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Hanno atteso per ore nella morsa dell’afa di questa estate che sembra iniziata da un secolo, con i teli da mare stesi sul prato dello stadio della Vittoria di Bari. Ma la musica ha la capacità di cancellare tutto con un colpo di spugna. A pochi giorni dal concerto di Vasco, Bari si conferma capitale della musica live di questa estate. Artefice della serata magica di Bari è Cesare Cremonini, uno che per arrivare al grande pubblico ha seguito tutto il cammino della gavetta.
Quello che sta portando in tour in Italia è un concerto “teatrale”, uno show diverso. Da Cesare Cremonini è lecito aspettarsi un qualcosa di atipico, uno stadio che si sarebbe riempito di parole, di momenti intimi e delicati. Niente di tutto questo. Il concerto di Cremonini segue il più tipico degli schemi dello show da stadio: musicalmente potente, con suoni adeguati, alternanza di “scenari” musicali, di momenti più up tempo, angoli più intimi, momenti chiaramente divisi tra loro. Un concerto che dunque ben si cala nella storia artistica del cantautore bolognese e ben si adatta a una struttura come quella dello stadio, il tutto con grande qualità e credibilità.
L’inizio vede sul palco il solo Davide Rossi al violino (già con i Coldplay e i Verve); poi arriva Cremonini che sale subito sul braccio meccanico che lo porta sopra la testa del pubblico nel parterre.
Il primo brano è il recente “La Ragazza del futuro” e ci trasporta subito ritmicamente in quel terreno tra presente e futuro. Versione forte con tanto di fiamme al cielo manco fossero i Kiss. Anche se il brano è di recente uscita il pubblico dimostra già di conoscerlo, di averlo nelle corde e di poterlo cantante insieme a lui. Ma questo effetto karaoke (che forse Cremonini non avrebbe voluto a questo livello) sarà la costante di tutto il concerto.
La prima parte è ovviamente tirata, poi si cala un po’ con l’arrivo de “La ragazza di Broadway” a cui però fa subito seguito il primo dei momenti migliori del concerto: “Chimica” un pezzone funkeggiante, pieno di groove, con una lunga parentesi strumentale a metà brano. Ottimo.
Rientrano poi gli archi e le atmosfere con “Colibrì” anch’essa nuova ma conosciuta. Arriva a questo punto il primo e unico intervento parlato di tutto il concerto: un invito al pubblico a ricordare questo momento, così come farà lui.
Le parole introducono un salto nel tempo che ci riporta ai Lunapop con “C’è qualcosa di grande” ovviamente apprezzatissima da tutto lo stadio.
Sulle note di “Buon viaggio” la luna si alza sullo stadio e percorre la sua parabola sino a scomparire dietro una delle possenti torri della struttura.
Arriva poi il momento più intimo, delicato: tre brani (anzi due e mezzo) per voce e piano con Cesare seduto allo strumento nella parte centrale della passerella che s’inoltra nel parterre. È il momento di “MoonWalk” dedicata al padre e suonata con anche il violino di Davide Rossi. Segue “Vieni a vedere perché” accompagnato dai cori del pubblico. Infine “Le sei e ventisei” è il brano cerniera che inizia voce e piano per poi far rientrare la band.
Segue il trittico più potente del concerto con “Mondo” (il miglior brano dello show) in cui ritorna il ritmo e su cui irrompe Jovanotti.
A questo punto arriva un’operazione del tutto particolare: il recupero di Lucio Dalla. Cesare Cremonini e Dalla duettano sulle note di “Stella di Mare” (1979 dall’album “Lucio Dalla”). Oltre alla voce reale, dalle registrazioni originali, il grande cantautore appare in video durante un concerto. Bellissimo momento su una delicata e potente canzone d’amore (di quelle che sapeva scrivere il grande Lucio) proposta in una versione grintosa e convincente che si chiude in crescendo con una lunga coda strumentale con Cesare alla chitarra elettrica. Momento brivido del concerto. Arrivano gli applausi del pubblico ma era lecito aspettarsi un tributo di maggior affetto da parte della platea a Lucio Dalla. Lo stadio invece sembra quasi ammutolito, un po’ tiepido, indeciso tra celebrazione e stupore.
Certo rientrare dopo questo brano è dura e infatti Cesare lascia “decantare” i tempi (almeno per i più appassionati da quanto si è appena sentito). Riprende con un’altra triade potente che inizia con “Lost In The Week End” e si chiude con “Chiamala Felicità” (dall’ultimo album) su cui Cremonini questa volta “dalleggia”. In mezzo l’intensa versione di “Ciao” con tanto di fiamme (di nuovo) che si estendono anche al pianoforte che “brucia” sulla passerella mentre Cesare Cremonini lo suona con tranquillità.
Il concerto prosegue con un altro tuffo nel passato, attesissimo dal pubblico: “Special 50” che Cesare inizia abbracciato a Ballo a centro passerella, Prima balla con Ballo poi quest’ultimo rientra nel palco mentre il pubblico balla balla, la struttura trema e il coro del pubblico copre la voce del cantautore bolognese.
L’ultima suddivisione è invece affidata alla nostalgia/melodia con un trittico che il pubblico canta a squarciagola. La conclusiva “Nessuno vuole essere Robin” è quasi a cappella con un leggero tappeto di tastiere e il pubblico che lo accompagna. Poi, tra lanci di stelle filanti rientra la band con una lunga parte strumentale delicata, dominata dagli archi.
Ai bis sono affidati a “Al telefono” e alla conclusiva “Un giorno migliore” che nuovamente ci riporta ai Lunapop e ci saluta con il pubblico che canta.
Dunque, Cremonini riparte dagli stadi (con un tour programmato da due anni) e lo fa con un concerto di qualità, che rientra in tutto ciò che ci si può aspettare in una situazione di questo genere. Uno show onesto, sudato, a tratti appassionante, a dimostrazione che se è arrivato sino a qui se lo può permettere, se lo merita. Se l’è guadagnato, è amato dal suo pubblico e conferma che in uno stadio, standoci a modo suo, non è fuori luogo.
Foto di Eleonora Gagliano Candela (riproduzione riservata)