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Michele Canalini presenta “La ricreazione a distanza. Una manica di studenti alle prese con quei pezzi di insegnanti”, un saggio divulgativo e anche una storia di finzione in cui la scuola e il ruolo dei docenti sono gli argomenti chiave. L’autore ha infatti deciso di alternare le due sezioni di cui è costituita la sua opera per offrire da una parte una cronistoria puntuale dell’evoluzione dell’istituzione scolastica, e dall’altra un racconto di fantasia liberamente ispirato dalla sua attività di insegnante. In questo modo si ha la possibilità di comprendere cosa significhi davvero essere un docente nel 2022, e allo stesso tempo di conoscere com’era la scuola nei primi anni in cui fu istituita, e come poi si è trasformata nel corso del tempo. Il protagonista della storia di finzione è ben caratterizzato; essendo la vicenda narrata in prima persona si può apprendere molto della sua personalità: da subito appare un uomo frustrato, soprattutto per come sta procedendo la sua professione di insegnante. L’autore ci permette di sbirciare tra i pensieri non proprio lodevoli del protagonista, e di assistere alle sue elucubrazioni senza capo né coda: il lettore è infatti travolto dal flusso di coscienza del docente, che non risparmia commenti acidi e a volte decisamente maligni. Non si può però non provare comprensione per lui: è lampante il suo tormento, causato da un sistema scolastico che non aiuta certo gli insegnanti ma, anzi, a volte mette loro i bastoni tra le ruote. A parte la perdita progressiva dell’autorità nei confronti degli alunni, egli deve fronteggiare problematiche pratiche come la mancanza di strutture consone e di materiale scolastico, oltre che la disorganizzazione amministrativa e, in ultimo, i disagi causati dall’avvento del Covid19. Non ci stupiscono e, anzi, ci divertono quindi i pensieri di fuga del protagonista: «La mia immaginazione riprende il sopravvento e incomincia a fantasticare e vede me stesso uscire dall’aula, finalmente libero. Fare lo sgambetto al primo moccioso a caso sul corridoio, sicuramente di ritorno dal bagno e con il telefono in mano. Poi il mio me esce dall’ingresso della scuola, si avvicina alla macchina, la mette in moto dopo essersi acceso un bel sigaro puzzolente. Per ultimo, la mia immaginazione vede ancora il mio me esibire una risata sardonica, non prima di aver sgommato davanti alle finestre della quinta mentre tutti gli allievi mi osservano inebetiti: fermare per un momento la macchina, tirare giù il finestrino e, rivolto ai ragazzi, esporre le braccia all’aperto e fare un gran gesto dell’ombrello a tutti loro».

 

Redazione

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