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Il live di Max Pezzali non è un semplice concerto ma un pezzo di vita che con piacere si sfoglia e si ricorda in un Palaflorio sold out e gremito di persone che cantano ininterrottamente per più di due ore. Per i quarantenni, come me, ormai definiti boomer o cos’altro, questo concerto non ha bisogno di una scaletta perché dalla prima all’ultima canzone è come se fosse un’unica traccia. La tracklist di un’adolescenza ormai lontana ma che ritorna con tutti i suoi ricordi. Andare al live di Max Pezzali è un momento unico in cui non serve ripassare o riascoltare le canzoni perché da quando parte la musica riesci a riconoscere subito il brano e inizi a cantarlo.
Il live scorre veloce, forse troppo, per poco più di due ore in cui tutto il Palaflorio segue con attenzione e dedizione Max Pezzali e non si ferma mai, tra chi canta tutti i brani senza fermarsi, chi in piedi, anche sugli spalti e non riesce a stare seduto, il tutto fino all’ultima canzone.
Bologna, Firenze, Catania alle spalle, ecco arrivare MAX PEZZALI a Bari al Palaflorio per una doppia data del suo #MAX30 tour, con il remake #HitsOnly, per catapultarci negli amati Anni ’90 che hanno fatto la storia della mia generazione.
Un sold out annunciato da mesi e che conferma quanto la festa travolgente della generazione Millenials abbia sete di live dal sapore vintage, divertendosi sì, strizzando l’occhio alle hit del passato che tra gli anni ‘90 e 2000 hanno fatto ballare e cantare tutta Italia. La forza del #MAX30 tour è proprio questa: sapersi reiventare senza tradire se stesso, con quell’anima dal sapore della provincia che prima di diventare il leader degli 883 era prima di tutto un ragazzo di Pavia con la voglia di guardare al di là della provincia.
Per riempire gli stadi, i palazzetti e, per la prima volta quest’estate il Circo Massimo di Roma per l’unica data estiva del 2 settembre gli ingredienti di uno spettacolo di successo ci sono tutti: le canzoni stra popolari, da stra urlare e ballare degli 883, una band di polistrumentisti rodata e che fa squadra, un pubblico affezionatissimo, pronto ad intonare i brani ancor prima che inizi a cantare… siamo proprio sicuri che “Sei un mito” non sia da dedicare proprio all’artista e non alla sua donna di 30 anni fa?
La prima data del live di Bari ricalca la struttura del tour estivo e di quello dei palazzetti nell’autunno del 22: cambiano la scaletta e qualche visual, ma gran parte del set è la conferma delle date precedenti: 4 grandi schermi, 2 orizzontali centrali sul palco e 2 laterali quadrati, sovrastano la scena, su di loro vengono proiettati all’occorrenza visual, video, graphic designed stories e scene live dal palco, che animano ogni pezzo. Si inizia con gli Arbre magique danzanti che fanno da coreografia per Sei un mito, per arrivare al dance baloon della discoteca della Regina del Celebrità, passando per l’interno dell’auto di Cisko and Friends dalla quale si canta Rotta per casa di Dio, per finire sulle tele tessute dal ragno protagonista della famosa canzone Hanno ucciso l’uomo ragno.
La fine del live è un crescendo con Quello che capita, Sempre noi e l’urlatissima La dura legge del gol, durante la quale decine di palloni colorati vengono lanciati nel parterre e il pubblico si scatena nel match tra palle e cantata. L’encore, introdotto da un re-loading stile videogioco anni 90, avviene sulla remise in scena de Il grande incubo, i cui visual in stile horror movie, presentano il cast dei compagni di palco di Pezzali: Davide Ferrario alla Chitarra e Tastiere, Giordano Colombo ai drum come tamburo Mannaro, Giorgio Mastrocola come Giorgiastain alle chitarre, Lorenzo Poli come Hannibal al basso e infine Ernesto Ghezzi come mummia alle tastiere.
I riferimenti alla cultura pop non hanno fine: dal look sempre più fluo e colorato di Max, che sul palco sfoggia camice dalle reminiscenze dei calciatori Panini, dei fumetti di Batman e Robin, delle super macchine velocissime Starsky & Hutch, il tutto in una cornice sugli schermi di un’autoradio vintage da cui sembrano uscire le canzoni più famose.
Dopo i due meddley introdotti dalla storica Non me la menare e poi Weekend, a riscaldare la serata arriva l’amata La regola dell’amico, che con il suo ritmo colorato ci porta su Bella vera e Nella notte, rearrangiata – ammettiamolo- non splendidamente, con marcati accenni all’elettro music che esaltano un effetto Benny Benassi troppo incalzante. Si passa poi alla parte più meditativa della serata, dove tra Nessun rimpianto, Gli anni, Una canzone d’amore e Come mai si torna a ballare, sulle note di Sei fantastica, e a cantare con il meddley acustico e chiamatissimo di Nient’altro che noi / Eccoti / Io ci sarò / Se tornerai del quale non sopporto aver ricordi cosi nebulosi.
La festa del gran finale è tutta danzata con le amatissime Nord sud ovest est, i cui visual tex ci portano nella terra dei gringos tra cactus danzanti e rocce assolate, e Tieni il tempo che mantiene alto il calore del concerto. A chiudere il concerto la malinconica ma sempre verde Con un deca, che ci richiama al “non si può andar via”… eppure 2 ore e mezzo di concerto son volate e Max Pezzali visibilmente commosso e grato ringrazia il suo pubblico per aver cantato tutta la sera con lui.
Foto di Eleonora Gagliano Candela (riproduzione riservata)
Ottimo articolo
Bell’articolo,complimenti per la scrittura
Articolo puntuale e perfetto
Un concerto raccontato nei minimi dettagli, come averlo visto dal vivo. Complimenti a LSD e e chi ha scritto l’articolo.
L’articolo è molto bello! Mi ha fatto venire voglia di andare al suo prossimo concerto!
Bellissima immersione nella logica-format di Max Pezzali & Co. Grazie a Michele Traversa. Per quanto sia a 59 non mi sento boomer e partecipo alle sonorità del mio tempo così come vivo con emozione quelle passate. Ho letto con attenzione poiché in quel posto infernale non avrei mai più partecipato ad alcun concerto. E’ l’unico neo di questa città…dovrebbero bandire il Palaflorio dai concerti e non so perché continuino a trarne reddito ingiustificato…è terribile la schifezza di suoni che si percepiscono ed il fastidio che si prova. Poi capisco perché la gente va al Palatrussardi o all’Unipol Arena per godere un po’ di sonorità di livello elevato. E credetemi, in questi ultimi ci sono stato e vale davvero la pena versare il prezzo del biglietto che ti viene richiesto. Auspico un upgrade a breve. Ma dubito fortemente…
Un tuffo…..”sonoro” nel passato! Leggere l’articolo è come essere stata al concerto.
Grazie LDS Magazine.