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Sogno e complicità, amicizia e fragilità, passione e tifo, musica e colori… Sono alcuni degli elementi di Azul – Gioia, Furia, Fede y Eterno Amor, lo spettacolo con cui Stefano Accorsi, ha debuttato in questi giorni al Teatro Piccinni di Bari. Scritto e diretto da Daniele Finzi Pasca, in scena Luciano Scarpa, Sasà Piedepalumbo, Luigi Sigillo, oltre ad uno straordinario Stefano Accorsi, AZUL è in scena al Teatro Piccinni di Bari dal 12 al 15 gennaio, per la stagione del Comune in collaborazione con il  Teatro Pubblico pugliese. Un’ora e venti di uno spettacolo travolgente, grazie a un Accorsi davvero geniale. Sul palco, Stefano è di un’energia che altrove si nota poco, un vero Mattatore!

La scena si apre su un palco ridotto all’ essenziale, un pianoforte a sinistra, uno sfondo blu alle spalle e una poltrona sulla quale è accomodato un sereno e sognatore Stefano  (così amichevolmente lo interpellerà il pubblico barese più volte  durante lo spettacolo).  Esordisce con il ricordo del primo vagito della nascita, l’urlo di liberazione che solo allo stadio l’uomo riuscirà a ripetere nella vita.

Da qui parte la storia di Azul. Interpreti  quattro amici disperati ed eccitati, che si trovano in una città non bene identificata, (anche se spesso si fa riferimento alla città di Montevideo).  Non sono persone, sono personaggi. Ognuno di origine fiabesca. C’è Pinocchio, c’è il Golem, e poi Adamo e Frankestein. Tutti bambini, tutti a giocare con il destino. Nella loro semplicità hanno qualcosa di molto singolare e unico che li accomuna: innanzitutto la passione folle per  la squadra del cuore; e in secondo luogo hanno avuto tutti e quattro un infanzia originale: sono tutti senza madre, figli di padri Singles. Si capisce che qualcosa di grave è successo nella vita di ciascuno di loro. Una rissa, un accoltellamento, forse la galera.

Forse! Nulla, infatti,  è raccontato in maniera chiara, molto è lasciato all’interpretazione dello spettatore! Una sola cosa è chiara: la loro febbre per il calcio!  Il calcio diventa davvero metafora dell’esistenza. La serenità dei quattro è andata in frantumi. Le loro vite, i loro amori, il loro stesso avvenire, tutto è precario. Unica gioia è quel sentirsi parte di un qualcosa che anche se inutile, riesce a riempire ogni vuoto: il  pallone!

Il pallone non ti porta né denaro né successo ma allo stesso tempo utile ed indispensabile perché ti da il sorriso, ti da qualcosa che aiuta ad affrontare la vita stringendosi in un abbraccio  delirante e commovente. Perché il calcio è una passione irrazionale, è una malattia che ti prende cuore e corpo. Cantano l’inno del National di Montevideo, lo cantano per darsi forza, per sfidare l’avversario, per ribadire la loro identità. “Azul, Azul…” e saltano e si abbracciano  come un solo uomo. Il tifo è barbaro e rituale, è pagano e sacro. Ma una cosa è chiara fin da subito: è salvifico.

”I tifosi non ragionano, imprecano, strillano ma , all’occorrenza , si abbracciano”- recita Stefano in uno dei suoi monologhi, quasi a voler sottolineare il carattere salvifico del tifo,il tifo semplice che nasce dal cuore per la squadra del cuore .

Luciano Scarpa,  Sasà Piedepalumbo e Luigi Sigillo sono gli altri tre “fanáticos del futebol” e sono tutti perfetti. Più che perfetti, non si limitano solo a recitare ma si  esibiscono pure come deliziosi jazzisti suonando perfettamente un piano verticale ed un contrabbasso.

Stefano Accorsi, comunque, è indubbiamente il centro della rappresentazione. Ed è il dominatore. – Ha  una carica ed un’energia sul palco unica che dietro la macchina da presa non traspare-, commenta qualcuno del pubblico a fine serata. Senza ombra di dubbio, Stefano in Azul è un vero mattatore.

Anche quando si prende una decina di minuti per dialogare con un pubblico divertito su un concetto a cui pensiamo poco: in che giorno, dove e come siamo stati concepiti?  Il pubblico barese interagisce fieramente e gli tiene simpaticamente testa.

Qualcuno dal pubblico risponde: ”Per errore”.

Un altro fa eco : -“abbiamo concepito durante il terremoto” e uno ancora risponde che ha concepito per sbaglio, facendo sorridere l’ironico attore alquanto perplesso di quanto a Bari si concepisce per errore!

Alla domanda dove siamo stati concepiti qualche barese fiero del quartiere di residenza risponde : – a Poggiofranco! –

Ne è derivato un simpatico talk show.

Infine, inevitabile la domanda rivolta a lui dalla sottoscritta: “e tu Stefano? Dove? Dove hai concepito?

-“Uno dei miei 4 figli in Sardegna dopo aver mangiato formaggio di capra”.

Continua il divertente dialogo con il pubblico e c’è chi dal loggione e palchi si lascia andare a complimenti affettuosi per l’attore, :”sei bellissimo”, “ho chiamato mio figlio con il tuo nome” ,  e via dicendo. Questo divertente dialogo al fine di sottolineare come nessuno sa da dove è cominciato questo nostro splendido viaggio: La vita! A  seguire una serie di riflessioni.

Bella quella sulla felicità che “quando arriva bisogna prendersela tutta, godersela tutta come una torta” e io aggiungerei “non sprecarla con falsi orgogli!”. “Di felicità non c’è stomaco che possa fare indigestione!”, dice Accorsi.

Bisogna essere positivi. Infine, merito alla regia di Finzi Pasca! La regia di questo regista un po’ sognatore, un po’ circense è quel quid che si aggiunge al successo complessivo di Azul.  Trovate sceniche, eleganza nelle luci, evanescenza in quel telo gigantesco di colori cangianti che permette suggestivi giochi d’ombra e  in quel finale con coriandoli  lanciati sulla platea e i fari da stadio, da vero derby di Football.

Alla fine il pubblico è in piedi, molti cantano “Azul, Azul” e molti continuano a canticchiarlo nel Foyer sperando che Stefano esca per un Selfie.

Spettacolo semplicemente bello. Sicuramente una rapsodia dedicata a quanti non si danno mai per vinti!

Un inno al Calcio e… alla Vita.

 

 

 

 

 

Marcella Squeo

La dottoressa Marcella Stella Squeo è laureata in Giurisprudenza è una giornalista pubblicista e si occupa di cultura, spettacolo, musica e di beneficienza e volontariato facendo parte di diverse associazioni di settore.