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Riflettevo sulla concezione della famiglia romana e mi sono confrontato con le enunciazioni di Cicerone e dei giuristi romani. Essi sostennero l’esistenza di un imprescindibile criterio-vincolo: quello del fatto che la famiglia era configurata dal diritto, tenuto a riconoscere che essa realizzava i principii della ‘natura’ e, pertanto, dovesse avere come punto di riferimento il diritto naturale, per essere funzionale alla persona ed all’ordine (cosmico, umano e divino) al quale ogni vivente appartiene.
Da ciò sono stato stimolato a rivisitare il dettato dell’art 29 della Costituzione italiana: “La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio”. Incuriosito, ho riletto gli Atti parlamentari della Costituente del 1946, nei quali credo determinante l’intervento dell’on Moro. Egli ricordò che la formula: La «famiglia è una società naturale» era stata adottata (dalla prima Sottocommissione) quasi all’unanimità ed era stata proposta dall’onorevole Togliatti, il quale, dopo discussione, concordò su questo punto che nella Costituzione si dovesse dichiarare il carattere naturale della famiglia in quanto società. Il grande politico e giurista chiarí che quando si afferma che la famiglia è una «società naturale», si intende qualche cosa di più dei diritti della famiglia. Non si tratta soltanto di riconoscere i diritti naturali alla famiglia, ma di riconoscere la famiglia come società naturale, la quale abbia le sue leggi e i suoi diritti di fronte ai quali lo Stato, nella sua attività legislativa, si deve inchinare. Vi è naturalmente un potere legiferante dello Stato che opera anche in materia familiare; ma questo potere ha un limite precisamente in questa natura sociale e naturale della famiglia. Si dice poi nella formula: «e come tale lo Stato ne riconosce i diritti»: vi è quindi una sequenza logica e si completa il pensiero che per noi è caro e sul quale si è avuto anche l’accordo dell’onorevole Togliatti e di altri colleghi di parte comunista.