garantisce il direttore Federico Maria Sardelli. «L’Orazio ha avuto la ventura/sventura di essere un’opera di grande successo: nulla di peggio, nel Settecento, per alterare e pian piano distruggere ogni integrità della sua struttura originaria. Chi dà alla luce l’edizione critica della partitura assolve un compito improbo, non soltanto perché la rete delle progressive modificazioni non è sempre chiara o attestata, ma perché per di più non esiste alcun testimone musicale risalente alla prima del 1737. È dunque impossibile stabilire un qualsiasi “testo originario”. L’Orazio divenne un pasticcio subito dopo esser nato, tagliando il cordone ombelicale che lo legava al suo autore e disseminandosi come tale lungo trent’anni di continui successi».

 

La trama: durante le lezioni di canto nel suo palazzo veneziano, il maestro di cappella Lamberto si appresta a ricevere un nuovo allievo e l’impresario del Teatro Nuovo di Napoli. La prescelta per il ruolo di prima donna è Giacomina, cantante ormai pronta per le scene, ma Lauretta, seppur acerba, non passa inosservata. Si aprono così le trattative tra maestro e impresario, in una spassosa parodia delle mode e dei vizi del teatro settecentesco. Diversi segreti si celano però tra un ingaggio e un’accademia di musica: primo fra tutti quello di Orazio, gentiluomo livornese che, sotto le mentite spoglie di Leandro, desidera ritrovare la sua sposa Ginevra, dalla quale era stato separato molto tempo prima. Storie di amori proibiti, pirati e rapimenti emergono dagli affetti di personaggi sfaccettati, creando un intreccio in cui i meccanismi produttivi dell’opera buffa sono i veri protagonisti del dramma.

Redazione

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